La redazione di Bocche Scucite ha tradotto integralmente in italiano il nuovo rapporto di Francesca Albanese, la Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, dal titolo “Dall’economia di occupazione all’economia del genocidio”
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Consiglio per i Diritti Umani
Cinquantanovesima sessione
16 giugno-11 luglio 2025
Punto 7 dell’ordine del giorno: Situazione dei diritti umani in Palestina e negli altri territori arabi occupati
DALL’ECONOMIA DI OCCUPAZIONE ALL’ECONOMIA DI GENOCIDIO
Rapporto della Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967*, **
Sintesi
Questo rapporto indaga i meccanismi aziendali che sostengono il progetto coloniale israeliano di sfollamento e sostituzione dei palestinesi nei territori occupati. Mentre i leader politici e governi si sottraggono ai propri obblighi, troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia israeliana di occupazione illegale, apartheid e ora genocidio. La complicità denunciata da questo rapporto è solo la punta dell’iceberg; porvi fine non sarà possibile senza chiamare a rispondere il settore privato, compresi i suoi dirigenti. Il diritto internazionale riconosce diversi gradi di responsabilità, ognuno dei quali richiede esame e accertamento delle responsabilità, in particolare in questo caso, in cui sono in gioco l’autodeterminazione e l’esistenza stessa di un popolo. Questo è un passo necessario per porre fine al genocidio e smantellare il sistema globale che lo ha permesso.
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Introduzione
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Le imprese coloniali e i genocidi ad esse associati sono stati storicamente guidati e resi possibili dal settore aziendale.[1] Gli interessi commerciali hanno contribuito alla spoliazione delle popolazioni e delle terre indigene[2] – una forma di dominio nota come “capitalismo razziale coloniale”. [3] Lo stesso vale per la colonizzazione israeliana delle terre palestinesi,[4] la sua espansione nei territori palestinesi occupati e l’istituzionalizzazione di un regime di apartheid coloniale.[5] Dopo aver negato per decenni l’autodeterminazione dei palestinesi, Israele sta ora mettendo a repentaglio l’esistenza stessa del popolo palestinese in Palestina.
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Il ruolo delle entità aziendali nel sostenere l’occupazione illegale di Israele e la campagna genocida in corso a Gaza è l’oggetto di questa indagine, che si concentra su come gli interessi aziendali sostengano la doppia logica di sfollamento e sostituzione dei coloni israeliani volta a espropriare e cancellare i palestinesi dalle loro terre. L’indagine prende in esame entità aziendali in vari settori: produttori di armi, aziende tecnologiche, società di costruzione ed edilizia, industrie estrattive e di servizi, banche, fondi pensione, assicuratori, università e organizzazioni di beneficenza. Queste entità consentono la negazione dell’autodeterminazione e altre violazioni strutturali nei territori palestinesi occupati, tra cui l’occupazione, l’annessione e i crimini di apartheid e genocidio, nonché una lunga lista di crimini accessori e violazioni dei diritti umani, dalla discriminazione, alla distruzione gratuita, allo sfollamento forzato e al saccheggio, alle esecuzioni extragiudiziali e alla fame.
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Se fosse stata effettuata un’adeguata due diligence in materia di diritti umani, le entità aziendali si sarebbero da tempo disimpegnate dall’occupazione israeliana. Invece, dopo l’ottobre 2023, gli attori aziendali hanno contribuito all’accelerazione del processo di sfollamento-sostituzione durante la campagna militare che ha polverizzato Gaza e sfollato il maggior numero di palestinesi in Cisgiordania dal 1967. [6]
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Sebbene sia impossibile cogliere appieno la portata e l’entità di decenni di connivenza delle imprese nello sfruttamento del territorio palestinese occupato, questo rapporto mette in luce l’integrazione delle economie dell’occupazione coloniale e del genocidio. Esso chiede che le entità aziendali e i loro dirigenti siano chiamati a rispondere delle loro azioni sia a livello nazionale che internazionale: le attività commerciali che consentono e traggono profitto dalla distruzione delle vite di persone innocenti devono cessare. Le entità aziendali devono rifiutarsi di essere complici di violazioni dei diritti umani e crimini internazionali o essere chiamate a rispondere delle loro azioni.
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Metodologia
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Il termine “entità aziendali” utilizzato nel presente rapporto si riferisce a imprese commerciali, multinazionali, entità a scopo di lucro e senza scopo di lucro, siano esse private, pubbliche o di proprietà dello Stato[7]. La responsabilità aziendale si applica indipendentemente dalle dimensioni, dal settore, dal contesto operativo, dalla proprietà e dalla struttura dell’entità. [8]
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Il rapporto si basa su un’ampia letteratura, in particolare della società civile [9] e del Gruppo di lavoro su imprese e diritti umani, su come Israele abbia creato e mantenuto la propria economia attraverso l’occupazione e un’economia vincolata per i palestinesi.
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Si basa inoltre sulla più ampia matrice dell’occupazione illegale di Israele, il database istituito dall’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), in conformità con le risoluzioni 31/36 e 53/25 del Consiglio dei diritti umani. Il “database delle Nazioni Unite” elenca solo le imprese commerciali che hanno “direttamente e indirettamente consentito, facilitato e tratto profitto dalla costruzione e dalla crescita degli insediamenti”. [10]
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La Relatrice speciale ha sviluppato un database di 1000 entità aziendali a partire dalle oltre 200 segnalazioni ricevute, senza precedenti, in seguito alla sua richiesta di contributi durante la preparazione di questa indagine.[11] Ciò ha contribuito a mappare il modo in cui le entità aziendali di tutto il mondo sono state implicate in violazioni dei diritti umani e crimini internazionali nei territori palestinesi occupati. Oltre 45 entità citate nella relazione sono state debitamente informate dei fatti che hanno portato la Relatrice speciale a formulare una serie di accuse: 15 hanno risposto. La complessa rete di strutture societarie – e i legami spesso oscuri tra società madri e controllate, franchising, joint venture, licenziatari, ecc. – coinvolge molte altre entità. L’indagine alla base di questa relazione dimostra fino a che punto le società siano disposte ad arrivare per nascondere la loro complicità. [12]
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Il rapporto è completato da un allegato che presenta il quadro giuridico pertinente.
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Contesto giuridico
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La legislazione che disciplina la responsabilità delle imprese affonda le sue radici nella storica relazione tra espropriazione violenta e potere privato, nonché nell’eredità della collusione delle imprese con il colonialismo e la segregazione razziale[13].
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Le prime società per azioni, alle quali erano stati concessi ampi poteri simili a quelli dello Stato, si sono gradualmente trasformate in società private a “responsabilità limitata” man mano che il commercio intercoloniale diventava vitale per le economie europee. [14] Le potenze coloniali hanno continuato ad avvalersi di queste relazioni per esternalizzare, oscurare ed eludere la responsabilità per l’espropriazione e la schiavitù dei popoli indigeni e l’espropriazione delle loro risorse.[15] Le società non solo hanno ereditato i vantaggi di questo velo giuridico di separazione, ma sono anche emerse come artefici del diritto internazionale. [16]
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Oggi, alcuni conglomerati aziendali superano il PIL di Stati sovrani.[17] A volte esercitando più potere – politico, economico e discorsivo – degli Stati stessi, le società godono di un crescente riconoscimento come titolari di diritti, con obblighi corrispondenti ancora insufficienti. L’asimmetria di un potere immenso senza una responsabilità sufficientemente giustiziabile mette in luce una fondamentale lacuna nella governance globale.
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Le società e i loro Stati di origine – principalmente Stati minoritari globali – continuano a sfruttare le disuguaglianze strutturali radicate nella spoliazione coloniale.[18] Nel frattempo, i sistemi normativi più deboli degli Stati ex colonizzati e le esigenze di sviluppo e investimento fanno sì che le società spesso eludano la responsabilità.[19]
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Tuttavia, esistono importanti precedenti. I processi agli industriali dopo l’Olocausto hanno gettato le basi per il riconoscimento della responsabilità penale internazionale dei dirigenti aziendali per la partecipazione a crimini internazionali.[20] Affrontando la complicità delle aziende nell’apartheid, la Commissione per la verità e la riconciliazione sudafricana ha contribuito a definire la responsabilità delle aziende per le violazioni dei diritti umani.[21] L’aumento dei contenziosi nazionali e internazionali segnala una crescente tendenza verso la responsabilità delle aziende.[22]
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Il caso della Palestina mette ulteriormente alla prova gli standard internazionali.
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Oggi, i Principi guida su imprese e diritti umani definiscono il quadro normativo per il rispetto del diritto internazionale da parte degli Stati e delle entità aziendali.[23] Gli Stati hanno l’obbligo primario di prevenire, indagare, punire e porre rimedio alle violazioni dei diritti umani da parte di terzi e possono violare i loro obblighi se non lo fanno. I Principi guida cristallizzano gli standard di diritti umani applicabili alla condotta aziendale che si applicano indipendentemente dal fatto che gli Stati rispettino i loro obblighi primari. Anche il diritto internazionale umanitario e il diritto penale conferiscono obblighi e responsabilità specifici agli attori privati,[24] con le giurisdizioni nazionali responsabili in primo luogo dell’applicazione.
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I Principi Guida stabiliscono una serie di responsabilità, a seconda che le entità aziendali causino, contribuiscano o siano direttamente collegate a impatti negativi sui diritti umani.[25] Nei conflitti, le imprese devono osservare una maggiore diligenza in materia di diritti umani per identificare le preoccupazioni e adeguare la loro condotta.[26] La responsabilità delle persone giuridiche sarà determinata dalle loro azioni e dall’impatto sui diritti umani: la diligenza non è sufficiente per assolvere le imprese dalla responsabilità[27]. Come minimo, le persone giuridiche direttamente collegate agli impatti sui diritti umani devono esercitare la loro influenza o prendere in considerazione la cessazione delle loro attività o relazioni. La mancata adozione di misure adeguate può dar luogo a responsabilità. Laddove le violazioni costituiscano reati, i dirigenti aziendali e, sempre più spesso, le stesse persone giuridiche possono essere ritenuti responsabili per la loro conoscenza e il loro contributo materiale ai reati[28].
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Nei territori palestinesi occupati, sulla base di decenni di violazioni dei diritti umani e crimini documentati, i recenti sviluppi giudiziari non lasciano spazio a dubbi sul fatto che il coinvolgimento delle imprese in qualsiasi componente dell’occupazione sia collegato a violazioni delle norme di jus cogens e a crimini internazionali[29]. Citando la segregazione razziale e l’apartheid, le violazioni del diritto all’autodeterminazione e il divieto dell’uso della forza, la Corte internazionale di giustizia (ICJ) ha affermato in modo inequivocabile l’illegalità della presenza di Israele, compresi l’esercito, le colonie, le infrastrutture e il controllo delle risorse.[30] Inoltre, le atrocità commesse dall’ottobre 2023 hanno dato luogo a procedimenti per genocidio dinanzi alla ICJ e per crimini di guerra e crimini contro l’umanità dinanzi alla ICC. L’ICJ ha ordinato a Israele di smettere di creare condizioni che distruggono la vita e, nel caso Nicaragua contro Germania, ha ricordato agli Stati i loro obblighi internazionali di evitare il trasferimento di armi che potrebbero essere utilizzate per violare le convenzioni internazionali.[31]
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Queste decisioni attribuiscono alle persone giuridiche la responsabilità prima facie di non impegnarsi e/o di ritirarsi totalmente e incondizionatamente da qualsiasi rapporto associato, e di garantire che qualsiasi impegno con i palestinesi consenta la loro autodeterminazione.
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Laddove le persone giuridiche continuano le loro attività e relazioni con Israele – con la sua economia, il suo esercito, i suoi settori pubblico e privato collegati al territorio palestinese occupato – possono essere ritenute consapevolmente complici di:
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violazione del diritto palestinese all’autodeterminazione;
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annessione del territorio palestinese, mantenimento di un’occupazione illegale e quindi del crimine di aggressione e delle violazioni dei diritti umani ad esso associate;
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crimini di apartheid e genocidio, e
altri crimini e violazioni accessori.
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12. È possibile invocare sia il diritto penale che quello civile in varie giurisdizioni per ritenere le entità aziendali o i loro dirigenti responsabili di violazioni dei diritti umani e/o di crimini ai sensi del diritto internazionale.
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Dall’economia dell’occupazione coloniale all’economia del genocidio
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Il colonialismo implica lo sfruttamento, il profitto e la colonizzazione della terra attraverso l’espulsione dei suoi proprietari.[32] In Palestina, storicamente, le aziende hanno guidato e reso possibile il processo di sfollamento e sostituzione della popolazione araba, fondamentale per la logica di cancellazione coloniale. [33] Il Fondo Nazionale Ebraico, un’entità aziendale fondata nel 1901 per l’acquisto di terreni, ha contribuito a pianificare e attuare la graduale rimozione dei palestinesi arabi, che si è intensificata con la Nakba[34] e da allora è continuata.[35]
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Con il crescente aiuto delle entità aziendali, Israele ha perseguito l’espropriazione e lo sfollamento dei palestinesi, soprattutto dopo il 1967. [36] Il settore aziendale ha contribuito materialmente a questo sforzo fornendo a Israele le armi e i macchinari necessari per distruggere case, scuole, ospedali, luoghi di svago e di culto, mezzi di sussistenza e beni produttivi come uliveti e frutteti, per segregare e controllare le comunità e limitare l’accesso alle risorse naturali.[37] Contribuendo a militarizzare e incentivare la presenza illegale di Israele nei territori palestinesi occupati, hanno contribuito a creare le condizioni per la pulizia etnica dei palestinesi. [38]
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Le entità aziendali hanno svolto un ruolo chiave nel soffocare l’economia palestinese,[39] sostenendo l’espansione israeliana nei territori occupati e facilitando la sostituzione dei palestinesi. Restrizioni draconiane – sul commercio e gli investimenti, la piantumazione di alberi, la pesca e l’acqua per le colonie – hanno debilitato l’agricoltura e l’industria [40] e trasformato il territorio palestinese occupato in un mercato prigioniero [41]; le aziende hanno tratto profitto dallo sfruttamento della manodopera e delle risorse palestinesi, dal degrado e dalla diversione delle risorse naturali, dalla costruzione e dall’alimentazione delle colonie e dalla vendita e commercializzazione di beni e servizi derivati in Israele, nel territorio palestinese occupato e a livello globale. [42] Gli accordi di Oslo del 1993 hanno consolidato questo sfruttamento, istituzionalizzando di fatto il monopolio di Israele sul 61% della Cisgiordania (Area C), ricca di risorse.[43] Israele trae vantaggio da questo sfruttamento, mentre l’economia palestinese ne paga il prezzo con almeno il 35% del suo PIL.[44]
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Anche le istituzioni finanziarie e accademiche hanno contribuito a creare le condizioni per lo sfollamento e la sostituzione dei palestinesi. Banche, società di gestione patrimoniale, fondi pensione e assicuratori hanno convogliato finanziamenti verso l’occupazione illegale. Le università – centri di crescita intellettuale e di potere – hanno sostenuto l’ideologia politica alla base della colonizzazione della terra palestinese,[45] sviluppato armi e ignorato o addirittura avallato la violenza sistematica,[46] mentre le collaborazioni di ricerca globali hanno oscurato la cancellazione dei palestinesi dietro un velo di neutralità accademica.
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Dopo l’ottobre 2023, i sistemi di controllo, sfruttamento e spoliazione di lunga data si sono trasformati in infrastrutture economiche, tecnologiche e politiche mobilitate per infliggere violenza di massa e distruzione immensa.[47] Le entità che in precedenza hanno permesso e tratto profitto dall’eliminazione e dalla cancellazione dei palestinesi nell’economia dell’occupazione, invece di disimpegnarsi, sono ora coinvolte nell’economia del genocidio.
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Le sezioni seguenti illustrano come otto settori chiave, che operano separatamente e in modo interdipendente attraverso i pilastri fondamentali dell’economia coloniale dei coloni basata sullo sfollamento e la sostituzione, si siano adattati alle sue pratiche genocidarie.
