tratto da: Sandro Vigani
giovedì 28 gennaio 2021 17:24
Durò sette ore il discorso di Aldo Moro al Congresso della Democrazia Cristiana di Napoli del 1962, nel quale spiegava le motivazioni del nascente centrosinistra. Quasi un’ora quello di Craxi alla Camera sul finanziamento illegale dei partiti il 29 aprile del 1993, poco dopo l’avvio della stagione di Tangentopoli. E come non ricordare i torrenziali interventi di Marco Pannella sui diritti civili. La politica della prima repubblica non lesinava tempo, per argomentare le proprie ragioni.
Oggi i politici parlano con i twitter, ‘cinguettii’ che non consentono più di 280 caratteri, e soprattutto non permettono di approfondire, articolare la riflessione, dare ragione delle proprie affermazioni.
Come è cambiato negli anni il linguaggio della politica!
Il cambiamento è avvenuto gradualmente con la caduta dei partiti storici che ha portato all’impoverimento generale della classe e della cultura politica: politici meno colti, non più formati da una lunga militanza giovanile in partiti che avevano alle spalle una cultura politica di grande spessore e alle loro scuole.
A ciò si aggiunge lo sviluppo della comunicazione che, con la proliferazione dei social-media diventa inevitabilmente sempre più rapida e concisa, più vicina alla comunicazione visiva che verbale.
Se un tempo si accusava il politico di usare troppe parole, spesso complicate ed ermetiche per confondere la gente (fu coniato a questo proposito il termine ‘politichese’), oggi il linguaggio dei politici si caratterizza per la brevità, la scarsa attitudine ad argomentare le proprie tesi, genericità e approssimazione. Non di rado, purtroppo, le cifre di questo nuovo linguaggio sono la volgarità e il dileggio contro l’avversario, la demagogia e i vocaboli tanto cari al populismo.
George Orwell nel romanzo “1984” raccontava i politici che modificano il proprio vocabolario per plasmare il pensiero delle grandi masse.
Aveva ragione: i linguaggi influiscono sulla pubblica opinione, la condizionano, ne orientano le scelte. I politici lo sanno bene, hanno spesso apparati di comunicazione raffinati e costosissimi. Non è più il contenuto della comunicazione ciò che importa, ma la forma: slogan, frasi semplici e chiare che diventano parole d’ordine, espressioni che colpiscono e parlano soprattutto alle emozioni, alla pancia della gente. Il linguaggio del politico nostrano è spesso vago, non si preoccupa di distinguere il verosimile dal vero (tanto “la gente non ha tempo e voglia di approfondire”), ma possiede alcuni elementi che lo caratterizzano.
Anzitutto il continuo riferimento al popolo italiano, pensato come un gruppo omogeneo e sostanzialmente ‘buono’, del quale il politico ritiene di essere portavoce unico. Il popolo naturalmente è formato “da quelli che al mattino si alzano presto per andare a lavorare” che si contrappongono agli intellettuali, chiamati dal nostro politico “i professoroni”.
Ci sono poi i nemici del popolo (“gli altri, loro”), identificati con un mondo che va dalle istituzioni amministrative dello Stato ai giornalisti, ai politici di professione: un mondo parassita e incapace di risolvere i problemi del Paese – “il bel Paese, il Paese più bello del mondo” – che il nuovo politico (“noi”) promette di “rottamare”, di “mandare a casa”. Il più delle volte il nuovo politico dimentica che egli stesso fa parte di quel mondo da molti anni, e grazie a quel mondo ha mangiato, s’è comprato la casa, anzi la bella villa… e forse ha anche sistemato parenti ed amici.
Ci sono anche, naturalmente, i nemici esterni: ad esempio i migranti che “rubano il pane ai nostri figli”.
La democrazia nel linguaggio del nuovo politico appartiene al popolo – perché “il popolo sa… il popolo capisce” -: i criteri rappresentativi devono saltare. Il popolo deve poter eleggere direttamente i propri leder.
Superficialità, approssimazione, volgarità, finzione, a volte anche falsità sono connotano spesso il lessico del nuovo politico: contro questa generazione l’unica arma è l’ascolto critico, mediato sempre dal tentativo di andare alla fonte delle notizie e dei problemi.
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."