Di Abu Sara, dalla Palestina
Oggi lascio Jamal e i suoi con la promessa di tornare settimana prossima.
Jamal mi accompagna alla prima rotonda nella direzione per At-twani, e la
prima macchina che passa mi dà un passaggio fino a destinazione. Trovo
Basil, una ragazza ebrea, un fotografo sudcoreano venuto con un gruppo BDS,
e finalmente Jan, l’unico ragazzo ISM che c’è per ora. Pare che sia il
giorno in cui partecipa un gruppo di israeliani. Ed ecco arrivare due
macchine, 5 ragazzi e 5 donne di mezza età. Ci avviamo con Hafez al suo
terreno. Prima un po’ di spiegazioni, poi al lavoro: c’è da togliere
erbacce intorno a alberi che i coloni sono già venuti a tagliare varie
volte, compresa la volta in cui, qualche mese fa, gli hanno spaccato le
braccia a bastonate. Siamo davanti a Mac Mahon, il pezzo nuovo che ha
ancora le case in vendita a caro prezzo. Oggi Hafez ha molto aiuto, più o
meno utile, ma molto simbolico, sicuramente non ci saranno attacchi.
Tornando ad At-twani, vedo arrivare Sami con degli italiani, due di
operazione colomba e due visitatori supplementari. Sami mi sgrida che a
novembre non lo ho cercato. Quando facciamo un giro al confine della
colonia, viene fuori che nella delimitazione della “firing area” (zona per
esercitazioni militari, con ordine di demolizione per i villaggi presenti)
è compreso un pezzo della colonia, ma quello, guarda caso, non ha ordine di
demolizione.
Sempre nella passeggiata ci mostrano un muro di pietre che i palestinesi
hanno costruito lungo la strada di confine, anche se è stato parzialmente
distrutto, le pietre sono sempre lì e delimitano lo stesso! Intanto i nuovi
amici ebrei hanno lanciato una pagina Facebook, Instagram e Twitter, per i
lettori ebrei, sulla situazione di Masafer Yatta, se continueranno e
avranno visibilità sarà molto importante. Una cosa scritta da loro e di cui
non ero cosciente, è che gran parte della zona C, stabilita negli accordi
di Oslo, e sotto il pieno controllo israeliano, avrebbe dovuto passare
all’Autorità Palestinese. Bella l’immagine che accompagna le loro pagine,
una presa in giro della “firing area”
Dopo il solito riso e pollo (questa volta alle 16), Sami con una signora
francese e altri due amici locali mi accompagnano a Khalet ad Dabaa. Jaber
mi accoglie, ma i palestinesi hanno voglia di chiacchierare, così mandano
me a illustrare il “paese”. Uno dei segni della resistenza di queste poche
famiglie è la quantità di fiori che abbelliscono il luogo, oltre alle
scritte sui muri. I palestinesi si stavano raccontando di qualche bravata
che sono riusciti a fare contro piccole pattuglie di soldati. Batte sempre
un vento impetuoso, ma non è freddo come a novembre.
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…