Articolo pubblicato originariamente su The New Arab e tradotto dall’inglese dalla redazione di Bocche Scucite
Di Dario Sabaghi

Il campo profughi palestinese di Ain al-Hilweh a Sidone, in Libano, è stato al centro di intensi combattimenti tra gruppi armati rivali la scorsa settimana.
Tra il 29 luglio e il 2 agosto, esplosioni, razzi e colpi di arma da fuoco hanno scosso il campo, causando almeno 12 morti, decine di feriti e lo sfollamento di 2.000 persone.
Il campo, che ospita quasi 50.000 rifugiati palestinesi registrati, è ora sotto un fragile cessate il fuoco.
Secondo quanto riferito, gli scontri sono iniziati con un tentativo fallito di assassinare il militante islamista Mahmoud Khalil, soprannominato Abu Qatada, che ha portato alla morte di uno dei suoi collaboratori da parte di un uomo armato affiliato a Fatah di nome Muhammad Zubaidat.
Successivamente, i militanti islamisti hanno teso un’imboscata e ucciso Abu Ahmed al-Armoushi, un funzionario della sicurezza palestinese legato a Fatah, insieme ai suoi tre collaboratori. A quel punto sono scoppiati combattimenti veri e propri in tutto il campo.
Il 2 agosto è stato stabilito un cessate il fuoco preliminare. Tuttavia, gli scontri sono ripresi la sera stessa, provocando un nuovo, seppur fragile, cessate il fuoco il giorno dopo.
Numerose personalità politiche hanno chiesto la calma, tra cui il primo ministro libanese ad interim Najib Mikati, il presidente dell’Autorità Palestinese e leader di Fatah Mahmoud Abbas, il partito politico sciita Hezbollah, l’Iran e Hamas. Nel frattempo, comitati rappresentativi delle fazioni politiche stanno mediando per far rispettare il cessate il fuoco.
Per comprendere l’ampio coinvolgimento di attori nazionali e stranieri nella gestione delle lotte intestine e le ragioni alla base della violenza, è essenziale capire cos’è il campo di Ain al-Hilweh e perché è importante.
Situato vicino a Sidone, una città costiera a 44 km a sud di Beirut, Ain al-Hilweh è il più grande dei 12 campi profughi palestinesi del Libano. Il campo è circondato da un muro con ingressi sorvegliati e posti di blocco monitorati dall’esercito libanese.

L’Accordo del Cairo del 1969 vieta all’esercito di entrare nel campo, una disposizione ancora tecnicamente in vigore nonostante il suo annullamento da parte del Libano nel 1987. Questo spiega perché l’esercito libanese non è intervenuto per fermare le ostilità.
Sebbene il campo rimanga sotto la sovranità libanese, la sua gestione pratica spetta ai palestinesi. Ciò significa che la sicurezza e l’amministrazione all’interno del campo ricadono sotto la giurisdizione di comitati popolari e fazioni palestinesi e che il campo funge da fulcro per numerosi gruppi armati rivali.
I campi profughi palestinesi in Libano hanno una lunga storia di conflitti. In particolare, uno degli episodi più letali si è verificato nel campo di Nahr al-Bared, vicino a Tripoli, nel 2007, dove gruppi islamisti si sono scontrati con le Forze armate libanesi.
La violenza si è estesa ad altre aree del Paese, causando oltre 200 morti e la distruzione del campo di Nahr al-Bared.
Anche Ain al-Hilweh è stata teatro di scontri tra fazioni negli ultimi anni, simili alle violenze della scorsa settimana.
Erling Lorentzen Sogge, docente senior di Studi sul Medio Oriente e autore di “The Palestinian National Movement in Lebanon: A Political History of the ‘Ayn al-Hilwe Camp”, ha dichiarato a The New Arab che, a differenza di Siria e Giordania, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ha acquisito una notevole influenza politica e militare in Libano, sebbene sia stata poi espulsa in seguito all’invasione e all’occupazione del Libano da parte di Israele nel 1982.
