Dire qualcosa sul comportamento scorretto di Israele può costare la prigione

Articolo pubblicato originariamente come post di Facebook e tradotto dall’inglese da Beniamino Rocchetto

Di Philip Giraldi

Di recente si sono verificati numerosi episodi che potrebbero interessare se si nutrono preoccupazioni per il deplorevole stato della libertà di parola in Europa e negli Stati Uniti, le cosiddette “democrazie” che tendono a vantarsi delle loro libertà e dei diritti dei loro cittadini. L’arma scelta negli Stati Uniti e altrove nella sfera anglosassone è stata la designazione “incitamento all’odio” che comprende anche “scrittura dell’odio”, “possesso di letteratura o film sull’odio” e persino “pensiero dell’odio”. In Europa, dove si fa spesso riferimento all'”incitamento all’odio” usando le parole inglesi, l’espressione è spesso preceduta dalla parola “illegale” per assicurarsi che il punto sulle conseguenze e la potenziale sanzione sia chiaramente compreso. Alcuni europei sono stati infatti condannati e mandati in prigione quando hanno erroneamente creduto di esercitare la libertà di parola.

Sebbene la designazione di “odio” sia stata originariamente coniata per scoraggiare il linguaggio razzista e altre forme di espressione, è stata sempre più sfruttata da Israele e dai suoi gruppi di sostegno ebraici associati per criminalizzare qualsiasi critica a Israele o al comportamento dello Stato Ebraico. Ha esteso la sua portata includendovi, in particolare “negazione dell’Olocausto” e “antisemitismo”, anch’essi considerati sull’atto stesso come crimini d’odio in un contesto in cui gli ebrei sono sempre considerati vittime, mai autori di violenza.

Gran parte di ciò che sta accadendo potrebbe essere descritto in termini abbastanza semplici: il trattamento riservato da Israele ai palestinesi e i suoi attacchi letali non provocati ai suoi vicini potrebbero essere ragionevolmente descritti come “deplorevoli” o addirittura genocidi nel caso dei palestinesi. Oltre a ciò, Israele, che finge di essere una democrazia, gestisce un sistema di controllo sulla minoranza cristiana e musulmana all’interno dei propri confini e anche nell’area che occupa illegalmente che è qualificabile come “Apartheid”, dove la minoranza è costretta ad accettare risorse limitate e un trattamento costantemente duro da parte della popolazione ebraica dominante. Più precisamente, la coalizione di governo estremista guidata dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha peggiorato ulteriormente la situazione per quei non ebrei che controlla, parlando di introdurre espulsioni e incarcerazioni di massa. Anche il bilancio delle vittime palestinesi per mano delle Forze di Difesa Israeliane è aumentato, con più di 150 palestinesi uccisi quest’anno, tra cui 26 bambini e minori.

Di certo, Israele è diventata una casa per gli ebrei che non possono più tollerare nessun altro. Alcuni ministri del nuovo governo sono particolarmente vili nelle loro opinioni, ma si deve presumere che Netanyahu e altri nella sua amministrazione siano sinceramente favorevoli a trasformare Israele in uno Stato veramente ed esclusivamente ebraico, che è in effetti come si definisce legalmente. Il ministro più citato per la sua crudeltà e il suo razzismo è Itamar Ben-Gvir del Partito Otzma Yehudit (Potere Ebraico). Ben-Gvir è stato accusato di crimini 50 volte e condannato in otto occasioni, inclusa una volta per il sostegno a un gruppo terroristico ebreo. È un ex sostenitore dell’ormai defunto fanatico di destra Meir Kahane e, come Kahane, immagina un Israele che sia il più libero possibile dai palestinesi e incentrato esclusivamente sugli interessi ebraici. Ha chiesto la deportazione degli arabi che non sono fedeli a un Israele ebraico, l’annessione di tutta la Cisgiordania e l’esercizio della piena sovranità israeliana sul Monte del Tempio, dove si trova la venerata Moschea di Al-Aqsa. Sostiene la legislazione che sfida gli accordi internazionali per “dividere” il sito di Al-Aqsa per consentire l’accesso regolare ai fedeli ebrei e ci sono stati persino suggerimenti che il governo israeliano cercherà di ricostruire il cosiddetto Secondo Tempio biblico, distrutto nel Primo Secolo dai Romani , in quel luogo.

