GIDEON LEVY // L’INSABBIAMENTO MESSO IN ATTO DALL’ESERCITO ISRAELIANO NON È SOLO IMMORALE, È CRIMINALE

tratto da: Beniamino Benjio Rocchetto

domenica 3 gennaio 2021  14:25

Di Gideon Levy – 3 gennaio 2020

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Una rapina a mano armata trasformatasi in un tentativo di omicidio si è consumata venerdì nello sperduto villaggio di Al-Rakiz sulle colline a sud di Hebron. I “rapinatori in divisa”, armati, hanno cercato di rubare un generatore in pieno giorno e in piena vista. I rapinatori hanno cercato di caricare il generatore sul loro veicolo mentre i suoi legittimi proprietari, tre pastori disarmati, hanno cercato di salvare la loro proprietà a mani nude. Il generatore è un’ancora di salvezza per questi pastori, al cui villaggio non è consentito l’allacciamento alla rete idrica o elettrica. Ecco perché hanno lottato per questo con tutte le loro forze.

La scena è continuata per alcuni minuti: i rapinatori che cercavano di caricare il generatore nel loro mezzo di trasporto, i pastori che cercavano di recuperarlo. Alcune volte l’hanno strappato ai rapinatori, che lo riprendevano. Ciascuna parte ha seguito la coreografia di una rapina a mano armata, con imprecazioni e grida disperate come colonna sonora.

Poi è arrivata la svolta nella trama: mentre il generatore passava di mano in mano e le imprecazioni continuavano, uno dei rapinatori perse la pazienza. Lo Shabbat stava arrivando; voleva andarsene con il suo bottino. Cosa fa un rapinatore spazientito? Spara, per mettere fine alla contesa.

Sono stati sparati due colpi; uno ha colpito il bersaglio. Harun Abu Aram, 24 anni, che ha lottato con coloro che cercavano di rubare la sua proprietà, è caduto all’indietro. Il rapinatore aveva sparato da un metro e mezzo di distanza, colpendolo alla gola. Abu Aram è stato portato in condizioni critiche in un ospedale di Yatta. I rapinatori se ne andarono con il loro bottino.

Naturalmente erano soldati delle Forze di Difesa Israeliane. Nell’eroico incarico di derubare i pastori del loro generatore, che l’IDF ha definito “una normale operazione di confisca e sgombero di una struttura illegale”. Quando andranno in congedo, questi soldati racconteranno sicuramente con orgoglio le loro gesta: rapina a mano armata e tentato omicidio.

Ma l’IDF non chiama mai le cose con il loro nome. Per questo ha un portavoce per coprire, mascherare e mentire quando necessario. La manipolazione questa volta parlava di “un violento disordine che ha coinvolto 150 palestinesi“. Un video dell’incidente mostra tre pastori, disarmati, che affrontano cinque soldati armati e cercano di recuperare il loro generatore.

Questo è stato definito un “violento disordine”, ma il vero reato è stato il furto. Seguito da: “un violento incidente in cui numerosi palestinesi hanno usato la forza“. Che fine ha fatto la violenza usata dai soldati? Il furto del generatore?

E poi arrivò la battuta finale: “Si è appreso che un palestinese è stato ferito da fuoco vivo durante l’incidente.” Il reclamo è legittimo. I soldati in piedi accanto alla loro vittima non hanno visto che era stato colpito, non l’hanno visto cadere a terra, l’IDF è solo “consapevole della rivendicazione” a tal fine. È già stato stabilito che non ci sono colpevoli, responsabilità, scuse e nemmeno rammarico.

A maggio, i soldati spararono in faccia a un ragazzo di 17 anni, uccidendolo, mentre stava con le sue sorelle, lontano, sul tetto della loro casa nel campo profughi di Al-Fawwar, a guardare gli eventi nella strada sottostante. Zaid Qaisia ​​sognava di diventare un cantante. L’unità del portavoce dell’IDF ha riferito così la sua uccisione criminale: “Dopo l’operazione c’è stato un rapporto di un palestinese morto.” Quella volta non c’era nessun “reclamo”, solo un “rapporto”, ma il rapporto dell’IDF non era meno crudele, agghiacciante e cinico.

Anche il 30 gennaio dello scorso anno l’esercito ha sparato alla testa a un ragazzo a Kafr Qaddum. Mohammed Shatawi, 14 anni, è diventato un vegetale. Cosa ha dichiarato l’Unità del portavoce dell’IDF che gestisce le pubbliche relazioni sul caso? “Si sa di un palestinese ferito da un proiettile di gomma.” Anche quando la vittima è un bambino. Forse non gli hanno sparato, forse si è sparato da solo. Dopo tutto, c’è solo qualche “reclamo.”

Un crimine scioccante è avvenuto due giorni fa ad al-Rakiz, basta guardare il video, disponibile in rete. Quando il portavoce dell’IDF copre l’esercito in questo modo, è complice di un crimine. Quando il portavoce dell’IDF copre in questo modo, i soldati sanno che non è successo niente di terribile. Possono contare sull’appoggio dei commilitoni, della maggior parte dei giornalisti militari, per non avere strascichi. Dopo tutto, non è successo nulla. Niente.

Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell’Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo nuovo libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.
Traduzione: Beniamino Rocchetto
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