A. Trasferimento
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Dopo l’ottobre 2023, le armi e le tecnologie militari utilizzate per promuovere l’espulsione dei palestinesi sono diventate strumenti di sterminio e distruzione di massa, rendendo Gaza e parti della Cisgiordania inabitabili. Le tecnologie di sorveglianza e incarcerazione, normalmente utilizzate per imporre la segregazione/apartheid, si sono evolute in strumenti per colpire indiscriminatamente la popolazione palestinese. I macchinari pesanti precedentemente utilizzati per la demolizione di case, la distruzione di infrastrutture e il sequestro di risorse in Cisgiordania sono stati riutilizzati per distruggere il paesaggio urbano di Gaza, impedendo alle popolazioni sfollate di tornare e ricostituirsi come comunità.
Settore militare: il business dell’eliminazione
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La violenza militarizzata ha creato lo Stato di Israele e rimane il motore del suo progetto coloniale.[48] I produttori di armi israeliani e internazionali hanno sviluppato sistemi sempre più efficaci per cacciare i palestinesi dalla loro terra. Collaborando e competendo tra loro, hanno perfezionato tecnologie che consentono a Israele di intensificare l’oppressione, la repressione e la distruzione. [49]
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L’occupazione prolungata e le ripetute campagne militari hanno fornito un banco di prova per capacità militari all’avanguardia: piattaforme di difesa aerea, droni, strumenti di puntamento basati sull’intelligenza artificiale e persino il programma F-35 guidato dagli Stati Uniti. Queste tecnologie vengono poi commercializzate come “collaudate in battaglia”.[50]
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Il complesso militare-industriale è diventato la spina dorsale economica dello Stato.[51] Tra il 2020 e il 2024, Israele è stato l’ottavo esportatore di armi al mondo.[52] Le due più importanti aziende israeliane produttrici di armi – Elbit Systems, fondata come partnership pubblico-privata e successivamente privatizzata, e la statale Israel Aerospace Industries (IAI) – sono tra i primi 50 produttori di armi a livello globale. [53] Dal 2023, Elbit ha collaborato strettamente alle operazioni militari israeliane, inserendo personale chiave nel Ministero della Difesa,[54] e ha ricevuto il Premio per la Difesa Israeliana 2024.[55] Elbit e IAI forniscono un approvvigionamento interno fondamentale di armi[56] e rafforzano le alleanze militari di Israele attraverso l’esportazione di armi e lo sviluppo congiunto di tecnologia militare.[57]
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Le partnership internazionali che forniscono armi e supporto tecnico hanno rafforzato la capacità di Israele di perpetuare l’apartheid e, recentemente, di sostenere il suo assalto a Gaza. Israele beneficia del più grande programma di approvvigionamento della difesa mai realizzato, quello per il jet da combattimento F-35[58], guidato dalla statunitense Lockheed Martin[59], insieme ad almeno altre 1600 aziende, tra cui il produttore italiano Leonardo S.p.A[60], e otto Stati. Componenti e parti costruite a livello globale contribuiscono alla flotta israeliana di F-35 che Israele personalizza e mantiene in collaborazione con Lockheed Martin e aziende nazionali.[61] Israele è stato il primo a far volare l’F-35 in combattimento nel 2018 e poi a utilizzarlo in “beast mode” entro il 2025. [62] I caccia Lockheed Martin F-35 e F-16, fondamentali per l’aviazione israeliana,[63] hanno una notevole capacità di carico e di fuoco, comprese le bombe GBU-31 JDAM da 2000 libbre e, per gli F-35, oltre 18.000 libbre di bombe alla volta. [64] Dopo l’ottobre 2023, gli F-35 e gli F-16 sono stati fondamentali per dotare Israele di una potenza aerea senza precedenti, in grado di sganciare circa 85.000 tonnellate di bombe,[65] uccidere e ferire più di 179.411 palestinesi[66] e distruggere Gaza. [67]
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Anche i droni, gli esacotteri e i quadricotteri sono stati macchine di morte onnipresenti nei cieli di Gaza.[68] I droni, in gran parte sviluppati e forniti da Elbit Systems e IAI, volano da tempo insieme a questi aerei da combattimento, sorvegliando i palestinesi e fornendo informazioni sui bersagli.[69] Negli ultimi due decenni, con il sostegno di queste aziende e la collaborazione di istituzioni come il Massachusetts Institute of Technology (MIT),[70] i droni israeliani hanno acquisito sistemi d’arma automatizzati e la capacità di volare in formazione a sciame.[71]
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Per fornire a Israele queste armi e facilitare le transazioni di esportazione e importazione di armi, i produttori dipendono da una rete di intermediari, tra cui studi legali, società di revisione e consulenza, nonché trafficanti d’armi, agenti e broker.[72] Fornitori come la giapponese FANUC Corporation forniscono macchinari robotici per le linee di produzione di armi, tra cui IAI, Elbit Systems e Lockheed Martin. [73] Compagnie di navigazione come la danese A.P. Moller – Maersk A/S trasportano componenti, parti, armi e materie prime, sostenendo un flusso costante di attrezzature militari fornite dagli Stati Uniti dopo l’ottobre 2023.[74]
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Per aziende israeliane come Elbit e IAI, il genocidio in corso è stato un’impresa redditizia. L’aumento del 65% della spesa militare di Israele dal 2023 al 2024 – pari a 46,5 miliardi di dollari,[75] una delle più alte pro capite al mondo – ha generato un forte aumento dei loro profitti annuali.[76] Anche le aziende straniere produttrici di armi, in particolare quelle che producono munizioni e ordigni, ne traggono profitto.[77]
Sorveglianza e carcerarietà: il lato oscuro della “Start-up Nation”
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La repressione dei palestinesi è diventata progressivamente automatizzata, con le aziende tecnologiche che forniscono infrastrutture a duplice uso[78] per integrare la raccolta di dati di massa e la sorveglianza, traendo profitto dal terreno di prova unico per la tecnologia militare offerto dal territorio palestinese occupato. [79] Alimentate dai giganti tecnologici statunitensi che hanno stabilito filiali e centri di ricerca e sviluppo in Israele,[80] le rivendicazioni di Israele in materia di sicurezza hanno stimolato sviluppi senza precedenti nei servizi carcerari e di sorveglianza, dalle reti di telecamere a circuito chiuso, alla sorveglianza biometrica, alle reti di posti di blocco high-tech, ai “muri intelligenti” e alla sorveglianza con droni, fino al cloud computing, all’intelligenza artificiale e all’analisi dei dati a supporto del personale militare sul campo. [81]
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Le aziende tecnologiche israeliane spesso nascono dall’infrastruttura e dalla strategia militare,[82] come nel caso del gruppo NSO, fondato da ex membri dell’Unità 8200.[83] Il suo spyware Pegasus, progettato per la sorveglianza segreta degli smartphone, è stato utilizzato contro attivisti palestinesi[84] e concesso in licenza a livello globale per prendere di mira leader, giornalisti e difensori dei diritti umani. [85] Esportata ai sensi della legge sul controllo delle esportazioni per la difesa, la tecnologia di sorveglianza di NSO Group consente la “diplomazia dello spyware” rafforzando al contempo l’impunità dello Stato[86].
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IBM opera in Israele dal 1972, formando personale militare/di intelligence – in particolare dell’Unità 8200 – per il settore tecnologico e le start-up. [87] Dal 2019, IBM Israele gestisce e aggiorna la banca dati centrale dell’Autorità per la popolazione, l’immigrazione e le frontiere (PIBA),[88] consentendo la raccolta, l’archiviazione e l’uso governativo dei dati biometrici sui palestinesi e sostenendo il regime discriminatorio dei permessi di Israele.[89] Prima di IBM, Hewlett Packard Enterprises (HPE)[90] gestiva questa banca dati e la sua filiale israeliana continua a fornire server durante la transizione. [91] HP ha a lungo sostenuto i sistemi di apartheid israeliani, fornendo tecnologia al COGAT, al servizio penitenziario e alla polizia.[92] Da quando HP si è divisa nel 2015 in HPE e HP Inc., strutture aziendali opache hanno oscurato il ruolo delle sette filiali israeliane rimaste.[93]
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Microsoft è attiva in Israele dal 1991, dove ha sviluppato il suo più grande centro al di fuori degli Stati Uniti. [94] Le sue tecnologie sono integrate nel servizio penitenziario, nella polizia, nelle università e nelle scuole, comprese le colonie.[95] Dal 2003, Microsoft ha integrato i suoi sistemi e la sua tecnologia civile in tutto l’esercito israeliano,[96] acquisendo al contempo start-up israeliane specializzate in sicurezza informatica e sorveglianza.[97]
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Poiché i sistemi di apartheid, militari e di controllo della popolazione di Israele generano volumi crescenti di dati, la sua dipendenza dal cloud storage e dal cloud computing è aumentata. Nel 2021, Israele ha assegnato ad Alphabet Inc (Google) e Amazon.com Inc. un contratto da 1,2 miliardi di dollari (Progetto Nimbus)[98] – finanziato in gran parte dal Ministero della Difesa[99] – per fornire l’infrastruttura tecnologica di base.
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Microsoft, Alphabet e Amazon concedono a Israele un accesso praticamente a livello governativo alle loro tecnologie cloud e di intelligenza artificiale, migliorando le capacità di elaborazione dei dati, di processo decisionale e di sorveglianza/analisi. [100] Nell’ottobre 2023, quando il cloud militare interno di Israele è andato in sovraccarico,[101] Microsoft Azure e il consorzio Project Nimbus sono intervenuti con infrastrutture cloud e di intelligenza artificiale fondamentali.[102] I loro server situati in Israele garantiscono la sovranità dei dati e una protezione dalla responsabilità,[103] grazie a contratti favorevoli che offrono restrizioni o controlli minimi.[104] Nel luglio 2024, un colonnello israeliano ha descritto la tecnologia cloud come “un’arma in tutti i sensi”, citando queste aziende[105].
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L’esercito israeliano ha sviluppato sistemi di intelligenza artificiale come “Lavender”, ‘Gospel’ e “Where’s Daddy?” per elaborare dati e generare elenchi di obiettivi[106], ridefinendo la guerra moderna e illustrando la natura dual-use dell’intelligenza artificiale. Palantir Technology Inc., la cui collaborazione tecnologica con Israele risale a molto prima dell’ottobre 2023, ha ampliato il suo sostegno all’esercito israeliano dopo l’ottobre 2023.[107] Ci sono motivi ragionevoli per ritenere che Palantir abbia fornito una tecnologia di polizia predittiva automatica, un’infrastruttura di difesa fondamentale per la costruzione e l’implementazione rapida e su larga scala di software militare, e la sua piattaforma di intelligenza artificiale, che consente l’integrazione in tempo reale dei dati del campo di battaglia per un processo decisionale automatizzato. [108] Nel gennaio 2024, Palantir ha annunciato una nuova partnership strategica con Israele e ha tenuto una riunione del consiglio di amministrazione a Tel Aviv “in segno di solidarietà”;[109] nell’aprile 2025, l’amministratore delegato di Palantir ha risposto alle accuse secondo cui Palantir avrebbe ucciso dei palestinesi a Gaza affermando: “per lo più terroristi, è vero”. [110] Entrambi gli incidenti sono indicativi della consapevolezza e dell’intenzionalità a livello dirigenziale riguardo all’uso illegale della forza da parte di Israele e alla mancata prevenzione di tali atti o al ritiro del coinvolgimento. [111]
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Israele come “Start-up Nation”, incentivato dal boom globale della securitizzazione post 11 settembre, ha ricevuto un notevole impulso grazie al genocidio. Si è classificato al primo posto a livello mondiale per numero di start-up pro capite, con una crescita del 143% delle start-up nel settore della tecnologia militare nel 2024 e con la tecnologia che ha rappresentato il 64% delle esportazioni israeliane durante il genocidio.[112]
In vesti civili: macchinari pesanti al servizio della distruzione coloniale
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Le tecnologie civili sono state a lungo utilizzate come strumenti a duplice uso nell’occupazione coloniale.[113] Le operazioni militari israeliane fanno ampio ricorso alle attrezzature dei principali produttori mondiali per cacciare i palestinesi dalla loro terra,[114] demolendo case, edifici pubblici, terreni agricoli, strade e altre infrastrutture vitali. Dall’ottobre 2023, questi macchinari sono stati fondamentali per danneggiare e distruggere il 70% delle strutture e l’81% dei terreni coltivabili a Gaza.[115]
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Per decenni, Caterpillar Inc.[116] ha fornito a Israele attrezzature utilizzate per demolire case e infrastrutture palestinesi,[117] sia attraverso il programma statunitense di finanziamento militare estero[118] sia attraverso una licenza esclusiva richiesta dalla legge israeliana all’esercito.[119] In collaborazione con aziende come IAI,[120] Elbit Systems[121] e RADA Electronic Industries, di proprietà di Leonardo, [122] Israele ha trasformato il bulldozer D9 di Caterpillar in un’arma automatizzata e comandata a distanza, fondamentale per l’esercito israeliano,[123] impiegata in quasi tutte le attività militari dal 2000, per liberare le linee di incursione, “neutralizzare” il territorio e uccidere i palestinesi.[124] Dall’ottobre 2023, è stato documentato l’uso di attrezzature Caterpillar per eseguire demolizioni di massa[125] – tra cui case,[126] moschee[127] e infrastrutture di sostentamento[128] – raid negli ospedali[129] e schiacciare a morte i palestinesi.[130] Nel 2025, Caterpillar si è aggiudicata un ulteriore contratto multimilionario con Israele. [131]
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La coreana HD Hyundai[132] e la sua controllata parziale Doosan,[133] insieme alla svedese Volvo Group[134] e ad altri importanti produttori di macchinari pesanti, sono da tempo collegate alla distruzione di proprietà palestinesi, fornendo ciascuna attrezzature attraverso rivenditori israeliani con licenza esclusiva. [135] Il licenziatario di Volvo è una società elencata nella banca dati delle Nazioni Unite e suo partner commerciale nella Merkavim Transport Pty Ltd, che produce autobus blindati al servizio delle colonie.[136] Dal 2000, i macchinari Volvo sono stati utilizzati per radere al suolo aree palestinesi, tra cui Gerusalemme Est[137] e Masafer Yatta. [138] Da oltre un decennio, i macchinari HD Hyundai sono stati utilizzati per demolire case palestinesi [139] e radere al suolo terreni agricoli, compresi gli uliveti [140]. Dopo l’ottobre 2023, Israele ha aumentato l’uso delle loro attrezzature nella distruzione urbana di Gaza [141], compresa la rasatura al suolo di Rafah [142] e Jabalia [143], dopo di che l’esercito ha oscurato i loro loghi. [144]
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Queste aziende hanno continuato a rifornire il mercato israeliano nonostante le numerose prove dell’uso criminale di questi macchinari da parte di Israele e le ripetute richieste da parte dei gruppi per i diritti umani di interrompere i rapporti.[145] I fornitori passivi diventano contributori deliberati di un sistema di trasferimento forzato.
B. Sostituzione
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Poiché gli attori aziendali hanno contribuito alla distruzione della vita palestinese nei territori palestinesi occupati, hanno anche aiutato a costruire ciò che la sostituisce: colonie e relative infrastrutture, estrazione e commercio di materiali, energia e prodotti agricoli, attirando visitatori nelle colonie come se fossero una normale destinazione turistica. Dopo l’ottobre 2023, queste attività hanno sostenuto una crescita senza precedenti dell’impresa di insediamento, con le entità aziendali che continuano ad alimentare e trarre profitto dalla creazione di condizioni di vita calcolate per distruggere la popolazione palestinese, anche attraverso la chiusura quasi totale dell’approvvigionamento di acqua, elettricità e carburante.
Una casa su una terra rubata
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Sono state costruite più di 371 colonie e avamposti illegali, alimentati e commercializzati da aziende che facilitano la sostituzione della popolazione indigena nei territori palestinesi occupati da parte di Israele. [146] Nel 2024, questa situazione si è intensificata dopo che l’amministrazione delle colonie è passata dal governo militare a quello civile e il budget del Ministero dell’Edilizia e dell’Abitazione è raddoppiato, includendo 200 milioni di dollari per la costruzione di colonie. [147] Da novembre 2023 a ottobre 2024, Israele ha istituito 57 nuove colonie e avamposti, [148] con aziende israeliane e internazionali che hanno fornito macchinari, materie prime e supporto logistico.