Ben-Gvir è noto per le sue provocazioni contro musulmani e cristiani palestinesi. Ha guidato marce di coloni armati che sventolavano bandiere israeliane attraverso quartieri arabi di città e Paesi e ha persino portato coloni e altri estremisti alla Moschea di al-Aqsa durante il Ramadan e per interrompere la preghiera del venerdì. Per coronare l’ironia, dal novembre 2022 è Ministro della Sicurezza Nazionale, il che gli conferisce autorità sulla polizia, per includere la cosiddetta Polizia di Frontiera e le forze di polizia situate nella Cisgiordania occupata illegalmente. Infatti, in pratica, Ben-Gvir sta cercando di far approvare dalla Knesset (Parlamento) una legislazione che conferisca esplicitamente l’immunità legale a tutti i soldati israeliani per qualsiasi uccisione di palestinesi. Ha anche fatto pressione sul parlamento affinché istituisca una pena di morte formale e giudiziaria per i “terroristi”, il che significherebbe per qualsiasi palestinese che resista fisicamente all’Occupazione israeliana.

Un altro estremista che ha ottenuto un importante ministero nel governo Netanyahu è Bezalel Yoel Smotrich, Ministro delle Finanze dal 2022. Ha recentemente completato un controverso viaggio negli Stati Uniti dove ha incontrato i leader sionisti americani. Smotrich è il leader del Partito Sionista Religioso e vive in un insediamento illegale in una casa all’interno della Cisgiordania occupata da Israele, anch’essa costruita illegalmente al di fuori dell’insediamento vero e proprio. Smotrich, a cui recentemente è stata conferita l’autorità di sovrintendere alla politica degli insediamenti, sostiene l’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, si oppone a qualsiasi forma di Stato palestinese e nega persino l’esistenza del popolo palestinese. Chiede una magistratura statale che si basi solo sulla Torah e sulla legge tradizionale ebraica. Accusato di incitamento all’odio contro gli arabi israeliani, nell’ottobre 2021 ha detto ai legislatori arabo-israeliani che: “Fu un errore che David Ben-Gurion non abbia portato a termine il lavoro e non vi abbia buttato fuori tutti nel 1948”.

La crescente brutalità del governo israeliano e delle sue forze di sicurezza ha prodotto una reazione tra molti osservatori in tutto il mondo, quindi i sostenitori di Israele si sono impegnati nel loro primo attacco usando spesso l’arma del “crimine d’odio”. Hanno sostanzialmente trasformato la legislazione sui crimini d’odio a loro vantaggio convincendo molte nazioni ad adottare la definizione di antisemitismo dell’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto (IHRA) di “crimine d’odio” per includere automaticamente la critica a Israele come equivalente all’odio per gli ebrei. Quando ciò non funziona, la potente lobby israeliana può anche ricorrere a minacce molto più brutali. Quando l’Islanda ha cercato di rendere illegale la circoncisione infantile cinque anni fa, considerandola una mutilazione genitale eseguita su un bambino non consenziente, la Lega Anti-Diffamazione (ADL) ha minacciato una ritorsione contro la loro economia e la loro reputazione internazionale come punizione per aver reso il loro Paese “inospitale per gli ebrei”.

Ora che i reati del “crimine d’odio” insieme ai collegamenti associati alla negazione dell’Olocausto e all’antisemitismo sono stati dispiegati, vengono usati regolarmente per mettere a tacere chiunque critichi anche indirettamente ebrei di spicco come George Soros. I conservatori, tra cui Tucker Carlson ed Elon Musk, hanno recentemente ricevuto l’etichetta di antisemiti dopo aver fatto riferimento a Soros e alla sua agenda “globalista”. È mia convinzione che Tucker sia stato licenziato almeno in parte a causa delle pressioni della lobby ebraica sulla FOX poiché era stato molto critico nei confronti di gruppi come l’isterica ADL e il suo odioso direttore Jonathan Greenblatt.

