Il documentario “Israelism” ci concentra sul cambiamento di opinione dei giovani ebrei

Articolo pubblicato originariamente su Mondoweiss e tradotto dall’inglese da Beniamino Rocchetto

Un nuovo documentario svela la confluenza del giudaismo e del fervore filo-israeliano nella comunità ebraica americana e nei giovani ebrei che stanno arrivando a rifiutarla.

Di David Samel

Israelism: Diretto da Eric Axelman e Sam Eilertsen

84 min. Produzione Tikkun Olam, 2023

Il crescente disincanto e disaffezione nei confronti di Israele tra i giovani ebrei americani è da tempo evidente. Questo sviluppo è l’argomento di un nuovo documentario, Israelism, diretto da Eric Axelman e Sam Eilertsen, che ha avuto anteprime da tutto esaurito a New York e Los Angeles la scorsa settimana.

Il documentario esplora il risveglio di due trentenni ebrei americani, entrambi completamente immersi nella propaganda filo-israeliana durante la loro infanzia, alla dura realtà dell’Occupazione israeliana. Simone Zimmerman, co-fondatrice di IfNotNow e “Eitan” (che non ha rivelato il suo cognome) raccontano i loro viaggi personali da entusiasti sostenitori di Israele all’attivismo filo-palestinese.

La prima parte del film dà voce e risalto al fervore dei sentimenti pro-Israele ancora comuni tra un numero sempre più ridotto di ebrei americani. Simone ed Eitan offrono ricordi dettagliati della loro educazione in cui l’amore per tutto ciò che è Israele era parte integrante della loro identità ebraica. Simone espone cimeli a tema israeliano della sua infanzia ed Eitan racconta quanto fosse impaziente di finire le scuole superiori in modo da potersi trasferire in Israele e arruolarsi nell’IDF.

Questa prima parte del film include anche interviste con Abe Foxman, ex direttore della Lega Anti-Diffamazione, e Jacqui Schulefand responsabile delle attività dell’Università del Connecticut Hillel. Schulefand è accompagnato da un gruppo di circa una mezza dozzina di studenti il ​​cui ardore per Israele rispecchia quello di Simone ed Eitan alla stessa età. Sebbene né Foxman né Schulefand sembrino essere consapevoli del punto di vista dei cineasti, entrambi possono esprimere candidamente la loro passione per Israele, e nessuna delle due interviste appare ingiustamente modificata per invitare al ridicolo. Infatti, gli stessi estratti dell’intervista potrebbero facilmente trovare posto in un documentario pro-Israele.

Il film stabilisce così il significato del suo titolo, un riferimento all’inquietante confluenza di ebraismo e fervore filo-israeliano che ha creato una nuova quasi-religione, l’israelismo. Schulefand riassume con precisione questa passione: “Israele è il giudaismo e il giudaismo è Israele, ed è quello che sono io”. Questa succinta citazione va di pari passo con l’affermazione comune, ma falsa, secondo cui il sostegno degli ebrei a Israele è una parte così fondamentale della loro identità ebraica che l’attivismo pro-palestinese può essere visto come una discriminazione antiebraica che merita la soppressione e /o sanzioni disciplinari.

Una volta gettate queste basi, le realizzazioni e i dubbi dei due giovani protagonisti sono al centro dell’attenzione. Per Simone, il suo sostegno pro-Israele durante gli anni degli studi all’Università della California di Berkeley l’ha esposta per la prima volta alla contro-narrativa palestinese in cui il sionismo significava espropriazione, sottomissione ed esilio. Ricorda il suo intrattenibile sgomento quando nessuno dei suoi colleghi più esperti poteva offrire confutazioni efficaci.

Eitan, che ha seguito il suo sogno d’infanzia di arruolarsi nell’IDF, ha discusso del suo graduale riconoscimento della crudeltà che lui e altre reclute erano stati addestrati a infliggere, come stabilire una forte presenza armata nei Territori Palestinesi Occupati per intimidire i civili comuni che semplicemente cercavano di districarsi nella loro vita quotidiana. Un evento particolare che ha portato a un’illuminazione è stato quando Eitan ha scortato e consegnato un detenuto palestinese legato e bendato ad altri soldati, che poi hanno buttato a terra l’uomo indifeso, prendendolo a calci e calpestandolo mentre gli ufficiali superiori guardavano con disinvolta indifferenza.

Il cambiamento epocale nell’opinione ebraica degli Stati Uniti, in particolare tra i giovani, è uno scenario da incubo per coloro che cercano il dominio ebraico permanente sulla popolazione nativa della Palestina. La prima di Isaelism martedì scorso a Brooklyn ha incontrato poca opposizione o protesta, ma gli entusiasti sostenitori pro-Israele erano più organizzati per contestare la proiezione di mercoledì all’Università della California a Los Angeles. Una ONG chiamata “Stop Antisemitism” ha twittato anticipatamente: “Decine di studenti ci hanno contattato implorandoci di annullare questa proiezione, temendo per la loro sicurezza!” Apparentemente, temevano che gli studenti universitari impressionabili esposti a un film sui giovani ebrei che mettevano in dubbio il loro indottrinamento pro-Israele si scagliassero insensatamente con violenza contro studenti ebrei. Alcuni di questi studenti ansiosi hanno comunque rischiato la vita e l’incolumità fisica per assistere alla proiezione, poiché hanno punzecchiato Eric Axelman, uno dei registi del film, con diverse domande impegnative in una introspettiva post-film.

Bertrand Russell ha saggiamente consigliato: “In tutte le cose è salutare di tanto in tanto mettere un punto interrogativo su cose che a lungo si sono date per scontate”. Non è facile seguire quella guida, ma Simone Zimmerman ed Eitan l’hanno praticata con intelligenza e compassione per le vittime di un’ideologia che in precedenza avevano abbracciato. La generazione di Abe Foxman sarà lasciata alla disperazione per il suo fallimento collettivo nell’immunizzare sufficientemente i giovani ebrei contro le influenze “corruttrici” che hanno portato a mettere in discussione e rifiutare i principi più sacri dell’israelismo.

David Samel è un avvocato di New York.

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