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Gli escavatori e le attrezzature pesanti Caterpillar, HD Hyundai e Volvo sono stati utilizzati nella costruzione di colonie illegali per almeno 10 anni.[149] La tedesca Heidelberg Materials AG,[150] attraverso la sua controllata Hanson Israel, ha contribuito al saccheggio di milioni di tonnellate di roccia dolomitica dalla cava di Nahal Raba su terreni confiscati ai villaggi palestinesi in Cisgiordania. [151] Nel 2018, Hanson Israel si è aggiudicata una gara d’appalto pubblica per la fornitura di materiali provenienti da quella cava per la costruzione di colonie [152] e da allora ha quasi esaurito la cava, sollecitando continue richieste di espansione [153].
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Diverse aziende hanno contribuito allo sviluppo di strade e infrastrutture di trasporto pubblico fondamentali per la creazione e l’espansione delle colonie e per collegarle a Israele, escludendo e segregando i palestinesi. [154] La spagnola/basca Construcciones Auxiliar de Ferrocarriles[155] si è unita a un consorzio con una società elencata nella banca dati delle Nazioni Unite per mantenere ed espandere la “Linea Rossa” della metropolitana leggera di Gerusalemme e costruire la nuova “Linea Verde”,[156] in un momento in cui altre società si erano ritirate a causa delle pressioni internazionali. [157] Queste linee comprendono 27 chilometri di nuovi binari e 53 nuove stazioni in Cisgiordania, che collegano le colonie con Gerusalemme Ovest.[158] Sono stati utilizzati escavatori e macchinari Doosan e Volvo,[159] mentre la filiale di Heidelberg ha fornito i materiali per un ponte della metropolitana leggera.[160]
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Le società immobiliari vendono proprietà nelle colonie ad acquirenti israeliani e internazionali. Il gruppo immobiliare globale Keller Williams Realty LLC, attraverso il suo licenziatario israeliano KW Israel,[161] ha avuto filiali con sede nelle colonie.[162] Nel marzo 2024, Keller Williams, tramite un altro franchisee, Home in Israel,[163] ha organizzato un roadshow immobiliare negli Stati Uniti e in Canada,[164] co-sponsorizzato da diverse società che sviluppano e commercializzano migliaia di appartamenti nelle colonie.[165]
Il controllo sulle risorse naturali: l’incubatore di condizioni di vita calcolate per distruggere
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Dal 1967 Israele esercita un controllo sistematico sulle risorse naturali palestinesi, costruendo infrastrutture che integrano le sue colonie nei sistemi nazionali israeliani e rafforzano la dipendenza palestinese da esse.
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Quando il 9 ottobre 2023 il ministro della Difesa israeliano Gallant ha ordinato un “assedio totale” di Gaza, interrompendo immediatamente la fornitura di acqua, elettricità e carburante, questa dipendenza artificiale – progettata per spostare e controllare la vita – è stata messa in atto a fini di genocidio[166]. Tali forniture non sono mai state completamente ripristinate, contribuendo alla creazione deliberata di condizioni di vita calcolate per portare alla distruzione dei palestinesi come gruppo. [167] Questo è anche il motivo per cui il controllo sulle risorse in Cisgiordania, rafforzato dopo l’ottobre 2023, non può essere considerato separatamente dalla distruzione in atto a Gaza. [168]
Acqua
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Israele costringe i palestinesi ad acquistare l’acqua proveniente da due grandi falde acquifere nel loro stesso territorio, a prezzi gonfiati e con forniture intermittenti.[169] La compagnia idrica nazionale israeliana Mekorot detiene il monopolio dell’acqua nei territori palestinesi occupati.[170] A Gaza, oltre il 97% dell’acqua proveniente da una falda acquifera costiera è contaminata, rendendo i residenti dipendenti dalle condutture di Mekorot per la maggior parte del loro fabbisogno di acqua potabile. [171] Per almeno i primi sei mesi dopo l’ottobre 2023, Mekorot ha gestito le sue condutture di Gaza al 22% della capacità, lasciando aree come la città di Gaza senza acqua per il 95% del tempo,[172] contribuendo attivamente alla trasformazione dell’acqua in uno strumento di genocidio.[173]
Elettricità, gas e carburante
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Le compagnie energetiche internazionali hanno alimentato il genocidio energetico di Israele. Dipendendo dalle importazioni di carburante e carbone,[174] Israele mantiene un’infrastruttura energetica integrata che serve sia Israele che i territori palestinesi occupati, alimentando senza soluzione di continuità i coloni illegali e controllando e ostacolando l’accesso dei palestinesi.[175] La centrale elettrica di Gaza forniva solo il 17% dell’elettricità di Gaza, lasciandola fortemente dipendente dal carburante per i generatori e dalle linee di rifornimento israeliane.[Dall’ottobre 2023, Israele ha tagliato l’energia alla maggior parte di Gaza.[177] Senza elettricità o carburante, la maggior parte delle pompe dell’acqua,[178] gli ospedali[179] e i trasporti hanno raggiunto l’orlo del collasso totale;[180] gli straripamenti delle acque reflue hanno causato la ricomparsa della poliomielite;[181] gli impianti di desalinizzazione vitali sono stati costretti a chiudere.[182]
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La Drummond Company Inc. e la svizzera Glencore plc sono i principali fornitori di carbone per l’elettricità in Israele, proveniente principalmente dalla Colombia (ad es, Le rispettive sussidiarie possiedono le miniere e i tre porti che hanno consegnato 15 spedizioni di carbone a Israele dall’ottobre 2023,[184] comprese sei spedizioni dopo che la Colombia ha sospeso le esportazioni di carbone verso Israele nell’agosto 2024.[185] Glencore è stata coinvolta anche nelle spedizioni dal Sudafrica,[186] che hanno rappresentato il 15% delle importazioni di carbone israeliane nel 2023 e continueranno nel 2024.[187]
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La statunitense Chevron Corporation, in consorzio con l’israeliana NewMedEnergy (una sussidiaria del gruppo Delek, quotato nel database delle Nazioni Unite), estrae gas naturale dai giacimenti Leviathan e Tamar,[188] pagando al governo israeliano 453 milioni di dollari in royalties e tasse nel 2023.[189] Il consorzio Chevron fornisce più del 70% del consumo interno di gas naturale israeliano.[190] Chevron trae profitto anche dalla sua proprietà parziale del gasdotto East Mediterranean Gas (EMG), che passa attraverso il territorio marittimo palestinese,[191] e dalle vendite di gas all’esportazione verso Egitto e Giordania.[192] Il blocco navale di Gaza è collegato alla messa in sicurezza da parte di Israele della fornitura di gas Tamar e del gasdotto EMG.[193] In un momento di crescente brutalità, la britannica BP p.l.c. sta espandendo il coinvolgimento nell’economia israeliana, con licenze di esplorazione confermate nel marzo 2025, che consentono a BP di esplorare le distese marittime palestinesi sfruttate illegalmente da Israele.[194]
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BP e Chevron sono anche i maggiori contribuenti alle importazioni israeliane di greggio, in quanto principali proprietari rispettivamente dello strategico oleodotto azero Baku-Tbilisi-Ceyhan[195] e del Consorzio dell’oleodotto kazako del Caspio[196], nonché dei relativi giacimenti petroliferi.[Ogni conglomerato ha effettivamente fornito l’8% del greggio israeliano dall’ottobre 2023,[198] integrato dalle spedizioni di greggio dai giacimenti brasiliani, di cui Petrobras detiene la quota maggiore,[199] e dal carburante per aerei militari.[200] Il petrolio di queste compagnie rifornisce due raffinerie in Israele. Dalla raffineria di Haifa, due società quotate nel database delle Nazioni Unite riforniscono le loro stazioni di servizio in tutto Israele e nei Territori palestinesi occupati, comprese le colonie,[201] e le forze armate tramite un contratto assegnato dal governo.[202] Dalla raffineria di Ashdod, una filiale della società quotata nel database delle Nazioni Unite Paz Retail and Energy Ltd fornisce carburante per aerei all’aviazione israeliana che opera a Gaza.[203]
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Rifornendo Israele di carbone, gas, petrolio e carburante, le aziende contribuiscono alle infrastrutture civili che Israele utilizza per consolidare l’annessione permanente e che arma per la distruzione della vita dei palestinesi. La stessa infrastruttura serve l’esercito israeliano mentre annienta Gaza, compresa la rete di rifornimento delle risorse che queste aziende hanno fornito.[204] La natura apparentemente civile di tali infrastrutture non esonera un’azienda dalla responsabilità.[205]
Il commercio dei frutti dell’illegalità
Agroalimentare
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L’agrobusiness ha prosperato grazie all’estrattivismo e all’accaparramento delle terre guidato da Israele – producendo beni e tecnologie che servono agli interessi coloniali israeliani, espandendo il dominio del mercato e attirando investimenti globali – mentre cancella i sistemi alimentari palestinesi e accelera lo sfollamento.[206]
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Tnuva, il più grande conglomerato alimentare israeliano, ora di proprietà della cinese Bright Dairy & Food Co. Ltd,[207] ha alimentato e beneficiato dell’espropriazione delle terre. Il presidente di Tnuva ha riconosciuto che “l’agricoltura… in generale e l’allevamento di bestiame da latte in particolare sono una risorsa strategica e un pilastro significativo nell’impresa di insediamento”.[208] Israele ha usato i kibbutzim e gli avamposti agricoli per impadronirsi delle terre palestinesi e rimpiazzare i palestinesi.[209] Le aziende come Tnuva contribuiscono a rifornirsi di prodotti da queste colonie,[210] per poi sfruttare il mercato palestinese vincolato che ne deriva[211] per costruire una posizione dominante sul mercato.[La dipendenza dei palestinesi dall’industria lattiero-casearia israeliana è aumentata del 160% nel decennio successivo alla distruzione dell’industria lattiero-casearia di Gaza da parte di Israele, stimata in 43 milioni di dollari nel 2014.[213] Tnuva ha assorbito la perdita del mercato di Gaza,[214] non riuscendo a utilizzare la sua sostanziale influenza per influenzare la situazione.
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La Netafim, leader mondiale nella tecnologia di irrigazione a goccia, ora posseduta all’80% dalla messicana Orbia Advance Corporation,[215] ha progettato la sua agrotecnologia di concerto con gli imperativi di espansione di Israele.[216] Pur mantenendo un’immagine globale di sostenibilità,[217] la tecnologia Netafim ha permesso lo sfruttamento intensivo dell’acqua e della terra in Cisgiordania,[218] impoverendo ulteriormente le risorse naturali palestinesi, mentre veniva perfezionata in collaborazione con le aziende israeliane di tecnologia militare.[Nella Valle del Giordano, i sistemi di irrigazione Netafim hanno facilitato l’espansione delle colture israeliane, mentre i contadini palestinesi – a cui è stata negata l’acqua e con il 93% di terra non irrigata[220] – sono stati espulsi, incapaci di competere con la produzione israeliana.[221] Inoltre, tali tecniche di irrigazione minacciano di esaurire il fiume Giordano e il Mar Morto.[222]
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Aziende come Tnuva e Netafim continuano a produrre sicurezza alimentare per gli israeliani,[223] mentre il sistema alimentare a cui appartengono causa insicurezza alimentare – e persino carestia – per altri. Netafim si propone come innovatore sostenibile, mentre perfeziona tecniche secolari di sfruttamento coloniale.
Vendita al dettaglio globale
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I prodotti israeliani, compresi quelli provenienti dalle colonie, invadono i mercati globali attraverso i principali rivenditori,[224] spesso senza alcun controllo. Per schivare le crescenti reazioni, le aziende mascherano l’origine attraverso etichette ingannevoli, codici a barre e mescolanza della catena di approvvigionamento, rendendo di fatto l’occupazione pronta per gli scaffali.[225]
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Giganti della logistica globale come A.P. Moller – Maersk A/S sono parte integrante di questo ecosistema, trasportando merci provenienti da insediamenti illegali e da aziende inserite negli elenchi della banca dati delle Nazioni Unite direttamente negli Stati Uniti[226] e in altri mercati.
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In molti Paesi non si fa distinzione tra i prodotti provenienti da Israele e quelli delle sue colonie. Anche nell’UE, dove è richiesta l’etichettatura,[227] questi prodotti sono ancora ammessi sul mercato, con la responsabilità che ricade sui consumatori non informati.[228] Data l’illegalità delle colonie secondo il diritto internazionale, questi prodotti non dovrebbero essere commercializzati affatto.
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Le catene di supermercati,[229] tra cui molte elencate nel database delle Nazioni Unite, e le piattaforme di e-commerce come Amazon.com[230] operano direttamente nelle colonie, sostenendone l’economia, consentendone l’espansione e partecipando all’apartheid attraverso la fornitura di servizi discriminatori.
Turismo di occupazione
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Le principali piattaforme di viaggio online, utilizzate da milioni di persone per prenotare un alloggio, traggono profitto dall’occupazione vendendo turismo che sostiene le colonie, esclude i palestinesi, promuove la narrativa dei coloni e legittima l’annessione.
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Booking Holdings Inc. e Airbnb, Inc. affittano proprietà e camere d’albergo nelle colonie israeliane. Booking.com ha più che raddoppiato i suoi annunci – da 26 nel 2018[231] a 70 entro il maggio 2023[232] – e ha triplicato i suoi annunci a Gerusalemme Est, portandoli a 39 nell’anno successivo all’ottobre 2023.[233] Anche Airbnb ha amplificato il suo profitto coloniale, passando da 139 annunci nel 2016[234] a 350 nel 2025,[235] raccogliendo fino al 23% di commissioni.[Questi annunci sono collegati alla limitazione dell’accesso dei palestinesi alla terra e alla messa in pericolo dei villaggi vicini.[237] A Tekoa, Airbnb permette ai coloni di promuovere una “comunità calda e amorevole”,[238] sbianchettando la violenza dei coloni contro il vicino villaggio palestinese di Tuqu’.[239]
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Booking.com e Airbnb sono presenti nel database delle Nazioni Unite dal 2020. Booking.com può etichettare le proprietà come “territorio palestinese, insediamento israeliano”, ma continua a trarre profitto dalle colonie e deve affrontare denunce penali nei Paesi Bassi per riciclaggio di proventi.[240] Airbnb ha brevemente delistato le proprietà delle colonie illegali nel 2018[241] ma ha invertito la rotta sotto pressione,[242] ora donando i profitti a cause “umanitarie” e convertendo il profitto coloniale in lavaggio umanitario.[243]
C. Fattori abilitanti
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Una lista di fattori abilitanti – società finanziarie, di ricerca, legali, di consulenza, di media e di pubblicità[244] – da tempo coinvolti nel sostenere l’occupazione coloniale attraverso conoscenze, narrazioni, competenze e investimenti, hanno continuato a sostenere, a trarre profitto e a normalizzare un’economia che opera in modalità genocida. Questa sezione si concentra solo su due fattori chiave: il settore finanziario e quello accademico.
Finanziamento delle violazioni
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Il settore finanziario incanala finanziamenti fondamentali agli attori statali e aziendali che stanno dietro all’occupazione e all’apartheid di Israele, nonostante molte aziende del settore si siano impegnate a rispettare i Principi per l’investimento responsabile[245] e il Global Compact delle Nazioni Unite[246].