Roger Waters, l’ex cantante dei Pink Floyd, si è affermato come un potente critico del trattamento israeliano dei palestinesi. Di conseguenza, è stato perseguitato dalle autorità in Europa, i suoi concerti sono stati cancellati ed è stato minacciato di azioni legali per farlo tacere. Anche all’interno dell’amministrazione Biden, la Zarina Deborah Lipstadt, lo ha attaccato, dicendo: “Sono pienamente d’accordo con una condanna di Roger Waters e della sua spregevole distorsione dell’Olocausto”. Si riferiva a un tweet in cui affermava: “Sono nauseata e disgustata dall’ossessione di Roger Waters di sminuire e banalizzare la Shoah e dal modo sarcastico con cui si diletta nel calpestare le vittime, sistematicamente assassinate dai nazisti. In Germania. Quando è troppo è troppo. La banalizzazione dell’Olocausto è criminalizzata in tutta l’Unione Europea”. Il Dipartimento di Stato, parlando a nome della Casa Bianca, ha poi aggiunto che Waters “è recidivo nell’uso di stereotipi antisemiti” e un concerto che ha tenuto alla fine del mese scorso in Germania “conteneva immagini profondamente offensive per il popolo ebraico e ha minimizzato l’Olocausto. L’artista in questione ha una lunga tradizione nell’uso di stereotipi antisemiti per denigrare gli ebrei”.

Si potrebbe osservare che la rappresentazione di Waters è fondamentalmente falsa: è un critico dei crimini israeliani contro l’umanità ma non odia gli ebrei. Si potrebbe anche aggiungere come il fatto che il Dipartimento di Stato americano abbia effettivamente un inviato speciale per combattere l’antisemitismo parla da solo e indica esattamente chi è al comando a Washington. Mi chiedo quanto costi gestire l’ingaggio di Lipstadt da un ufficio senza dubbio ben arredato a Foggy Bottom ogni anno? Forse qualcuno dovrebbe fare un’analisi costi/benefici e dare a Debbie il benservito.

Oltre a ciò, molte altre storie recenti mostrano come spesso tutto funzioni nella pratica per affrontare e mettere a tacere i critici. La pop star svedese Zara Larsson sta affrontando quello che è ovviamente un attacco coordinato sui social media dopo aver criticato il trattamento riservato da Israele ai palestinesi. In un messaggio su Instagram ai suoi 6,3 milioni di ammiratori, la ventitreenne ha dichiarato che la violenza in corso, che sta uccidendo principalmente arabi, è un “crimine” contro i palestinesi. Il suo sforzo di essere in qualche modo imparziale è stato ignorato, nel messaggio, che in seguito ha cancellato, in cui ha scritto: “Dobbiamo difendere gli ebrei di tutto il mondo che affrontano violenze e minacce antisemite, ma dobbiamo anche denunciare un Stato che sostiene l’Apartheid e l’uccisione di civili, finanziati con dollari americani”. Ha concluso il messaggio con l’hashtag “#freepalestine“.

Larsson non chiedeva assolutamente di prendere di mira gli ebrei o qualcosa del genere, ma la reazione al suo commento è stata sintomatica della tipica risposta eccessiva ingaggiata da Israele e dai suoi amici ogni volta che qualcuno sfida la narrativa dominante del vittimismo perpetuo israeliano. Altri due casi di commenti su Israele che hanno portato a una severa risposta per punire gli autori si sono verificati durante lo scorso mese negli Stati Uniti durante le cerimonie di inizio anno scolastico. Il primo è stato il 12 maggio, durante una cerimonia di laurea per la facoltà di giurisprudenza della Cittadella Universitaria di New York (City University of New York – CUNY), dove Fatima Mousa Mohammed, nativa del Queens che è stata selezionata dalla classe di laurea del 2023 per parlare durante la cerimonia del 12 maggio, ha elogiato l’Università per aver sostenuto l’attivismo studentesco, citando in particolare l’accettazione di gruppi di studenti che protestano contro la brutalità di Israele nei confronti dei palestinesi. Ha detto che “Israele continua a far piovere indiscriminatamente proiettili e bombe sui fedeli, uccidendo anziani, giovani e persino attaccando funerali e cimiteri, nonché incoraggia i linciaggi e prendere di mira le case e le imprese dei palestinesi, mentre imprigiona i suoi figli e continua il suo progetto coloniale, espellendo i palestinesi dalle loro case. Il silenzio non è più accettabile”.