“Negli anni ’80, l’OLP ha cercato di ricostruire la propria organizzazione nei campi profughi del Libano. Ma nel 1993, l’OLP ha spostato l’attenzione dal finanziamento dei campi alla costruzione dell’Autorità palestinese nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania”, ha dichiarato Sogge.
“All’epoca, il Libano non aveva l’autorità per disarmare i campi a causa del controllo siriano dopo la guerra civile. Inoltre, Hezbollah si è generalmente schierato contro la Risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che richiede il disarmo di tutte le milizie libanesi e non. Alcune armi pesanti sono state successivamente rimosse, ma i palestinesi hanno mantenuto armi più leggere”.
Sebbene Fatah, la principale fazione dell’OLP, abbia tradizionalmente esercitato un’influenza sui campi palestinesi in Libano, la sua leadership ha dovuto affrontare delle sfide negli ultimi anni. In questo contesto, mantenere il controllo su Ain al-Hilweh è fondamentale per riaffermare la propria leadership.
Imad Salamey, professore associato di affari politici mediorientali presso la Lebanese American University, ha dichiarato alla TNA che il campo di Ain al-Hilweh ha anche una rilevanza strategica.
“Il controllo del campo offre influenza su Sidone, accesso a Beirut attraverso la strada costiera e vicinanza ai confini israeliani. La sua importanza strategica estende il potere sunnita in quell’area. Inoltre, il dominio del campo favorisce l’espansione del potere nei campi più piccoli”, ha affermato.
Sebbene i dettagli dei recenti scontri mortali nel campo non siano ancora del tutto chiari, una causa primaria è la tensione in corso tra le fazioni armate. Fatah e i gruppi islamisti si contendono la leadership e l’influenza all’interno del campo, provocando gli scontri.
Ain al-Hilweh ospita una pletora di fazioni che lottano per governare il campo, tra cui gruppi islamisti come Usbat al-Nour, Ansar Allah, Jund al-Sham e Jihad islamica.
Souhayb Jawhar, giornalista e ricercatore, ha dichiarato alla TNA che le fazioni dell’OLP hanno tradizionalmente controllato il campo a causa della sua importanza come roccaforte palestinese e via strategica per la resistenza armata. Tuttavia, negli anni ’80 sono emersi gruppi islamici salafiti.
“Nell’ultima battaglia, gli elementi dello scontro erano Fatah da una parte e un gruppo che si faceva chiamare ‘Gioventù Musulmana’ dall’altra, composto da dissidenti di Jund al-Sham, Usbat al-Ansar e Ansar Allah”, ha detto.
Sogge ha sottolineato la presenza di numerosi gruppi armati nel campo, ognuno dei quali si considera la voce esclusiva dei palestinesi.
Più specificamente, Sogge distingue due categorie di fazioni. Una comprende le forze islamiste, come Hamas, e i gruppi locali legati alle entità libanesi che sono meno coinvolti negli scontri. L’altra categoria comprende attori che un tempo appartenevano a questi gruppi, ma che hanno interrotto i legami a causa di un eccessivo pragmatismo.
“Questi gruppi hanno legami in qualche modo conflittuali con altre fazioni islamiche del campo. Comprendono un numero significativo di persone indigenti, insieme a sicari e militanti locali. I loro conflitti ruotano attorno all’affermazione del dominio e alla sfida al movimento di Fatah”, ha affermato.
Tuttavia, Sogge sottolinea che questi gruppi sono spesso motivati ad agire da sentimenti locali, con l’obiettivo di affermare il controllo nei quartieri del campo contro Fatah, il loro principale rivale. Sebbene alcuni media li colleghino ad Al-Qaeda o allo Stato Islamico (IS), secondo Sogge questa rappresentazione è esagerata. Molti di questi movimenti nascono principalmente da preoccupazioni locali, impegnandosi in lotte legate all’economia locale, alle dinamiche di potere e alle risorse.