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In quanto principale fonte di finanziamento del bilancio statale israeliano, i buoni del tesoro hanno svolto un ruolo fondamentale nel finanziare l’assalto in corso a Gaza. Dal 2022 al 2024, il bilancio militare israeliano è cresciuto dal 4,2% all’8,3% del PIL, portando il bilancio pubblico a un deficit del 6,8%.[247] Israele ha finanziato questo bilancio in crescita aumentando le emissioni obbligazionarie, tra cui 8 miliardi di dollari nel marzo 2024[248] e 5 miliardi di dollari nel febbraio 2025,[249] oltre alle emissioni sul mercato interno dello shekel.[Alcune delle più grandi banche del mondo, tra cui BNP Paribas[251] e Barclays,[252] sono intervenute per aumentare la fiducia del mercato sottoscrivendo questi buoni del tesoro internazionali e nazionali, consentendo a Israele di contenere il premio sui tassi di interesse, nonostante il declassamento del credito.[253] Le società di gestione patrimoniale, tra cui Blackrock (68 milioni di dollari), Vanguard (546 milioni di dollari) e la filiale di Allianz PIMCO (960 milioni di dollari)[254], sono state tra gli almeno 400 investitori di 36 Paesi che li hanno acquistati.[255] Nel frattempo, la Development Corporation for Israel (DCI) (ovvero, La DCI ha triplicato le vendite annuali di obbligazioni per convogliare quasi 5 miliardi di dollari in Israele dall’ottobre 2023,[258] offrendo agli investitori la possibilità di inviare il rendimento degli investimenti obbligazionari a organizzazioni benefiche che sostengono le forze armate israeliane[259] e le colonie.[260]
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Queste entità finanziarie convogliano miliardi di dollari in buoni del tesoro e in società direttamente coinvolte nell’occupazione e nel genocidio di Israele. Blackrock (e la sua sussidiaria iShares[261]) e Vanguard sono tra i maggiori investitori istituzionali in molte società, che detengono queste azioni per distribuirle tra i loro indici di fondi comuni e fondi negoziati elettronicamente (ETF). Blackrock è il secondo maggiore investitore istituzionale in Palantir (8,6%), Microsoft (7,8%), Amazon.com (6,6%), Alphabet (6,6%) e IBM (8,6%), e il terzo in Lockheed Martin (7,2%) e Caterpillar (7,2%).Vanguard è il maggiore investitore istituzionale in Caterpillar (9,8%), Chevron (8,9%) e Palantir (9,1%), e il secondo in Lockheed Martin (9,5%).2 per cento) ed Elbit Systems (2,0 per cento).[262] Attraverso la loro gestione patrimoniale, coinvolgono università, fondi pensione e persone comuni che investono passivamente i loro risparmi attraverso l’acquisto dei loro fondi ed ETF.[263] Per le loro decisioni di investimento, queste società si basano spesso su indici di riferimento, come il FTSE All-World ex-US, il J.P. MORGAN $ EM CORP BOND UCITS e l’MSCI ACWI UCITS,[264] che sono sviluppati da società di servizi finanziari.
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Anche le compagnie assicurative globali, tra cui Allianz e AXA, investono ingenti somme in azioni e obbligazioni implicate nell’occupazione e nel genocidio, in parte come riserve di capitale per le richieste degli assicurati e per i requisiti normativi, ma soprattutto per generare rendimenti. Allianz detiene almeno 7,3 miliardi di dollari[265] e AXA, nonostante alcune decisioni di disinvestimento,[266] investe ancora almeno 4,09 miliardi di dollari[267] in società tracciate citate in questo rapporto. Le loro polizze assicurative sottoscrivono anche i rischi che altre aziende necessariamente assumono quando operano in Israele e nei Territori palestinesi occupati, consentendo così la commissione di abusi dei diritti umani[268] e “de-rischiando” il loro ambiente operativo[269].
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Anche i fondi sovrani e i fondi pensione sono finanziatori importanti. Il più grande fondo sovrano del mondo, il Fondo Pensione Governativo Norvegese Global (GPFG), sostiene di avere le “linee guida etiche più complete del mondo”.[270] Dopo l’ottobre 2023, il GPFG ha aumentato i suoi investimenti in aziende israeliane del 32%, raggiungendo 1,9 miliardi di dollari. Alla fine del 2024, la GPFG aveva 121,5 miliardi di dollari – il 6,9% del suo valore totale – investiti solo nelle società citate in questo rapporto.[271] La Caisse de Dépôt et Placement du Québec, che gestisce 473,3 miliardi di dollari australiani (328,9 miliardi di dollari)[272] nei fondi pensione di sei milioni di canadesi, ha quasi 9 miliardi di dollari australiani.6 miliardi di dollari (6,67 miliardi di dollari) investiti nelle aziende citate in questo rapporto,[273] nonostante la sua politica di investimenti etici e di diritti umani.[274] Nel periodo 2023-2024, ha quasi triplicato gli investimenti in Lockheed Martin, quadruplicato quelli in Caterpillar e decuplicato quelli in HD Hyundai.[275]
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Il settore finanziario consente inoltre alle aziende di accedere ai fondi attraverso prestiti e sottoscrizione dei debiti per poterli vendere sul mercato obbligazionario privato. Dal 2021 al 2023, BNP Paribas è stato uno dei principali finanziatori europei dell’industria bellica che rifornisce Israele, fornendo 410 milioni di dollari in prestiti a Leonardo, tra gli altri,[276] oltre a 5,2 miliardi di dollari in prestiti e sottoscrizioni per le società quotate nel database delle Nazioni Unite.[277] Analogamente, nel 2024, Barclays ha fornito 2 miliardi di dollari in prestiti e sottoscrizioni alle società quotate nel database delle Nazioni Unite,[278] 862 milioni di dollari a Lockheed Martin e 228 milioni di dollari a Leonardo.[279]
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Questi investimenti diretti sono sostenuti dalla scelta delle società di consulenza finanziaria e delle associazioni di investimento responsabile di non considerare le violazioni dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati nella loro valutazione degli investimenti ambientali, sociali e di governance (ESG).[280] Ciò consente ai fondi di investimento responsabili/etici di rimanere conformi agli ESG nonostante investano in titoli di Stato israeliani e in azioni di società coinvolte in violazioni nei Territori palestinesi occupati.[281]
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L’intero contesto ha facilitato un aumento record del 179% dei prezzi azionari equivalenti in dollari delle società quotate alla borsa di Tel Aviv dall’inizio dell’assalto a Gaza, che si traduce in un guadagno di 157,9 miliardi di dollari.[282]
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Anche le organizzazioni caritatevoli basate sulla fede sono diventate promotrici di progetti illegali, anche nei Territori palestinesi occupati, ricevendo spesso detrazioni fiscali all’estero nonostante i rigidi quadri normativi in materia di beneficenza.[283] Il Fondo Nazionale Ebraico (KKL-JNF) e le sue oltre 20 affiliate finanziano l’espansione dei coloni e i progetti legati all’esercito.[284] Dall’ottobre 2023, piattaforme come Israel Gives hanno consentito il crowdfunding deducibile dalle tasse in 32 Paesi per le unità militari israeliane e i coloni.[285] I Christian Friends of Israeli Communities, con sede negli Stati Uniti,[286] i Dutch Christians for Israel[287] e gli affiliati globali,[288] hanno inviato oltre 12,25 milioni di dollari nel 2023[289] a vari progetti che sostengono le colonie, compresi alcuni che addestrano coloni estremisti.[290]
Produzione di conoscenza e legittimazione delle violazioni
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In Israele, le università – in particolare le scuole di legge,[291] i dipartimenti di archeologia[292] e di studi mediorientali[293] – contribuiscono all’impalcatura ideologica dell’apartheid, coltivando narrazioni allineate allo Stato,[294] cancellando la storia palestinese e giustificando le pratiche di occupazione.[Nel frattempo, i dipartimenti di scienza e tecnologia fungono da centri di ricerca e sviluppo per le collaborazioni tra l’esercito israeliano e gli appaltatori di armi, tra cui Elbit Systems, IAI, IBM e Lockheed Martin, contribuendo così a produrre gli strumenti per la sorveglianza, il controllo delle folle, la guerra urbana, il riconoscimento facciale e le uccisioni mirate, strumenti che vengono effettivamente testati sui palestinesi.[296]
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Le principali università, soprattutto quelle della Minoranza Globale, collaborano con le istituzioni israeliane in settori che danneggiano direttamente i palestinesi. Al MIT, i laboratori conducono ricerche sulle armi e sulla sorveglianza finanziate dal Ministero della Difesa israeliano (IMOD) – l’unico esercito straniero che finanzia la ricerca del MIT.[297] Tra i progetti IMOD degni di nota vi sono il controllo degli sciami di droni[298] – una caratteristica distinta dell’assalto israeliano a Gaza dall’ottobre 2023 – gli algoritmi di inseguimento,[299] e la sorveglianza subacquea.[Dal 2019 al 2024, il MIT ha gestito un Lockheed Martin Seed Fund per collegare gli studenti ai team in Israele.[301] Dal 2017 al 2025, Elbit Systems ha pagato per l’adesione all’Industrial Liaison Program del MIT, consentendo l’accesso alla ricerca e al talento.[302]
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Il programma Horizon Europe della Commissione europea (CE) facilita attivamente la collaborazione con le istituzioni israeliane, comprese quelle complici dell’apartheid e del genocidio. Dal 2014, la CE ha concesso oltre 2,12 miliardi di euro (2,4 miliardi di dollari) a entità israeliane,[303] tra cui il Ministero della Difesa,[304] mentre le istituzioni accademiche europee beneficiano e rafforzano questo intreccio. L’Università tecnica di Monaco (TUM) riceve 198,5 milioni di euro (218 milioni di dollari) in finanziamenti comunitari Horizon,[305] tra cui 11,47 milioni di euro (12,6 milioni di dollari) per 22 collaborazioni con partner israeliani, aziende militari e tecnologiche.[306] La TUM e lo IAI ricevono 792.795,75 euro (868.416 dollari) per sviluppare congiuntamente il rifornimento di idrogeno verde,[307] una tecnologia rilevante per i droni militari dello IAI utilizzati a Gaza.[308] La TUM collabora con IBM Israele – che gestisce il discriminatorio registro della popolazione israeliana – su sistemi cloud e di intelligenza artificiale, nell’ambito del finanziamento Horizon di IBM Israele, pari a 7,02 milioni di euro (7,71 milioni di dollari).[309] La TUM collabora anche a un progetto da 10,76 milioni di euro (11,71 milioni di dollari) denominato “mobilità urbana senza soluzione di continuità” che include la municipalità di Gerusalemme,[310] una città che sta consolidando l’annessione attraverso il trasporto urbano. È impossibile disgiungere le competenze che i partner israeliani apportano a questi partenariati da quelle acquisite e utilizzate nelle violazioni a cui sono collegati.
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Molte università hanno mantenuto i legami con Israele nonostante l’escalation post ottobre 2023. Uno dei tanti esempi britannici,[311] l’Università di Edimburgo detiene quasi 25,5 milioni di sterline (31,72 milioni di dollari) (il 2,5% della sua dotazione) in quattro giganti tecnologici – Alphabet, Amazon, Microsoft e IBM – che sono al centro dell’apparato di sorveglianza israeliano e della distruzione di Gaza in corso.[312] Con investimenti diretti e indicizzati, è tra le istituzioni britanniche più coinvolte finanziariamente. L’Università collabora anche con aziende che aiutano le operazioni militari israeliane, tra cui Leonardo S.p.A.[313] e l’Università Ben Gurion attraverso un laboratorio di AI e Data Science,[314] condividendo ricerche che la collegano direttamente alle aggressioni contro i palestinesi.
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Questa analisi scalfisce solo la superficie delle informazioni ricevute dal Relatore speciale, che riconosce il lavoro vitale di studenti e personale nel chiedere conto alle università. Essa getta una nuova luce sulla repressione globale dei manifestanti nei campus: proteggere Israele e tutelare gli interessi finanziari delle istituzioni appare una motivazione più probabile della lotta al presunto antisemitismo.[315]
Conclusioni
Mentre la vita a Gaza viene cancellata e la Cisgiordania è sottoposta a un assalto crescente, questo rapporto mostra perché il genocidio di Israele continua: perché è redditizio per molti. Facendo luce sull’economia politica di un’occupazione trasformata in genocidio, il rapporto rivela come l’occupazione perenne sia diventata il terreno di prova ideale per i produttori di armi e le Big Tech – fornendo un’offerta e una domanda illimitate, poca supervisione e zero responsabilità – mentre gli investitori e le istituzioni pubbliche e private traggono liberamente profitto. Troppi enti aziendali influenti rimangono inestricabilmente legati finanziariamente all’apartheid e al militarismo di Israele.
Dopo l’ottobre 2023, quando il bilancio della difesa israeliana è raddoppiato e in un momento di calo della domanda, della produzione e della fiducia dei consumatori, una rete internazionale di società ha sostenuto l’economia israeliana. Blackrock e Vanguard sono tra i maggiori investitori in aziende produttrici di armi che sono il fulcro dell’arsenale genocida di Israele. Le principali banche mondiali hanno sottoscritto i buoni del tesoro israeliani, che hanno finanziato la devastazione, e i più grandi fondi sovrani e pensionistici hanno investito i risparmi pubblici e privati nell’economia genocida, il tutto affermando di rispettare le linee guida etiche.
Le aziende produttrici di armi hanno realizzato profitti quasi record dotando Israele di armi all’avanguardia che hanno cancellato una popolazione civile praticamente indifesa. I macchinari dei giganti mondiali dell’edilizia hanno contribuito a radere al suolo Gaza, impedendo il ritorno e la ricostituzione della vita dei palestinesi. I conglomerati estrattivi e minerari, pur fornendo fonti di energia civile, hanno alimentato le infrastrutture militari ed energetiche di Israele – entrambe utilizzate per creare condizioni di vita calcolate per distruggere il popolo palestinese.
E mentre il genocidio infuria, l’inesorabile processo di annessione violenta continua. L’agroalimentare continua a sostenere l’espansione dell’impresa di insediamento. Le maggiori piattaforme turistiche online continuano a normalizzare l’illegalità delle colonie israeliane. I supermercati di tutto il mondo continuano a rifornirsi di prodotti degli insediamenti israeliani. E le università di tutto il mondo, con il pretesto della neutralità della ricerca, continuano a trarre profitto da un’economia che opera ormai in modalità genocida. Anzi, sono strutturalmente dipendenti da collaborazioni e finanziamenti coloniali.
Gli affari continuano come sempre, ma nulla di questo sistema, in cui le imprese sono parte integrante, è neutrale. Il duraturo motore ideologico, politico ed economico del capitalismo razziale ha trasformato l’economia di occupazione di Israele, basata sullo sfollamento e sulla sostituzione, in un’economia di genocidio. Si tratta di una “impresa criminale congiunta”[316], in cui gli atti di uno contribuiscono in ultima analisi a un’intera economia che guida, rifornisce e rende possibile questo genocidio.
Le entità citate nel rapporto costituiscono una frazione di una struttura molto più profonda di coinvolgimento delle imprese, che traggono profitto dalle violazioni e dai crimini nei Territori palestinesi occupati e ne sono la conseguenza. Se avessero esercitato la dovuta diligenza, le entità aziendali avrebbero cessato il loro coinvolgimento con Israele molto tempo fa. Oggi, la richiesta di responsabilità è ancora più urgente: qualsiasi investimento sostiene un sistema di gravi crimini internazionali.
Gli obblighi delle imprese e dei diritti umani non possono essere isolati dall’impresa coloniale illegale di Israele nei territori palestinesi occupati, che oggi funziona come una macchina genocida, nonostante la Corte internazionale di giustizia abbia ordinato il suo completo e incondizionato smantellamento. Le relazioni aziendali con Israele devono cessare fino alla fine dell’occupazione e dell’apartheid e fino al risarcimento. Il settore aziendale, compresi i suoi dirigenti, deve essere chiamato a rispondere delle proprie azioni, come passo necessario per porre fine al genocidio e smantellare il sistema globale di capitalismo razziale che lo sostiene.
Raccomandazioni
La Relatrice speciale esorta gli Stati membri a:
(a) imporre sanzioni e un embargo totale sulle armi a Israele, compresi tutti gli accordi esistenti e i prodotti a doppio uso come la tecnologia e i macchinari civili pesanti;
(b) sospendere/impedire tutti gli accordi commerciali e le relazioni di investimento e imporre sanzioni, compreso il congelamento dei beni, a entità e individui coinvolti in attività che possono mettere in pericolo i palestinesi;
(c) imporre la responsabilità, assicurando che le entità aziendali affrontino le conseguenze legali per il loro coinvolgimento in gravi violazioni del diritto internazionale.
