tratto da: https://www.nigrizia.it/notizia/il-corno-a-pezzi
Un angolo d’Africa in ebollizione
Il Corno a pezzi
Crisi, conflitti aperti e instabilità caratterizzano il Corno d’Africa, una delle aree più a rischio del continente africano. Il bilancio del 2020 é talmente precario che le previsioni per il prossimo anno trascineranno con sé inevitabili incognite e nodi da sciogliere in fretta per riassestare un equilibrio regionale imprescindibile per la pace in Africa.
Nel Corno d’Africa e dintorni il 2020 si chiude tra tensioni crescenti destinate a protrarsi nel 2021 e probabilmente molto oltre.
Fronte Etiopia
Nelle ultime settimane la crisi etiopica ha catalizzato la preoccupazione della comunitá internazionale e potrebbe essere al centro dell’attenzione per molto tempo ancora, sia per la sostanza del conflitto, che riguarda la governance stessa di un paese etnicamente e politicamente complesso in equilibrio costantemente precario, sia per il modo con cui le divergenze sono state affrontate. L’intervento militare del governo centrale di Addis Abeba nella regione del Tigray potrebbe essere solo l’inizio di una deriva che potrebbe mettere in forse la stabilitá complessiva del paese. Potrebbe essere stato inteso da alcuni gruppi di opposizione e dai circoli piú radicali delle forze armate e di sicurezza come il modo per gestire anche altri conflitti locali che, nel corso degli ultimi anni, hanno causato instabilitá e numerose vittime in diverse parti del paese. Lo farebbe pensare, ad esempio, la violenza dei recenti scontri interetnici nella regione del Benishangul-Gumuz, in cui i morti si contano a centinaia e sono stati causati sia dalle milizie locali sia dall’intervento dell’esercito nazionale.
Nel Tigray stesso i problemi sono tutt’altro che risolti. Lo dimostrano due recenti provvedimenti governativi che contraddicono le dichiarazioni ufficiali secondo le quali nella regione é ormai stato ristabilito l’ordine. Il primo è la taglia sulle teste dei leader del TPLF che, evidentemente, sono riusciti a sfuggire all’operazione normalizzatrice e sono ancora considerati un pericolo. Il secondo è la recentissima decisione della commissione elettorale (National Electoral Board of Ethiopia, NEBE) che fissa per il prossimo 5 giugno la data delle elezioni in tutto il paese, tranne che nel Tigray, dove, per ora, non é possibile prevedere la fine dello stato di emergenza.
L’operazione nel Tigray ha causato anche problemi nelle relazioni diplomatiche. La decisione di intervenire militarmente è stata portata avanti senza aprire nessun confronto né con l’Unione Africana né con l’organizzazione regionale IGAD, in cui l’Etiopia ha sempre giocato un ruolo di rilievo per la composizione delle crisi degli altri paesi membri. Inascoltati anche gli appelli alla ricerca di una soluzione politica del conflitto da parte del segretario generale dell’Onu, dell’Unione Europea e dei paesi confinanti. Particolarmente irritato il primo ministro sudanese, Abdalla Hamdok, attuale presidente dell’IGAD, che ha addirittura interrotto una visita di stato ad Addis Abeba.
Il Sudan ha alcuni complessi dossier aperti con l’Etiopia. Basti citare la gestione del flusso delle acque del Nilo con l’entrata in funzione dell’impianto idroelettrico della GERD (Great Ethiopian Rennaisance Dam), e un fertile territorio conteso sul confine dello stato sudanese di Gedaref. L’attuale atteggiamento intransigente del primo ministro Abiy Ahmed potrebbe aver provocato il consolidamento dell’alleanza con l’Egitto sulla questione delle acque del Nilo e, pare ormai appurato, l’appoggio del Cairo alla decisione di Khartoum di riprendere il controllo dell’area contestata di al-Fashaga. Cosí ora c’è un altro fronte aperto nella regione. Negli ultimi dieci giorni l’esercito sudanese è avanzato in vaste zone del territorio conteso, dove non era presente da un quarto di secolo, scontrandosi con milizie locali etiopiche appoggiate dall’esercito governativo. Ovviamente la questione non potrá essere risolta unilateralmente e manu militari. E’ perció prevedibile che la tensione tra i due paesi aumenterá nel corso del prossimo anno.
Somalia
Anche la Somalia, che si prepara ad una difficile tornata elettorale prevista per il prossimo febbraio, rischia un serio impatto per la crisi etiopica dal momento che Addis Abeba ha deciso di ritirare il proprio contingente nella missione di pace dell’Unione africana per dispiegare i suoi uomini nel Tigray. L’ha fatto discriminando i militari tigrini, di fatto messi agli arresti nelle loro baracche, provocando cosí scontri anche al di fuori del proprio territorio. La decisione etiopica si somma al ritiro, entro il 15 gennaio, del contingente americano – circa 700 uomini addetti ad azioni antiterrorismo, condotte soprattutto con droni teleguidati – annunciato recentemente dal presidente Trump. E’ facile prevedere che per il governo di Mogadiscio sará difficile garantire il minimo di sicurezza necessaria per condurre elezioni libere e credibili. Giá ora infatti il gruppo terroristico al Shabab è in grado di attaccare ovunque nel paese.
Ma nella regione i motivi di apprensione non sono solo quelli legati alla crisi etiopica.
Molto tese sono anche le relazioni tra Somalia e Kenya. Nel prossimo anno il verdetto della commissione sui confini marittimi – e sulla sovranitá su un triangolo di mare ricco di giacimenti di gas e petrolio – e l’apertura di un consolato di Nairobi nel Somaliland che si proclama indipendente da Mogadiscio, potrebbe aggravare la giá difficile situazione.
Sudan e Sud Sudan
In Sudan va a rilento la transizione democratica mentre il processo di pace non é ancora completato: mancano ancora accordi con l’SPLM-N di Abdel Aziz al Hilu e con il Sudan Liberation Movemenet, SLM, di Abdul Wahid al Nur. Suscita particolare preoccupazione la fine, il 31 dicembre, della missione di pace UNAMID in Darfur, mentre violenze, abusi e veri e propri attacchi militari si registrano quotidianamente in tutta la regione.
In Sud Sudan il processo di pace sembra arenato mentre aumentano gli allarmi per l’ennesima crisi umanitaria che potrebbe colpire il paese giá nelle prossime settimane.
https://www.nigrizia.it/notizia/il-corno-a-pezzi
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."