Da un genocidio all’altro

Di Nandino Capovilla

Mostar, 31 Gennaio 2024

“Il genocidio è un processo. In Bosnia, non è avvenuto semplicemente un giorno nel luglio del 1995, né si è manifestato improvvisamente nell’ottobre del 2023 a Gaza. È un processo che inizia con la disumanizzazione, la discriminazione e la persecuzione”

Sono in Bosnia-Erzegovina, nel posto giusto per comprendere quello che Arnesa Buljusmic-Kustura, sopravvissuta al genocidio bosniaco mi testimonia: “Negli oscuri corridoi della storia, il termine “genocidio” risuona con una risonanza agghiacciante e profonda, incidendo cicatrici indelebili su coloro come me che sopravvivono alla sua malevolenza. Assistere alla tragedia che si sta verificando a Gaza ha fatto riaffiorare ricordi traumatici della mia infanzia. Sono profondamente in sintonia con gli echi inquietanti di quel capitolo oscuro della storia umana, un capitolo che rifiuta di essere chiuso. Oggi, mentre sono testimone della tragedia in corso a Gaza, lo spettro del genocidio riemerge con una toccante familiarità”.

Io che qui a Mostar partecipo al 30°anniversario dell’uccisione dei tre giornalisti della RAI, mi chiedo come i nostri media possano oggi fingere che lo sterminio del popolo palestinese non sia sotto gli occhi del mondo. Continua Arnesa: “Alla tenera età di cinque anni, ho preso parte riluttante al tragico teatro della guerra e del genocidio. I proiettili dei cecchini, i bombardamenti implacabili e lo spettro pervasivo della morte hanno costituito il duro sfondo della mia infanzia e sono stato testimone delle profonde conseguenze del nazionalismo etnico , della retorica anti-musulmana e dell’odio. La guerra e il genocidio in Bosnia, durati dal 1992 al 1996, hanno inciso un capitolo oscuro nella storia con orribile brutalità. Il bilancio delle vittime, che supera le 100.000 persone uccise, costituisce una dura testimonianza della portata di questa tragedia, che lascia innumerevoli altre persone a subire spostamenti, torture e violenze di ogni genere”.

“Questi numeri” -conclude Arnesa- “cessano di essere semplici statistiche; incarnano la portata insondabile di una sofferenza umana che oggi leggiamo nei volti dei milioni di palestinesi in gabbia a Gaza”.

Agiamo ora. Subito. Per non venir citati come corresponsabili fra trent’anni, nelle lapidi e nei discorsi commossi delle autorità di turno.

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