La Relatrice speciale esorta le entità aziendali a:
(a) cessare prontamente tutte le attività commerciali e terminare le relazioni direttamente collegate, che contribuiscono e causano le violazioni dei diritti umani e i crimini internazionali contro il popolo palestinese, in conformità con le responsabilità aziendali internazionali e con il diritto di autodeterminazione;
(b) pagare riparazioni al popolo palestinese, anche sotto forma di una tassa sulla ricchezza dell’apartheid sul modello del Sudafrica post-apartheid.
La Relatrice Speciale esorta la Corte penale internazionale e le magistrature nazionali a indagare e perseguire i dirigenti e/o le entità aziendali per il loro ruolo nella commissione di crimini internazionali e nel riciclaggio dei proventi di tali crimini.
La Relatrice Speciale esorta le Nazioni Unite a:
(a) a conformarsi al parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 2024;
(b) includere tutte le entità coinvolte nell’occupazione illegale israeliana nel database delle Nazioni Unite (accessibile sul sito web dell’OHCHR).
La Relatrice Speciale esorta i sindacati, gli avvocati, la società civile e i cittadini comuni a fare pressione per boicottare, disinvestire, imporre sanzioni, per ottenere giustizia per la Palestina e per far valere le proprie responsabilità a livello internazionale e nazionale; insieme possiamo porre fine a questi crimini indicibili.
Questo rapporto è stato redatto al culmine di una profonda e tumultuosa trasformazione. Le atrocità di cui siamo testimoni a livello globale richiedono un’urgente assunzione di responsabilità e giustizia, che richiede azioni diplomatiche, economiche e legali contro coloro che hanno mantenuto e tratto profitto da un’economia di occupazione divenuta genocida. Il futuro dipende da tutti noi.
Allegato I
Panoramica del quadro giuridico che disciplina la responsabilità legale delle entità aziendali nei Territori palestinesi occupati
1. Introduzione
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Il presente allegato illustra il quadro giuridico internazionale ampiamente applicabile al settore delle imprese coinvolte nei Territori palestinesi occupati (oPt). Ha lo scopo di fornire una guida all’interpretazione e all’applicazione dei concetti legali e dei risultati fattuali presentati nel rapporto principale. Non vuole essere un’esposizione esaustiva del diritto internazionale in questo ambito, ma presenta i principi generali della responsabilità d’impresa, in particolare quelli applicabili quando le entità aziendali[317] sono coinvolte nello sfollamento dei palestinesi dalle loro terre e nella loro sostituzione con colonie illegali, in contrasto con il diritto internazionale. Le imprese rischiano di essere ritenute responsabili di comportamenti di sfruttamento, abusivi e persino criminali. Sebbene la responsabilità delle imprese per le violazioni e la loro complicità criminale fossero certamente identificabili nei Territori palestinesi prima dell’ottobre 2023, i successivi sviluppi fattuali e legali potrebbero coinvolgere le imprese nell’occupazione illegale e nel genocidio.
2. Responsabilità delle imprese secondo il diritto internazionale
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La responsabilità delle imprese per le violazioni dei diritti umani, del diritto umanitario internazionale e dei crimini di diritto internazionale è disciplinata da strumenti giuridici a livello nazionale, regionale e internazionale.
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I Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGP) costituiscono il quadro normativo a livello internazionale per la regolamentazione della condotta delle imprese in materia di diritti umani.[318] Essi stabiliscono ciò che gli Stati e le imprese devono fare per conformarsi agli obblighi esistenti nell’ambito del diritto internazionale dei diritti umani e stanno già avendo un impatto significativo sulle leggi e sulle politiche nazionali. In effetti, gli UNGP forniscono la lente normativa attraverso la quale la condotta aziendale può essere valutata al fine di stabilire i fatti giuridicamente rilevanti nelle controversie in cui si affronta la responsabilità aziendale. Esse si preoccupano sia di prevenire gli impatti negativi sui diritti umani, sia di garantire l’adozione di misure correttive nel caso in cui la condotta di un’impresa causi, contribuisca o sia direttamente collegata a tali impatti.[319] In particolare, requisiti normativi più stringenti si applicano in contesti di conflitto, occupazione e vulnerabilità strutturale, soprattutto quando l’applicazione del diritto internazionale dei diritti umani a livello nazionale può essere debole o compromessa, rendendo necessaria una supervisione internazionale.[320]
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Altre aree del diritto internazionale stabiliscono obblighi giuridici specifici per le imprese, in particolare il diritto umanitario internazionale – che è vincolante per gli attori non statali coinvolti nei conflitti armati[321] – e il diritto penale internazionale, in base al quale individui come i dirigenti aziendali, e sempre più spesso le stesse entità aziendali, possono essere ritenuti penalmente responsabili.[322] I tribunali nazionali sono la giurisdizione principale per l’applicazione della responsabilità delle imprese per le violazioni dei diritti umani e i crimini internazionali.
2.1. Gli Stati come principali portatori di doveri
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Il diritto internazionale riconosce agli Stati il ruolo primario di garantire che le imprese non violino il diritto internazionale e rispettino i diritti umani, come parte del loro obbligo di rispettare, proteggere e adempiere ai diritti umani. Secondo il diritto internazionale dei diritti umani, confermato dagli UNGP, gli Stati possono essere ritenuti in violazione dei loro obblighi in materia di diritti umani quando non adottano misure adeguate per prevenire, indagare, punire e riparare gli abusi da parte di soggetti privati quando si verificano violazioni dei diritti umani.[323] Gli Stati hanno l’obbligo di estendere questa regolamentazione e supervisione alle operazioni delle imprese che avvengono al di fuori del loro territorio, in conformità con gli obblighi generali extraterritoriali in materia di diritti umani.[324]
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Inoltre, in base alle norme sulla responsabilità dello Stato, le violazioni dei diritti umani da parte di attori privati saranno attribuite a uno Stato quando un’entità societaria agisce su istruzioni o sotto il controllo o la direzione dello Stato, è autorizzata dalla legislazione statale a esercitare elementi dell’autorità governativa o quando lo Stato riconosce e adotta la condotta come propria.[325] Di conseguenza, gli UNGP richiedono agli Stati di adottare misure aggiuntive per proteggere contro gli abusi dei diritti umani da parte di entità societarie possedute, controllate o che ricevono un sostegno sostanziale dallo Stato.[326]
2.2. Responsabilità delle imprese
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Gli UNGP si applicano a tutte le imprese, “indipendentemente dalle loro dimensioni, dal settore, dal contesto operativo, dalla proprietà e dalla struttura”[327] La responsabilità delle imprese per le violazioni dei diritti umani e i crimini di diritto internazionale esiste indipendentemente da quella degli Stati e a prescindere dalle azioni che gli Stati intraprendono o meno per garantire il rispetto dei diritti umani. Di conseguenza, le imprese devono rispettare i diritti umani anche se lo Stato in cui operano non lo fa, e possono essere ritenute responsabili anche se hanno rispettato le leggi nazionali in cui operano.[328] In altre parole, il rispetto delle leggi nazionali non preclude e non costituisce un’eccezione alla responsabilità.
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Le entità aziendali hanno l’obbligo sia di evitare di violare la legge sui diritti umani sia di affrontare le violazioni dei diritti umani derivanti dalle proprie attività o dalle relazioni commerciali con altri. A tal fine, gli UNGP stabiliscono un “continuum di coinvolgimento” e le relative responsabilità. Questi riflettono la complessità delle strutture aziendali e delle catene del valore economico, e il fatto che la natura del coinvolgimento di un’azienda in un particolare impatto sui diritti umani può cambiare nel tempo, così che se non intraprende un’azione appropriata, potrebbe risalire la china. Le attività di un’entità aziendale e le sue relazioni possono essere viste come parte di un ecosistema, che può complessivamente (perpetrando, facilitando, consentendo e/o traendo profitto) avere un impatto negativo sui diritti umani, con conseguenti violazioni.[329]
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La responsabilità di un’entità aziendale dipende principalmente dal fatto che le sue attività o relazioni lungo la sua catena di fornitura/valore[330] rischiano, o sono di fatto:
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causando violazioni dei diritti umani[331], in quanto le sue attività sono essenziali affinché l’abuso dei diritti umani possa verificarsi[332].
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contribuendo alle violazioni attraverso le proprie attività, direttamente o tramite un’entità esterna (governo, azienda o altro). Ciò include qualsiasi attività o relazione in cui sia possibile stabilire un nesso causale tra le azioni dell’entità aziendale e la violazione che ne deriva.[333] Si riterrà che esista una causalità tra le azioni dell’entità e l’abuso che ne deriva quando essa ha facilitato o consentito l’abuso, ha creato forti incentivi per una terza parte a violare il diritto internazionale dei diritti umani o ha intrapreso attività “in parallelo con una terza parte, portando a impatti cumulativi”.[334]
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direttamente collegata alle violazioni attraverso le sue operazioni, i suoi prodotti, i suoi servizi o le sue relazioni aziendali, anche se non è necessario che essa stessa contribuisca alla violazione [335].
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Le UNGP prevedono che le entità aziendali si assicurino di non essere implicate in violazioni dei diritti umani intraprendendo una periodica due diligence sui diritti umani (HRDD) per identificare le preoccupazioni e correggere la propria condotta.[336] Inoltre, in situazioni di conflitto armato, occupazione e altri casi di violenza diffusa, ci si aspetta che le entità aziendali si impegnino in una maggiore due diligence sui diritti umani per tutto il periodo del conflitto.[337]
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Come parte di questo processo rafforzato – che è imperativo negli OPt – le entità aziendali dovrebbero porsi tre domande riguardo alle loro azioni e omissioni:
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Esiste un impatto negativo effettivo o potenziale sui diritti umani o il conflitto è collegato alle attività, ai prodotti o ai servizi dell’entità aziendale?
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In caso affermativo, le attività dell’entità aziendale aumentano il rischio di tale impatto?
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In caso affermativo, le attività dell’entità aziendale sarebbero di per sé sufficienti a provocare tale impatto?[338]
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Nel rispondere a queste domande, le entità aziendali devono tenere conto di quanto segue:
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I conflitti creeranno sempre impatti negativi sui diritti umani, pertanto un’entità aziendale che opera in un conflitto causerà sempre, contribuirà o sarà direttamente collegata agli impatti sui diritti umani;
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le attività aziendali in un’area interessata da un conflitto non possono mai essere “neutrali”; anche se un’entità aziendale non prende posizione in un conflitto, le sue attività influenzeranno inevitabilmente le dinamiche del conflitto;
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le imprese devono rispettare gli standard del diritto umanitario internazionale e l’obbligo di prevenire il genocidio, oltre ai diritti umani.[339]
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Sulla base della valutazione di cui sopra, un’entità aziendale ha particolari responsabilità legali:
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Se causa violazioni dei diritti umani (risponde “sì” a tutte e tre le domande), ha la responsabilità di cessare l’azione e di fornire rimedi e riparazioni per i danni causati[340].
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Quando contribuisce alle violazioni dei diritti umani (risponde “sì” alle domande 1 e 2, “no” alla 3), ha la responsabilità di prendere le misure necessarie per cessare o prevenire il proprio contributo alle violazioni dei diritti umani (compresa la cessazione dei rapporti), di mitigare qualsiasi impatto residuo attraverso la propria leva e di cooperare alla riparazione del danno.[341]
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Nel caso in cui sia direttamente collegata alle violazioni dei diritti umani (rispondendo “sì” solo alla domanda 1), è tenuta a utilizzare la propria influenza, anche in modo collaborativo, per prevenire o mitigare l’impatto sui diritti umani.[342] Se tale influenza dovesse rivelarsi inefficace, deve prendere in considerazione la possibilità di interrompere i rapporti.[343] Il mancato disimpegno da un contesto ad alto rischio (nonostante la dovuta diligenza) aumenterà la responsabilità dell’entità aziendale per la violazione.[344]
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Un aspetto cruciale e spesso frainteso del quadro normativo è che, nel valutare le azioni aziendali, è l’impatto materiale delle azioni aziendali sulla protezione attuale e potenziale dei diritti umani e sul contesto conflittuale stesso che conta,[345] e non il grado di diligenza esercitato o il grado di negligenza.[346] In altre parole, condurre questa due diligence non assolverà un’entità aziendale dalla responsabilità.[347] Ciò che conta è l’impatto sui diritti umani e le azioni intraprese per evitare o affrontare il rischio.
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La corretta identificazione della violazione in questione è quindi fondamentale. Ciò significa che le entità aziendali devono considerare se specifiche violazioni dei diritti umani possono anche essere costitutive di violazioni più strutturali e sistemiche del diritto internazionale.[348] Secondo gli UNGP, la gravità degli impatti sui diritti umani determinerà le loro responsabilità e l’adeguatezza delle misure adottate per prevenire, cessare e porre rimedio alle gravi violazioni.[349] Ad esempio, un’entità aziendale può contribuire alla demolizione di case e allo sfollamento forzato. Tuttavia, in un contesto di espansione degli insediamenti o di crimini più strutturali, le azioni dell’entità aziendale possono anche essere direttamente collegate al mantenimento dell’apartheid, della discriminazione razziale e del genocidio, o contribuire a tali violazioni, quando lo sfollamento forzato sistematico è una componente costitutiva di questi crimini nel loro svolgersi. Inoltre, contribuiscono intrinsecamente alla violazione del diritto all’autodeterminazione.
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Inoltre, la complessità dei processi di HRDD previsti e l’urgenza con cui le entità aziendali devono agire sono proporzionali all’entità, alla portata e all’irrimediabilità delle violazioni in atto.[350] In situazioni in cui esistono prove evidenti di violazioni dei diritti umani in corso e diffuse, l’entità aziendale deve trattare il rischio di coinvolgimento come un problema di conformità legale e, nelle circostanze più estreme, cessare le operazioni nello Stato in questione. L’HRDD rafforzato consente alle entità aziendali di anticipare l’escalation delle violazioni e di intraprendere le azioni necessarie prima che tali violazioni si concretizzino.[351] In caso contrario, il grado di coinvolgimento e la misura in cui le loro azioni saranno considerate sufficienti avranno un impatto sulla valutazione della responsabilità. Così, un’entità aziendale direttamente collegata alle demolizioni di case e che non riesce a interrompere i suoi rapporti si troverà a contribuire a quella violazione, con maggiori responsabilità.[352]
2.3. Quando la responsabilità può comportare una responsabilità penale
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L’incapacità di agire responsabilmente in linea con il diritto internazionale può coinvolgere le entità aziendali in violazioni più gravi che comportano una responsabilità penale, per l’entità aziendale e/o per i suoi dirigenti.
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Sulla base dell’eredità dei processi agli industriali di Norimberga,[353] la responsabilità delle imprese per i crimini internazionali si basa sul riconoscimento del ruolo critico che l’economia svolge in tempi di guerra e di conflitto,[354] e sul fatto che le imprese possono essere coinvolte in violazioni efferate del diritto internazionale che costituiscono un reato internazionale.