In un contesto politico più ampio, alcuni esperti considerano la visita a Beirut del Maggiore Generale Majed Faraj, capo del Servizio di Intelligence Generale dell’Autorità Palestinese, pochi giorni prima dello scoppio degli scontri, strettamente legata alle tensioni nel campo di Ain al-Hilweh.
Jawhar ha osservato che Faraj ha esortato le autorità politiche a frenare Hamas, a indebolire l’influenza islamista e a fare pressione su Hezbollah affinché interrompa il sostegno ai gruppi della Cisgiordania.
“Faraj ha anche cercato di promuovere l’idea di disarmare le fazioni non-Fatah nei campi, ma la questione era fuori questione per i conti libanesi e regionali”, ha detto.
Secondo Salamey, i colloqui di Hamas con le istituzioni libanesi attraverso Hezbollah, per sollecitare la fine delle ostilità, miravano a garantire un ruolo politico e di sicurezza più forte all’interno delle comunità palestinesi. Pur non essendo direttamente coinvolto nel conflitto, Hamas sta sfruttando strategicamente la lotta per il potere per posizionarsi come mediatore o influenzatore negli accordi per il cessate il fuoco e la sicurezza.
“In questo modo, Hamas può trarre vantaggio da questa lotta mentre le altre parti si indeboliscono”, ha detto Jawhar.
Da quando ha rinnovato i legami con la Siria nel 2022, Hamas ha ampliato la sua presenza in Libano, ricevendo sostegno politico e di sicurezza da Hezbollah.
“La leadership di Hamas vive ora sotto l’effettiva protezione di Hezbollah”, ha detto Jawhar, e in Libano si stanno sviluppando conversazioni sullo sviluppo della capacità militare del movimento dentro e fuori i campi palestinesi.
Ma per Salamey, il sostegno di Hezbollah e dell’Iran ad Hamas è cauto.
“La loro alleanza con Hamas è un mezzo per indebolire Fatah, impedendo i suoi negoziati con Israele. Hezbollah intende essere l’unica potenza negoziale con Israele”, ha affermato.
Data la situazione precaria e gli interessi che vanno oltre il campo di Ain al-Hilweh, il Libano ha poco spazio di manovra per trovare una soluzione alle tensioni in corso all’interno del campo di Ain al-Hilweh.
Dopo la presa del campo di Nahr al-Bared da parte dell’esercito libanese nel 2007, il Libano è stato cauto nel ripetere un’azione simile.
Per Sogge, la volontà politica di affrontare la questione è limitata e il discorso sul disarmo rimane complesso. Le principali fazioni palestinesi, come l’OLP e Hamas, sono favorevoli al disarmo, ma la presenza di vari gruppi armati, alcuni sostenuti da attori libanesi, complica le cose.
“Il disarmo dei campi pone delle sfide, tra cui la potenziale responsabilità per 200.000 rifugiati palestinesi nel Paese. Le agenzie di sicurezza libanesi, compreso l’esercito, evitano i cambiamenti”, ha affermato.
Salamey sostiene che sia i palestinesi che Hezbollah si oppongono al coinvolgimento dell’esercito libanese nei campi o al disarmo. La riluttanza di Hezbollah deriva dalle sue stesse preoccupazioni in materia di disarmo, temendo che questa mossa possa portare ad azioni simili contro di sé.
“Le istituzioni statali vacillanti del Libano alimentano i timori di un indebolimento delle forze di sicurezza, a vantaggio di gruppi come gli islamisti dei campi. La comunità cristiana è preoccupata. La presenza di palestinesi armati suscita allarmi che ricordano la situazione del 1975”, ha dichiarato Salamey.
“Inoltre, la migrazione della leadership islamista, in particolare delle fazioni armate, da luoghi come la Giordania e la Siria verso il Libano, aumenta le preoccupazioni, riecheggiando il passato ingresso di gruppi armati palestinesi dopo eventi come il Settembre Nero in Giordania nel 1970”.
Dario Sabaghi è un giornalista freelance che si occupa di diritti umani.
Seguitelo su Twitter: @DarioSabaghi
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."