Comunicato sulla detenzione del nostro compagno Khaled

Il 31 agosto Khaled El Qaisi, nostro amico e compagno, cittadino italo-palestinese, è stato arrestato al valico “Allenby” tra la Palestina e la Giordania.

È stato ammanettato davanti agli occhi increduli del figlio di 4 anni, della moglie e di tutti i presenti. Le forze israeliane non hanno fornito ai familiari alcuna spiegazione sull’arresto, allontanando la moglie e il figlio, anch’essi cittadini italiani, in territorio giordano senza fornire loro alcuna tutela.Il 7 settembre si è svolta la prima udienza dalla quale non sono emersi nuovi elementi, se non il prolungamento fino al 14 settembre, giorno della prossima udienza, dello stato di detenzione. Per ora non c’è un capo d’accusa, e Khaled non può entrare in contatto con il suo avvocato.

Khaled studia Lingue e Civiltà Orientali all’Università la Sapienza di Roma, dove vive e lavora come traduttore, ed è stimato per il suo appassionato impegno nella raccolta, divulgazione e traduzione di materiale storico palestinese. È tra i fondatori del Centro Documentazione Palestinese, associazione che mira a promuovere la cultura palestinese in Italia.L’arresto di Khaled, per quanto improvviso e arbitrario, rappresenta la normalità in Palestina. Ogni palestinese sa che l’arbitrarietà, il sopruso, la violenza coloniale e l’incertezza per sé e per i propri cari sono la quotidianità sotto il regime dell’occupazione israeliana.

Ogni palestinese vive in un costante stato d’incertezza, sia che viva in Palestina, sia che vada lì per far visita ai propri cari o per vedere la terra dei propri nonni.Israele arresta senza processo e senza accusa, fabbrica prove, falsifica imputazioni, ignorando totalmente ogni norma internazionale e il diritto internazionale umanitario. Attualmente, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’ONG Addameer, nelle carceri israeliane ci sono 5100 prigionieri politici, di cui 1200 in detenzione amministrativa e 165 bambini; ciò fa di Israele l’unico stato al mondo che processa i minori nei tribunali militari. Tutti questi arresti rappresentano i tentativi del colonialismo israeliano di spezzare l’esistenza dei palestinesi in qualsiasi luogo e forma essa si esprima.

La lotta per la liberazione di Khaled deve essere anche la lotta per la liberazione di tutti i prigionieri politici palestinesi.Pretendiamo dallo Stato Italiano e dalle Istituzioni che si mobilitino per la liberazione di Khaled e il suo ritorno. L’Italia ha dei doveri nei confronti di un suo cittadino detenuto per motivi politici, e per questo esigiamo che rispetti le proprie leggi, i propri obblighi, nonché il diritto internazionale. Tutti noi non ci fermeremo finché Khaled non tornerà dalla sua famiglia e dai suoi cari sano e salvo.

Giovani Palestinesi d’Italia

Unione Democratica Arabo Palestinese

Centro Culturale Handala Ali

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