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I singoli dirigenti possono essere ritenuti penalmente responsabili per le azioni delle loro entità societarie, anche di fronte alla Corte Penale Internazionale.[355] Mentre, sempre più spesso, anche le stesse entità societarie potrebbero incorrere in responsabilità penali, come risultato della cristallizzazione emergente di principi giuridici internazionali consuetudinari.[356] Ciò include alcune giurisdizioni nazionali che attribuiscono la responsabilità penale alle società,[357] e un crescente numero di trattati che sanciscono la responsabilità penale delle persone giuridiche, il che significa che, secondo il diritto internazionale, le società possono essere penalmente responsabili per crimini specifici, tra cui il genocidio,[358] l’apartheid,[359] il finanziamento del terrorismo,[360] il crimine organizzato[361] e la corruzione.[362]
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La condotta delle società e dei loro dirigenti può comportare una responsabilità penale diretta, ma più comunemente costituisce una responsabilità di complicità o di favoreggiamento. Ciò può comportare istigazione, sostegno morale,[363] o favoreggiamento, fornendo aiuto o assistenza per o procurando i mezzi per la commissione di un crimine[364] o la creazione delle condizioni necessarie per il verificarsi di crimini di atrocità.[I tribunali internazionali hanno generalmente ritenuto che la responsabilità penale per tali forme di complicità: (a) può essere stabilita quando l’aiuto o l’assistenza ha un effetto materiale sulla commissione del crimine,[366] e (b) dipende dalla conoscenza che l’ente/dirigente ha di come i suoi servizi o le sue attività saranno utilizzati, e dall’effetto sulla commissione del crimine.[367]
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In altre parole, non è necessario dimostrare che l’entità o l’individuo avesse l’intenzione di arrecare un danno particolare; è sufficiente che, nel fornire supporto logistico, finanziario o operativo, abbia avuto conoscenza effettiva o costruttiva del fatto che gli autori principali erano impegnati in un determinato crimine[368] o, nel caso di procedimenti giudiziari dinanzi alla CPI, abbia agito “allo scopo di facilitare la commissione di tale crimine”.[Il controllo finanziario e manageriale su un’entità societaria coinvolta nel crimine è sufficiente a stabilire la base per la responsabilità penale individuale.[370] La giurisprudenza ha confermato che gli attori societari non possono evitare la responsabilità sostenendo che stavano semplicemente adempiendo a dei contratti commerciali.[371]
2.4. Meccanismi di applicazione
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Questo quadro internazionale può essere applicato attraverso una serie di meccanismi – in particolare a livello nazionale e regionale – istituiti dagli Stati per adempiere agli obblighi giuridici delineati nella Sezione 1. Per molti attori aziendali, un incentivo fondamentale a mantenere pratiche rispettose dei diritti umani è il rischio di danni alla reputazione derivanti dal coinvolgimento in violazioni dei diritti umani e crimini internazionali.
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Per molti attori aziendali, un incentivo fondamentale a sostenere pratiche rispettose dei diritti umani è il rischio di danni alla reputazione derivanti dal loro coinvolgimento in violazioni dei diritti umani e crimini internazionali. La Banca dati delle Nazioni Unite (si veda il paragrafo 3.1),[372] ad esempio, ha promosso in modo significativo la consapevolezza della responsabilità delle imprese negli oPt e ha contribuito alle decisioni di disinvestimento.
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Un esame di tutti i meccanismi legislativi e politici adottati dagli Stati esula dallo scopo di questo rapporto. In molte giurisdizioni, le violazioni aziendali delle norme di jus cogens, del diritto internazionale consuetudinario, del diritto penale internazionale e del diritto internazionale dei diritti umani sono perseguibili dai tribunali, mentre in altre le leggi penali nazionali, le leggi sugli illeciti e sulla negligenza e le leggi sui contratti forniscono utili meccanismi per le vittime. Le UNGP possono e devono essere utilizzate in modo coerente per fornire la lente normativa per valutare la condotta aziendale e stabilire i fatti giuridicamente rilevanti.
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Esempi di responsabilità delle imprese per violazioni del diritto internazionale sono: nel Regno Unito per le emissioni tossiche di una miniera di rame gestita da una filiale,[373] nei Paesi Bassi per la fornitura di gas nervino all’Iraq,[374] in Francia per i pagamenti a gruppi armati per mantenere in funzione una fabbrica di cemento[375] e in Svezia per l’uso dell’esercito per proteggere i giacimenti di petrolio in Sudan.[Negli Stati Uniti, una causa civile ai sensi dello Statuto sugli illeciti alieni, in base al quale i tribunali statunitensi possono ritenere le società americane responsabili di “violazioni del diritto delle nazioni”,[377] ha portato a un accordo con una compagnia petrolifera statunitense per la sua complicità nelle violazioni in Myanmar.[378]
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Quando un’entità aziendale trae profitto da azioni che costituiscono un crimine internazionale (ad esempio, un crimine di guerra, un genocidio, l’apartheid o un atto di aggressione), ciò può anche costituire il reato presupposto per un’infrazione ai sensi della legislazione sul riciclaggio di denaro e sui proventi del crimine esistente in molte giurisdizioni nazionali,[379] che, se provata con successo, può infettare tutti i rapporti aziendali lungo la catena di fornitura, come la fornitura di assicurazioni, servizi tecnologici, contabilità legale e servizi bancari.[380]
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Le leggi nazionali sulla due diligence in materia di diritti umani sono attualmente in vigore in diversi Stati, tra cui Francia,[381] Germania,[382] Norvegia[383] e Svizzera,[384] e si prevede che il numero aumenterà in tutti gli Stati dell’UE dopo l’adozione della Direttiva UE sulla due diligence in materia di sostenibilità delle imprese nel luglio 2024,[385] fatte salve le modifiche proposte.[Queste leggi stabiliscono meccanismi per la supervisione e l’applicazione attraverso ordini ingiuntivi e sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.[387] Spesso sono integrate da regolamenti applicabili a settori particolari, come i prodotti a doppio uso per la sorveglianza informatica,[388] il lavoro forzato[389] e le entità di rendicontazione non finanziaria.[390]
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Le Linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali sulla condotta responsabile delle imprese hanno aperto nuove opportunità di controllo.[391] Esse richiedono a tutti i 51 Stati aderenti, compreso Israele,[392] di istituire punti di contatto nazionali (NCP) per promuovere le linee guida e creare un meccanismo di reclamo non giudiziario che consenta a ONG, sindacati, individui e comunità interessate di presentare reclami sulle operazioni dirette o sulle catene di approvvigionamento delle imprese che operano in o da un Paese OCSE,[393] e di ricevere un esito mediato o una decisione finale con raccomandazioni.[394]
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Laddove non siano disponibili rimedi diretti contro le entità aziendali, è possibile ritenere gli Stati responsabili per il mancato rispetto dei loro obblighi nei confronti delle entità aziendali all’interno della loro giurisdizione.[395]
3. Applicazione del quadro ai Territori palestinesi occupati
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Nel caso dei Territori palestinesi occupati, le entità aziendali sono state informate per decenni della natura diffusa e sistematica delle violazioni dei diritti umani perpetrate. Una corretta due diligence in materia di diritti umani avrebbe identificato il rischio che le entità aziendali potessero incorrere in responsabilità per tali violazioni ben prima degli eventi catastrofici che si sono verificati a partire dall’ottobre 2023 – a maggior ragione se fossero stati seguiti i processi rafforzati richiesti.
3.1. Un contesto intrinsecamente illegale, gradualmente scoperto
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Dal 1967, i gruppi per i diritti umani palestinesi e israeliani,[396] gli organi principali delle Nazioni Unite[397] nonché gli organi del trattato ONU,[398] i relatori speciali,[399] le commissioni d’inchiesta[400] e le principali ONG internazionali – tra cui Human Rights Watch,[401] Amnesty International,[402] Save the Children[403] e Oxfam[404] – hanno sistematicamente documentato le numerose violazioni dell’occupazione israeliana, comprese le strutture economiche che la sostengono.
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Nel suo parere consultivo del 2004, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che la costruzione del Muro da parte di Israele in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, ha violato norme perentorie del diritto internazionale, tra cui il diritto all’autodeterminazione, il divieto di annessione e gli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, compreso il crimine di sfollamento forzato.[405]
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Il parere consultivo del 2004 ha gettato le basi per le risposte della società civile, come la campagna BDS[406] e le iniziative di altri attori[407] che si sono mobilitati intorno al principio che coloro che traggono profitto dall’occupazione devono essere ritenuti responsabili. In risposta alle crescenti pressioni, nonché alle valutazioni interne dei rischi e alle considerazioni strategiche, diverse aziende hanno preso provvedimenti. Alcune società hanno disinvestito – ad esempio KLP da Caterpillar,[408] Irish Strategic Investment Fund da sei aziende israeliane[409] e AXA da cinque banche israeliane e Elbit Systems[410] – o hanno ritirato le loro attività dal mercato israeliano, come Veolia,[411] CRH,[412] General Mills,[413] G4S,[414] Yokohama[415] e Pret a Manger,[416] e Ben & Jerrys continua a lottare per attuare la sua decisione di ritirare le vendite alle colonie contro gli sforzi della sua società madre Unilever.[417] Nel settore sportivo, un’intensa attività di advocacy ha portato Adidas, PUMA ed Erreà a porre fine alla sponsorizzazione dell’Associazione calcistica israeliana.[418]
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Nel 2016, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione A/HRC/RES/31/36, in base alla quale l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani ha istituito nel 2020 una banca dati (“banca dati delle Nazioni Unite”) che elenca le imprese commerciali che hanno “direttamente e indirettamente consentito, facilitato e tratto profitto dalla costruzione e dalla crescita degli insediamenti”, identificando dieci tipi specifici di attività.[Sebbene non copra l’intera gamma di attività rilevanti, il database cattura le componenti critiche della complessa matrice di entità aziendali coinvolte nello sfollamento e nella sostituzione dei palestinesi.
3.2. Un cambiamento sismico: i procedimenti giudiziari internazionali
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I recenti sviluppi giuridici riguardanti gli oPt hanno rimodellato in modo significativo la valutazione della responsabilità aziendale e della potenziale responsabilità.
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Il più significativo è il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024, che ha affrontato la legalità della presenza stessa di Israele negli oPt. La Corte ha dichiarato illegale la presenza prolungata di Israele nell’intero territorio, compreso il suo regime di colonia – composto dalla presenza militare, dagli insediamenti, dalle infrastrutture associate e dal controllo delle risorse naturali palestinesi[421] – nella sua interezza[422], sulla base di continue violazioni di due norme perentorie del diritto internazionale: il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese e il divieto di acquisizione del territorio con la forza (annessione).[La Corte ha anche riconosciuto, tra le altre, la violazione della norma inderogabile che vieta la segregazione razziale e l’apartheid[424].
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La constatazione da parte della Corte internazionale di giustizia di una violazione del divieto di uso della forza qualifica di fatto l’occupazione come un atto di aggressione.[425] Di conseguenza, qualsiasi accordo che sostenga o appoggi l’occupazione e il suo apparato associato può equivalere a una complicità in un crimine internazionale ai sensi dello Statuto di Roma.[426] Sebbene Israele, in quanto potenza occupante de facto, rimanga vincolato al diritto umanitario internazionale, l’illegalità dell’occupazione implica che tutte le azioni amministrative e militari intraprese negli oPt – dal controllo dei visti, dei permessi e degli spostamenti, all’incarcerazione e alla regolamentazione economica – manchino di un’autorità legittima ai sensi del diritto internazionale e debbano essere considerate non valide.[427]
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In secondo luogo, il riconoscimento da parte della CIG della violazione del diritto all’autodeterminazione informa a sua volta l’interpretazione di tutti i diritti umani e degli altri obblighi legali che ne derivano. Come ha affermato la Corte, il diritto all’autodeterminazione è il diritto più fondamentale ed esistenziale per tutti gli esseri umani, in quanto riguarda la capacità intrinseca di un popolo di esistere e determinarsi come popolo in un determinato territorio, libero dal controllo e dall’occupazione straniera.[428] Senza questo diritto, un popolo non è in grado di esercitare il controllo sulla propria vita e sulle proprie risorse nel territorio riconosciuto dal diritto internazionale come proprio.[429]
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Sulla base del parere consultivo della Corte internazionale di giustizia, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto a Israele di porre fine alla sua presenza illegale nei Territori palestinesi entro il 17 settembre 2025.[430] Fino a quel momento, gli Stati non devono fornire aiuti o assistenza, né avviare rapporti economici o commerciali, e devono adottare misure per prevenire relazioni commerciali o di investimento che contribuirebbero a mantenere la situazione illegale creata da Israele nei Territori palestinesi.[431] Va sottolineato che il mancato intervento degli Stati in seguito alla sentenza della Corte internazionale di giustizia non esime le entità aziendali dalle loro responsabilità ai sensi del diritto internazionale e degli UNGP.
3.3. Crimini di atrocità
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Questa situazione prolungata di illegalità e impunità, con le relative violazioni del diritto internazionale e dei crimini internazionali, ha prevedibilmente dato origine a ulteriori gravi violazioni, che equivalgono a crimini di atrocità, commessi dall’ottobre 2023. Queste hanno a loro volta fatto precipitare l’apertura da parte della Corte internazionale di giustizia e della Corte penale internazionale di procedimenti riguardanti Israele: il primo relativo al genocidio, il secondo ai crimini di guerra e ai crimini contro l’umanità.
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Il 26 gennaio 2024, a seguito del procedimento Sudafrica/Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio, la Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di prendere “tutte le misure” in suo potere per prevenire atti di genocidio contro i palestinesi,[432] e nel maggio 2024 la Corte ha ordinato a Israele di “fermare immediatamente” le operazioni militari che possono portare a condizioni di vita destinate alla distruzione.[In un procedimento separato, Nicaragua contro Germania, la CIG ha ricordato a tutti gli Stati “i loro obblighi internazionali relativi al trasferimento di armi[434] alle parti di un conflitto armato, al fine di evitare il rischio che tali armi possano essere utilizzate per violare” il diritto internazionale.[435]
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Mettendo gli Stati esplicitamente al corrente di questo rischio di genocidio, la Corte penale internazionale ha assunto l’obbligo, ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione sul genocidio, di “prevenire e punire” il genocidio, esponendo così tutti coloro che continuano ad aiutare, favorire o assistere Israele nel commettere tali atti alla potenziale responsabilità internazionale per complicità in genocidio.
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Nel novembre 2024, la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per la situazione nello Stato di Palestina per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, sulla base del fatto che vi sono ragionevoli motivi per ritenere che essi siano responsabili di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
3.4. Conseguenze per le persone giuridiche
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Gli sviluppi giuridici sopra descritti hanno ridisegnato in modo significativo la valutazione della responsabilità delle imprese e della loro potenziale responsabilità, che ora deve essere interpretata alla luce di questi ordini e delle decisioni dei tribunali internazionali.
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L’ampiezza e la gravità delle violazioni verificatesi nel corso dei decenni di occupazione militare israeliana – che ha contribuito a consolidare un regime di apartheid coloniale – avrebbero già dovuto mettere in guardia gli attori aziendali dalla responsabilità di evitare di causare, contribuire o essere direttamente collegati alle violazioni dei diritti umani in corso, e dalla possibilità di essere stati complici nella commissione di crimini internazionali, ad esempio favorendoli e agevolandoli. L’economia politica dell’occupazione israeliana illustrata nel rapporto è esemplificativa dell’intreccio di ogni sorta di attività aziendale con lo sfollamento e la sostituzione dei palestinesi nei Territori. Come minimo, ciò collega direttamente queste attività aziendali con una serie di violazioni radicate e strutturali che quasi certamente hanno già fatto scattare la responsabilità delle entità aziendali di cessare l’impegno legato ai Paesi Bassi in base agli UNGP, sulla base della loro limitata capacità di esercitare influenza per prevenire o mitigare l’impatto negativo. Tuttavia, i procedimenti della Corte internazionale di giustizia e della Corte penale internazionale, recenti e in corso, hanno eliminato ogni possibile dubbio e hanno messo le entità societarie – siano esse filiali, società madri o attori diretti e investitori – chiaramente al corrente del serio rischio di essere implicate in gravissime violazioni del diritto internazionale, comprese le violazioni dei diritti umani e i crimini internazionali, e del fatto che le loro azioni hanno contribuito o si sono rese penalmente complici di tali violazioni e crimini.
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L’occupazione illegale in corso da parte di Israele degli oPt crea una situazione insostenibile per le entità aziendali che possono semplicemente continuare a fare affari come al solito. La constatazione che l’occupazione è di per sé illegale e che potrebbero essere stati commessi crimini internazionali, tra cui il genocidio e probabilmente il crimine di aggressione, è andata ben oltre un “rischio accresciuto” di impatto negativo sui diritti umani. Il settore privato deve, nel proprio interesse, riconsiderare urgentemente ogni impegno legato all’economia di occupazione e ora di genocidio di Israele.