La risposta a Mohammed è stata immediata, inclusa una feroce colonna sul New York Post, un appello di diversi gruppi ebraici a tagliare i fondi alla CUNY e la richiesta che il preside della Facoltà di Legge fosse licenziato. E la controversia ha nuovamente fatto notizia quando un secondo studente ha parlato ad inizio anno scolastico all’Università della comunità El Camino a Torrance in California. Jana Abulaban, 18 anni, ha fortemente criticato le politiche del governo israeliano durante il suo discorso del 9 giugno.

Abulaban, che è nata in Giordania in una famiglia di profughi palestinesi, si è sentita “ispirata” dal discorso di Fatima Mousa Mohammed e ha detto rivolgendosi al pubblico: “Dedico la mia laurea a tutti i palestinesi che hanno perso la vita e a coloro che continuano a perdere le loro vite ogni giorno a causa dell’oppressivo Stato di Apartheid di Israele che uccide e tortura i palestinesi anche in questo momento, mentre parliamo”.

C’è stata, naturalmente, una reazione immediata al discorso di Abulaban proveniente da una varietà di fonti filo-israeliane della Costa Ovest e di New York. Brooke Goldstein, un presunto avvocato per i diritti umani fondatore di The Lawfare Project (Progetto Giustizia), ha dichiarato: “Questo è ancora un altro esempio dell’odio sistemico per gli ebrei che stiamo vedendo nei nostri plessi universitari. Quando uno studente tiene un discorso di apertura prendendo di mira gli ebrei, avvalendosi dei moderni stereotipi dell’antisemitismo, è chiaro che in quella scuola c’è stato un completo fallimento nel promuovere la giustizia sociale per il popolo ebraico. Se qualsiasi altro gruppo minoritario fosse preso di mira in questo modo, ci sarebbero conseguenze per gli intolleranti. La comunità ebraica non merita di meno”.

Naturalmente, entrambe le donne hanno solo detto la verità su ciò che sta accadendo in Medio Oriente. Nessuna delle due ha attaccato la religione ebraica o gli ebrei in sé ma semplicemente criticato il terribile comportamento di Israele. L’ultima volta che ho controllato, Israele era un Paese straniero con politiche sia estere che interne che sono considerate molto discutibili dalla maggior parte del mondo, quindi perché dovrebbe essere protetto dall’essere contestato negli Stati Uniti? Le due donne sono state coraggiose a parlare come hanno fatto, sicuramente sapendo che sarebbero state prese di mira dai numerosi amici e sostenitori dello Stato Ebraico. Allo stesso modo, quelli di noi che continuano a parlare apertamente delle politiche di Genocidio di Israele non possono aspettarsi di meno, in particolare perché sia ​​il governo federale che quello di molti Stati e anche i media sono ora impegnati in una caccia alle streghe diretta contro coloro che cercano di dire la verità. Ma dobbiamo perseverare. Come ha affermato Fatima Mousa Mohammed, “Il silenzio non è più accettabile”.

Philip Giraldi è un editorialista, commentatore e consulente per la sicurezza americano. È il direttore esecutivo del Consiglio per l’Interesse Nazionale, ruolo che ricopre dal 2010. In precedenza è stato impiegato come agente operativo per la CIA, prima di passare alla consulenza privata.

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