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Una conseguenza del parere consultivo della CIG è l’obbligo di una maggiore diligenza in materia di diritti umani da parte delle imprese, che devono ora affrontare l’illegalità fondamentale al centro dell’impresa israeliana. Non possono più limitare le loro valutazioni legali e le misure di mitigazione alle questioni relative alla condotta specifica di Israele e al fatto che alcuni diritti umani (ad es, Per esempio, l’incarcerazione di migliaia di palestinesi, sia in detenzione amministrativa che dopo essere stati condannati da tribunali militari, è illegale per mancanza di autorità legale e perché fa parte di un sistema di governo che utilizza l’incarcerazione di massa dei palestinesi come strumento di repressione sistemica e di sfollamento forzato, e non solo per l’assenza di garanzie di un giusto processo. Il Parere consultivo segnala inoltre che le entità aziendali devono riconoscere il primato del diritto all’autodeterminazione e la sua funzione interpretativa nella costruzione di tutte le altre tutele dei diritti umani.[437] Ciò significa che le politiche sui diritti umani e i quadri di riferimento ambientali, sociali e di governance (ESG) non possono continuare a trascurare il diritto all’autodeterminazione, che è saldamente radicato nella legislazione sui diritti umani,[438] riconosciuto come diritto fondamentale di tutti i popoli e prerequisito di tutti gli altri diritti.[439]
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Ciò significa anche riconoscere che qualsiasi impegno con i palestinesi e nei PTOM deve rispettare il loro diritto all’autodeterminazione. Ciò sostituisce le giustificazioni paternalistiche basate sugli obblighi fiduciari della potenza occupante ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra, e invalida le giustificazioni pretestuose delle entità aziendali, come il fatto che un investimento attraverso Israele, in quanto occupante, possa alla fine beneficiare anche i palestinesi, o che il disinvestimento avrebbe un impatto negativo sui diritti umani.[440]
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Il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia, approvato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, impone alle imprese la responsabilità prima facie di non impegnarsi e/o di ritirarsi totalmente e incondizionatamente da qualsiasi rapporto con qualsiasi componente dell’occupazione. Quando le entità aziendali ignorano questo avviso, non rispettano le loro responsabilità ai sensi degli UNGP e continuano a impegnarsi attraverso le loro attività e relazioni con Israele, la sua economia, i suoi militari e il settore privato collegato agli OPt, contribuiscono consapevolmente o causano violazioni, tra cui la negazione del diritto palestinese all’autodeterminazione, l’annessione permanente del territorio palestinese o il mantenimento dell’occupazione illegale di Israele del territorio palestinese.
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Peggio ancora, si tratta di un’economia politica che è sempre stata eliminatoria e che ora si è trasformata in modalità genocida. A conferma di ciò, le misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia e i mandati di arresto della Corte penale internazionale segnalano il rischio che le entità aziendali – e i loro dirigenti – che operano nei Paesi Bassi siano coinvolte in gravi crimini internazionali. Qualsiasi decisione di continuare a impegnarsi nell’economia israeliana è quindi presa con la consapevolezza dei crimini che potrebbero essere in corso e del fatto che potrebbero fornire sostegno materiale a Israele per continuare a commettere tali crimini.
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Le entità aziendali e i loro dirigenti possono, e di fatto devono, trovarsi responsabili civilmente o penalmente per tale condotta, oltre che per la moltitudine di altri crimini e violazioni dei diritti umani che fanno parte dell’economia dell’occupazione. Le azioni che le entità e i dirigenti fanno o non fanno in conformità con le loro responsabilità, rispetto a questi sviluppi giuridici e agli UNGP, hanno una rilevanza sostanziale per le questioni probatorie chiave che potrebbero sorgere nel corso della determinazione della loro responsabilità civile e/o penale.
Il presente rapporto è stato presentato ai servizi della conferenza per l’elaborazione dopo la scadenza, in modo da includere le informazioni più recenti.
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[269] Consider Elliot Dolan-Evans, Making War Safe for Capitalism (Bristol University Press, forthcoming 2025).
[271] www.nbim.no/en/investments/all-investments/#/ .
[272] https://www.cdpq.com/en/investments.
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[280] E.g. www.morningstar.com/company/anti-israel-bias-concerns-progress.
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[282] Bloomberg, period 12 October 2023- 22 May 2025.
[284] https://peacenow.org.il/en/following-kkl-jnf-suit-court-orders-sumarin-family-to-evacuate-their-home-in-silwan; www.haaretz.com/2005-03-13/ty-article/civil-administration-head-faces-charges-over-land-fraud/0000017f-db57-df9c-a17f-ff5f6ddc0000; www.haaretz.com/israel-news/2016-02-01/ty-article/.premium/probe-almost-all-palestinian-land-deals-for-illegal-outposts-forged/0000017f-df26-df7c-a5ff-df7e65de0000; https://register-of-charities.charitycommission.gov.uk/en/charity-search/-/charity-details/225910; https://jnf.blob.core.windows.net/images/docs/default-source/pdfs/year-in-review_2024.pdf?sfvrsn=701e626d_4 .
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[296] https://www.elbitsystems.com/blog/where-robots-go-to-play; https://in.bgu.ac.il/en/bgn/Pages/industry.aspx; https://aerospace.technion.ac.il/academia-industry-relations/; https://en.huji.ac.il/news/hebrew-university-and-technion-partner-ibm-advance-artificial-intelligence; https://americansforbgu.org/emc-ibm-and-lockheed-martin-in-silicon-wadi/ .
[297] Submission (3.1.17); https://fnl.mit.edu/may-june-2024/no-more-mit-research-for-israels-ministry-of-defense/; https://archive.org/details/mit-science-for-genocide/page/32/mode/2up, p. 32.
[298] https://vpf.mit.edu/sites/default/files/downloads/AuditReport/2023%20MIT%20Uniform%20Guida
nce%20Report.pdf, p. 164; www.cs.technion.ac.il/events/view-event.php?evid=10573; https://arxiv.org/abs/2212.03298; www.newscientist.com/article/2282656-israel-used-worlds-first-ai-guided-combat-drone-swarm-in-gaza-attacks/ .
[299] https://vpf.mit.edu/sites/default/files/downloads/AuditReport/2023%20MIT%20Uniform%20Gui
dance%20Report.pdf, p.164; https://doi.org/10.1145/2185677.2185739; https://oar.a-star.edu.sg/communities-collections/articles/19403 .
[300] https://archive.org/details/mit-science-for-genocide/page/38/mode/2up?q=pursuit+algorithms, p. 39.
[301] https://news.mit.edu/2019/lockheed-martin-mit-misti-seed-fund-0418; www.palestinechronicle.com/major-divestment-win-students-say-mit-has-cut-ties-with-lockheed-martin-fund/ .
[302] https://ilp.mit.edu/membership; www.business-humanrights.org/en/latest-news/usa-after-six-month-campaign-mit-cuts-ties-with-israeli-weapons-manufacturer-elbit-systems/ .
[303] https://dashboard.tech.ec.europa.eu/qs_digit_dashboard_mt/public/extensions/RTD_BI_public_HE
_Country_Profile/; https://dashboard.tech.ec.europa.eu/qs_digit_dashboard_mt/public/extensions/RTD_BI_public_Country_Profile/RTD_BI_public_Country_Profile.html?Country=IL; https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-10-2024-001930_EN.html;
[304] https://cordis.europa.eu/project/id/101121288;
[306] https://dashboard.tech.ec.europa.eu/qs_digit_dashboard_mt/public/sense/app/dc5f6f40-c9de-4c40-8648-015d6ff21342/sheet/3bcd6df0-d32a-4593-b4fa-0f9529c8ffb0/state/analysis; https://academiccomplicity.eu/germany/en/TUMU .
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310] https://cordis.europa.eu/project/id/101103646 .
[311] https://lsepalestine.github.io/documents/LSESUPALESTINE-Assets-in-Apartheid-2024-Web.pdf; https://bdsatucl.com/wp-content/uploads/2024/09/UCL-Investment-Report-2024-FINAL.pdf; https://kclbdsforum.wordpress.com/#:~:text=The%20report%20has%20mapped%20how,committed%20against%20the%20Palestinian%20people .
[313] https://udrc.eng.ed.ac.uk/partners .
[314] https://datasciencelab.ise.bgu.ac.il/ .
[315] Walaa Alqaisiya and Nicola Perugini, “The academic question of Palestine,” Middle East Critique, vol. 33, No. 3 (2024), pp. 299–311.
[316] International Criminal Tribunal for Rwanda, Prosecutor v Karemera et al., Case No. ICTR-98-44-T, 2 February 2012, para 62.
[317] A/HRC/59/23], para. 5
[318] United Nations, Guiding Principles on Business and Human Rights,
www.ohchr.org/sites/default/files/documents/publications/guidingprinciplesbusinesshr_en.pdf
[319] UNGP 13
[320] UNDP, Heightened Human Rights Due Diligence for Businesses in Conflicted Affect Contexts: A Guide, www.undp.org/publications/heightened-human-rights-due-diligence-business-conflict-affected-contexts-guide (“UNDP Heighened HRDD”); UNGP 7 Commentary; OECD, Guidelines for Multinational Enterprises on Responsible Business Conduct, www.oecd.org/en/publications/oecd-guidelines-for-multinational-enterprises-on-responsible-business-conduct_81f92357-en.html (“OECD Guidelines”), para. 43
[321] A/75/212 (2020), para 10
[322] See Section 2.3
[323] A/HRC/4/35/Add.1 (2007); UNGP 1-7
[324] UNGP 7 Commentary, CCPR, General Comment 31 (2004), para 10; CESCR, General Comment 24 (2017), paras. 25-37; consider CCPR/C/DEU/CO/6, para. 16
[325] Articles on Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts, Arts 5, 8, 9, 11; CESCR General Comment 24 (2017), para. 11
[326] UNGP 4
[327] UNGP 14
[328] UNGP 23; UNGP 11 Commentary; OECD Guidelines, para. 43; HR/PUB/12/02 (2012), pp. 13-14; https://ipisresearch.be/wp-content/uploads/2024/06/20240328_Due-diligence-and-corporate-accountability-in-the-arms-value-chain.pdf.
[329] UNGP 13; Submission (1.13.a)
[330] A/HRC/RES/17/4 (2011); Irene Pietropaoli, “Expert Legal Opinion: the Obligations of Third States and Corporations to Prevent and Punish Genocide”, 5 June 2024, www.alhaq.org/advocacy/23294.html, p. 38
[331] Note: the UNGPs refer to “adverse human rights impact”, this text uses “human rights violations” to reflect the context of the oPt, where violations and crimes are occurring
[332] UNGP 13, Submission (1.13.b) p. 20
[333] Rachel Davis, “The UN Guiding Principles on Business and Human Rights and Conflict-Affected Areas: State Obligations and Business Responsibilities”, Int’l Rev. Red Cross, vol. 94, No. 887, (2012), p. 973; Tara Van Ho, “Defining the Relationships: ‘Cause, Contribute, and Directly Linked to’ in the UN Guiding Principles on Business and Human Rights”, Human Rights Quarterly, vol. 43, No. 4, (November 2021), p. 634; see also Note by the Chair of the Negotiations on the 2011 Revision, Regarding the Terminology on “Directly Linked”, OECD Guidelines for Multinational Enterprises (2011 Revision), https://mneguidelines.oecd.org/global-forum/GFRBC-2014-financial-sector-document-3.pdf.
[334] Ibid
[335] Irene Pietropaoli, “Expert Legal Opinion”, p. 38.
[336] UNGP Commentary to Principles 17 and 19; Tara Van Ho, “Defining the Relationships”, p. 631, John Ruggie, Just Business: Multinational Corporations and Human Rights (2013), p. 99; Surya Deva, “Mandatory human rights due diligence laws in Europe: A mirage for rightsholders?”, Leiden Journal of International Law, vol. 36 (2023), 389.
[337] UNGP 7; UNDP Heightened HRDD Guide; A/75/212 (2020); A/HRC/17/32 (2011).
[338] UNDP Heightened HRDD Guide; p. 26.
[339] UNGP 7, 23 Commentary; UNDP Heightened HRDD, p.10; UN, Framework of Analysis for Atrocity Crimes – A tool for prevention, 2014, www.refworld.org/reference/manuals/un/2014/en/102631 (“Framework for Atrocity Crimes”); A/75/212 (2020), para. 43; www.ohchr.org/Documents/Issues/Business/OPTStatement6June2014.pdf; See also: T.L. Van Ho and M.K. Alshaleel, “The Mutual Fund Industry and the Protection of Human Rights” Human Rights Law Review, vol. 18, No. 1 (2018).
[340] OHCHR, The Corporate Responsibility to Respect Human Rights: Interpretative Guide, 2017, www.ohchr.org/sites/default/files/Documents/Publications/HR.PUB.12.2_En.pdf (“OHCHR Interpretative Guide”), p. 5; Tara Van Ho, “Defining the Relationships”.
[341] UNGP 19 Commentary, UNGP 22.
[342] UNGP 17 Commentary.
[343] UNGP 19 Commentary; OHCHR Interpretative Guide, p. 7.
[344] UNGP 19 Commentary; Tara Van Ho, “Defining the Relationships”, p. 635; OHCHR, Response to Request
from BankTrack for Advice Regarding the Application of the UN Guiding Principles on Business and Human Rights in the Context of the Banking Sector 5 (12 June 2017),
www.ohchr.org/Documents/Issues/Business/InterpretationGuidingPrinciples.pdf, p.7.
[345] John Ruggie and John Sherman, “The Concept of ‘Due Diligence’ in the UN Guiding Principles on Business and Human Rights: A Reply to Jonathan Bonnitcha and Robert McCorquodale”, The European Journal of International Law, vol. 28, No. 3 (November 2017), pp. 923-924.
[346] UNGP 18 and Commentary; Submission (1.5.b); Ruggie and Sherman, “The Concept of Due Diligence’”, p. 924. See David Bilchitz and Surya Deva, “The human rights obligations of business: a critical framework for the future” in Human Rights Obligations of Business: Beyond the Corporate Responsibility to Respect (CUP, 2013), p. 11
[347] Tara Van Ho, “Defining the Relationships”, p. 631; Surya Deva, “Mandatory human rights due diligence”, pp. 395-396.
[348] UNGP 12 Commentary, 14 Commentary
[349] UNGP 14; OECD Guidelines, p. 31; Submission 1.3
[350] A/75/212 (2020), para. 13.
[351] A/75/212 (2020), paras. 19-21; Framework for Atrocity Crimes; UNGP 17 Commentary; OECD Guidelines, paras. 50, 51.
[352] UNGP 7, 13, 17, 19, 23 Commentary.
[353] Krupp Case (United States of America v. Alfried Krupp), Judgment of 31 July 1948, in Trials of War Criminals before the Nuremberg Military Tribunals under Control Council Law No. 10, Vol. IX; I.G Farben Case (United States of America v. Carl Krauch et al.), Judgment of 30 July 1948, in Trials of War Criminals before the Nuremberg Military Tribunals under Control Council Law No. 10, Vol. VIII.
[354] Submission (1.3); Anita Ramasastry, “Corporate Complicity: From Nuremberg to Rangoon – An Examination of Forced Labor Cases and Their Impact on the Liability of Multinational Corporations” Berkeley Journal of International Law vol. 20, Issue 1, p. 91. Annika van Baar, “Transnational Holocaust Litigation and Corporate Accountability for Atrocities Beyond Nuremberg” (19 February 2019); Jonathan Kolieb, ‘Through the Looking-Glass: Nuremberg’s Confusing Legacy on Corporate Accountability under International Law’ American University International Law Review vol. 32, No. 2, (2017), p. 569, 582.
[355] Michael Kelly, Prosecuting Corporations for Genocide (OUP, 2016); Submission 1.3; A/75/212, para. 11.
[356] International Law Commision, Draft articles on Prevention and Punishment of Crimes Against Humanity, with commentaries, 2019, A/74/10, pp. 81-84, https://legal.un.org/ilc/texts/instruments/english/commentaries/7_7_2019.pdf, African Union, Protocol on Amendments to the Protocol on the Statute of the African Court of Justice and Human Rights, 27 June 2014, art. 46 (not yet in force); Special Tribunal for Lebanon, New TV S.A.L. Karma Mohamed Tashin Al Khayat, Case No. STL-14-05/PT/AP/AR126.1, Decision of 2 October 2014; U.S. v. Krauch, et. al, (the I.G. Farben Case), VIII Trials of War Criminals Before the Nuremberg Military Tribunals, iii-iv (1952); contra UN Diplomatic Conference of Plenipotentiaries on the Establishment of an International Criminal Court, Rome, 15 June-17 July 1998, Official Records, vol. III (A/CONF.183/13), art. 23, para. 6, footnote 71.
[357] E.g. Ecuador Código Orgánico Integral Penal, Registro Oficial, Suplemento, Año 1, N° 180, 10 February 2014, art. 90; www.ipinst.org/wp-content/uploads/publications/businessand_intcrime.pdf
[358] Genocide Convention, Article VI; Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide (Bosnia and Herzegovina v. Serbia and Montenegro), Judgment, I.C.J. Reports 2007, para 420; Michael Kelly, Prosecuting Corporations for Genocide.
[359] International Convention on the Suppression and Punishment of the Crime of Apartheid (1973), art I(2).
[360] International Convention for the Suppression of the Financing of Terrorism, art. 5
[361] UN Convention against Transnational Organized Crime, art. 10.
[362] UN Convention against Corruption, art. 26.
[363] International Criminal Tribunal for Yugoslavia, Prosecutor v Blaškić, Case No. IT-95-14-A, 29 April 2004, paras. 46-47.
[364] Prosecutor v. Akayesu, Case No. ICTR-96-4-T, para. 533-538; Prosecutor v. Blagojević, Case No. IT-02-60-T,, para. 777; International Criminal Tribunal for Rwanda, Prosecutor v. Kamuhanda, Case No. ICTR-95-54A-A, Judgment, 22 January 2003, para. 596.
[365] International Criminal Tribunal for Rwanda, Prosecutor v Nahimana, Barayagwiza and Ngeze, Case No. ICTR-99-52-T, Judgment, Summary, 3 December 2003, paras. 973-974.
[366] Note: the most common criminal standard requires “a substantial effect” on the commission of the crime: International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia, Prosecutor v. Tadic, Case No. IT-94-1-T, 7 May 1997, paras. 688-692; while the ICC does not set such a high standard, an “effect” is sufficient: International Criminal Court, Prosecutor v. Bemba, Case No. ICC-01/05-01/13, Trial Judgment Pursuant to Article 72 of the Statute, 19 October 2016, para. 90; International Criminal Court, Prosecutor v. Al Mahdi, Case No. ICC-01/12-01/15, Decision on the Confirmation of Charges, 24 March 2016, para. 26; See Oona A. Hathaway et al, “Aiding and Abetting in International Criminal Law”, Cornell Law Review, vol. 104, (2019), pp.1606-1609.
[367] International Criminal Tribunal for Yugoslavia, Prosecutor v Furundzija, Trial Judgment, Case No. IT-95-17/1-T, 10 December 1998, paras. 209, 235; www.icj.org/wp-content/uploads/2012/06/Vol.1-Corporate-legal-accountability-thematic-report-2008.pdf, pp. 9, 39-40; Irene Pietropaoli, “Expert Legal Opinion”, pp. 18-19; consider also the Lundin Oil Case before the Swedish District Court, https://www.business-humanrights.org/en/latest-news/lundin-petroleum-lawsuit-re-complicity-war-crimes-sudan/.
[368] Prosecutor v. Akayesu, Case No. ICTR-96-4-T, para. 541; Prosecutor v. Blagojević, Case No. IT-02-60-T, paras. 384, 777; International Criminal Tribunal for Rwanda, Prosecutor v Ntakirutimana and Ntakirutimana, Case No. ICTR-96-10-A and ICTR-96-17-A, Appeal Judgement, 13 December 2004, paras. 500-501, 551; see also in the context of state responsibility: Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide (Bosnia and Herzegovina v. Serbia and Montenegro), Judgment, I.C.J. Reports 2007, para 421; William A. Schabas, Genocide in International Law: The Crime of Crimes (CUP, 2009) p. 522.
[369] Rome Statute, Article 25(3)(c) (Emphasis added); International Criminal Court, Prosecutor v. Bemba, Case No. ICC-01/05-01/13, Trial Judgment Pursuant to Article 74 of the Statute, para. 97 (Oct. 19, 2016).
[370] International Residual Mechanism for International Criminal Tribunals, Prosecutor v Kabuga (Case No. MICT-13-38-PT, Prosecution’s Second Amended Indictment, 1 March 2021, paras. 9, 25, 30, 34.
[371] Trial of Bruno Tesch and Two Others (The Zyklon B Case) (1947) 1 Law Reports of Trials of War Criminals 93 (British Military Court, Hamburg) pp. 102.
[372] A/HRC/RES/31/36 (2016); A/HRC/RES/53/25 (2023); UN Database: www.ohchr.org/en/hr-bodies/hrc/regular-sessions/session31/database-hrc3136.
[373] Supreme Court of the United Kingdom, Vedanta Resources PLC v Lungowe [2019] UKSC 20.
[374] District Court of The Hague, Public Prosecutor v. Frans Cornelis Adrianus van Anraat, 23 December 2005, www.internationalcrimesdatabase.org/Case/178/Van-Anraat/.
[375] “Communiques de Presse: Lafarge Poursuivi Pour Financement Presume de Terrorisme” (15 November 2016). Cour de cassation, [7 September 2021] Pourvoi No. 19-87.036; www.asso-sherpa.org/lafarge-in-syria-french-supreme-court-issues-decisive-ruling-on-charges-faced-by-the-multinational.
[376] www.business-humanrights.org/en/latest-news/lundin-petroleum-lawsuit-re-complicity-war-crimes-sudan/.
[377] Alien Torts Statute, 28 US Code, para. 1350; note Supreme Court decisions in Sosa v. Alvarez-Machain; Kiobel v. Royal Dutch Petroleum; Jesner v. Arab Bank and Nestle v. Doe have severely restricted the scope of the Statute in recent years; see Federica Violi, “Navigating Corporate Accountability in International Economic Law: A Critical Overview”, (2024) in Ioannis Papadopoulos, et al., (eds), Handbook of Accountability Studies: Politics, Law, Business, Work (Elgar Publishing, forthcoming 2025).
[378] Doe v Unocal (hereafter Unocal) https://earthrights.org/case/doe-v-unocal/#timelineff69-1a905f26-f4b6, Wiwa v Royal Dutch Petroleum Co (Wiwa), Talisman, Bowoto v Chevron (Bowoto), John Does v Exxon Mobil Corp (Exxon Mobil), Rio Tinto, and Beanal v Freeport-McMoran Inc. (Beanal). 7
[379] E.g. Proceeds of Crime Act 2002 (UK)
[380] Consider World Uyghur Congress v National Crime Agency [2024] EWCA Civ 715.
[381] French Duty of Vigilance Act 2017, LOI n° 2017-399 du 27 mars 2017 relative au devoir de vigilance des sociétés mères et des entreprises donneuses d’ordre.
[382] German Act on Corporate Due Diligence Obligations in Supply Chain 2021, Gesetz über die unternehmerischen Sorgfaltspflichten in Lieferketten, 16 July 2021.
[383] Norwegian Transparency Act 2021, Act relating to enterprises’ transparency and work on fundamental human rights and decent working conditions, https://lovdata.no/dokument/NLE/lov/2021-06-18-99.
[384] Swiss Due Diligence Act 2021, Nicolas Bueno, “The Swiss Human Rights Due Diligence Legislation: Between Law and Politics”, Business and Human Rights Journal, vol. 6, No. 3 (2021), pp. 542-549.
[385] EU Corporate Sustainability Due Diligence Directive, 2024/1760, (July 2024).
[386] www.business-humanrights.org/en/latest-news/eu-ohchr-publishes-commentary-on-omnibus-proposal-warns-that-omnibus-proposal-risks-backsliding-on-csddd/.
[387] https://commission.europa.eu/business-economy-euro/doing-business-eu/sustainability-due-diligence-responsible-business/corporate-sustainability-due-diligence_en#what-are-the-obligations-for-companies; www.morganlewis.com/pubs/2024/03/the-first-french-court-rulings-on-the-duty-of-vigilanc.
[388] Regulation (EU) 2021/821
[389] Regulation (EU) 2024/301
[390] e.g. www.regjeringen.no/contentassets/9d68c55c272c41e99f0bf45d24397d8c/2022.09.05_gpfg_guidelines_observation_exclusion.pdf; www.ccc.ca/wp-content/uploads/2019/12/9.-CCC-Human-Rights-Due-Diligence-Guidelines-Defence-Security.pdf.
[391] OECD Guidelines.
[392] https://mneguidelines.oecd.org/ncps/israel.htm.
[393] https://mneguidelines.oecd.org/ncps/how-do-ncps-handle-cases.htm.
[394] UK National Contact Point, Final Statement: Lawyers for Palestinian Human Rights complaint to UK NCP about JCB, Decision, 12 November 2021; Spanish National Contact Point, Final Statement: Comité de Solidaridad de la Causa Árabe (CSCA) & a company active in the construction sector, 25 May 2022.
[395] Ralph Wilde, Legal Opinion, 1 December 2024, https://alhaqeurope.org/wp-content/uploads/2024/12/ralph_wilde_icj_opt_ao_thirdstateseu_legal_opinion.pdf, paras. 91-94.
[396] www.alhaq.org/cached_uploads/download/2025/01/14/punishing-a-nation-1736840036.pdf ; www.alhaq.org/cached_uploads/download/alhaq_files/publications/Annexation_Wall_english.pdf; https://badil.org/cached_uploads/view/2021/04/19/wp-e-11-1618822997.pdf; https://badil.org/cached_uploads/view/2021/04/19/icl-wp12-eng-1618823024.pdf; www.btselem.org/publications/fulltext/202101_this_is_apartheid.
[397] UNSC 242 (1967), 338 (1973), S/RES/2334 (2016)
[399] A/HRC/49/87 (2022); A/HRC/13/53 (2010)
[400] A/HRC/28/79 (2015); A/HRC/50/21 (2022)
[401] www.hrw.org/report/2021/04/27/threshold-crossed/israeli-authorities-and-crimes-apartheid-and-persecution
[402] www.amnesty.org/en/latest/campaigns/2022/02/israels-system-of-apartheid/; www.amnesty.org.uk/files/2018-09/3.%20Campaign%20Briefing%201%20-%20Israel%20Palestine%2050%20years%20of%20occupation.pdf?5wqeX6EBe_M50pnGGMDOt1UJj3FPvx6q=.
[403] www.un.org/unispal/wp-content/uploads/2003/07/6bb117b13425504685256ea90055c8ab_assessment.pdf; https://unispal.un.org/pdfs/GS_HumImplosion.pdf.
[404] https://oi-files-d8-prod.s3.eu-west-2.amazonaws.com/s3fs-public/file_attachments/bp104-palestinians-five-years-of-illegality_4.pdf.
[405] Legal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory, Advisory Opinion, 9 July 2004, I.C.J. Reports 2004, paras. 120-123; 163(3)(D)
[406] https://bdsmovement.net/BNC.
[407] www.whoprofits.org/; https://afsc.org/; https://dontbuyintooccupation.org/; https://act.progressive.international/watermelon/
[408] www.klp.no/en/corporate-responsibility-and-responsible-investments/exclusion-and-dialogue/exclude-caterpillar-inc.pdf.
[409] www.gov.ie/en/department-of-finance/press-releases/minister-mcgrath-notes-ntma-confirmation-of-divestment-from-certain-investments-in-the-occupied-palestinian-territory/.
[410] https://hwkvufmtfxjkrhbrfqkj.supabase.co/storage/v1/object/public/PUB/AXA_investments_Israeli_banks_report.pdf
[411] www.middleeastmonitor.com/20150829-veolia-completes-withdrawal-from-israel-in-victory-for-bds-campaign/
[412] www.crh.com/media/1062/dev-strat-update-07012016_2.pdf.
[413] www.generalmills.com/news/stories/an-update-on-general-mills-joint-venture-in-israel
[414] https://mayafiles.tase.co.il/RHtm/1524001-1525000/H1524391.htm; www.g4s.com/news-and-insights/news/2017/06/29/sale-of-g4s-secure-solutions-israel-ltd; www.g4s.com/news-and-insights/news/2016/05/23/statement-regarding-the-sale-of-g4s-israel
[415] www.y-yokohama.com/release/pdf/2024111414mg004.pdf
[416] www.reuters.com/business/retail-consumer/british-sandwich-chain-pret-abandons-plan-open-israel-2024-06-03/
[417] www.unilever.com/news/press-and-media/press-releases/2021/unilever-statement-on-ben-and-jerrys-decision/; www.nbcnews.com/business/business-news/ben-jerry-s-withdraws-sales-israeli-settlements-clashes-parent-company-n1274403; https://fortune.com/europe/2025/03/19/unilever-oppressiveness-ben-jerrys-ceo-sacked-social-mission/; www.timesofisrael.com/ben-jerrys-founder-said-looking-to-buy-back-company-from-unilever-amid-israel-spat/
[418] www.bdsmovement.net/news/israel-football-association-loses-yet-another-sponsor
[419] A/HRC/22/63 (2013) para. 96; A/HRC/RES/31/36 (2016); A/HRC/43/71 (2020).
[420] www.ohchr.org/sites/default/files/documents/hrbodies/hrcouncil/sessions-regular/session31/database-hrc3136/23-06-30-Update-israeli-settlement-opt-database-hrc3136.pdf para. 14.
[421] Legal Consequences Arising from the Policies and Practices of Israel in the Occupied Palestinian Territory, including East Jerusalem, Advisory Opinion, 19 July 2024, I.C.J. Reports 2024, para. 111.
[422] Ibid., paras. 155 and 261–264.
[423] Ibid., paras. 173, 179 and 252.
[424] Ibid., paras. 223-229.
[425] Ibid., paras. 252-258.
[426] Rome Statute, Article 8 bis; A/77/356, para. 22.
[427] Ralph Wilde, Legal Opinion, para 45.
[428] Legal Consequences Arising from the Policies and Practices of Israel in the Occupied Palestinian Territory, including East Jerusalem, Advisory Opinion, 19 July 2024, I.C.J. Reports 202, paras. 230-233; A/77/356 paras. 16-18.
[429] A/77/356 (2022) para. 237.
[430] A/RES/ES-10/24 (2024), para. 2.
[431] Legal Consequences Arising from the Policies and Practices of Israel in the Occupied Palestinian Territory, including East Jerusalem, Advisory Opinion, 19 July 2024, I.C.J. Reports 202, paras. 278-279.
[432] Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide in the Gaza Strip (South Africa v. Israel), Order, 26 January 2024, I.C.J. Reports 2024, para. 86(1)
[433] Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide in the Gaza Strip (South Africa v. Israel), Request for the Modification of the Order of 28 March 2024, Order, 24 May 2024, I.C.J. Reports 2024, paras. 29, 57(2)(a).
[434] www.un.org/unispal/document/arms-transfers-un-experts-20jun24/
[435] Alleged Breaches of Certain International Obligations in Respect of the Occupied Palestinian Territory (Nicaragua v. Germany), Order, 30 April 2024, I.C.J. Reports 2024, paras. 22–24; Legal Consequences Arising from the Policies and Practices of Israel in the Occupied Palestinian Territory, including East Jerusalem, Advisory Opinion, 19 July 2024, I.C.J. Reports 202, para. 285(7).
[436] Ralph Wilde, Legal Opinion, paras. 51-52.
[437] CCPR/C/70/D/547/1993, para. 9.2; CCPR/C/124/D/2950/2017, paras. 9.9-9.11; CCPR/C/124/D/2668/2015, paras. 1.4, 2.4, 6.11
[438] Common Article 1 of both the International Covenant on Civil and Political Rights (ICCPR) and the International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights (ICESCR).
[439] A/RES/637(VII); CCPR General Comment No. 12 (1984) para. 1.
[440] UNGP Commentary to 19; Tyler Mcreary, “Historicising the encounter between state, corporate and indigenous authorities on Gitxsan lands” Windsor Yearbook of Access to Justice, vol. 33, No. 3, (May 2016), p. 18.
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."