Di Abu Sara
Venerdì, giorno delle manifestazioni. Proviamo ad andare a Kafr Qaddum. Diana, la nostra palestinese di Tulkarem, suggerisce di cercare un service per Qalqylia, che ci potrebbe lasciare al bivio di Al-Funduq. Prima c’è un taxi, che ne carica tre, il taxista è con la moglie e andrebbe a casa, cercando di guadagnare qualcosa sulla via del ritorno. Ma poi c’è un service con i suoi sette passeggeri, e niente altro per un po’. Allora penso e propongo a V. il mio compagno, perché non cambiamo e andiamo a Beita, per andarci è più facile. Così poi copriamo due manifestazioni. Verrà fuori che il taxista e signora sono di un paesino vicino a Kafr Qaddum, li accompagneranno su, poi lui andrà a prenderli dopo la manifestazione, mentre la moglie avrà preparato la maqluba a cui li invitano. Insomma, prima la solita scarica di lacrimogeni, ma poi un ritrovo in famiglia!

Intanto V. e io troviamo subito il service per Nablus e scendiamo al bivio di Beita. Passando abbiamo visto che alla rotonda di Zaatara c’era un discreto gruppo di israeliani, quelli con i cartelli “l’occupazione uccide”, “paalestinian lives matter”e qualcuno dopo salirà a Beita. Incrociamo i soliti soldati di guardia, poi i magazzini con i muletti che corrono, poi una macchina si ferma e chiede se andiamo “al jebel”, sulla montagna, che è dove partono le manifestazioni, e ci porta. Oggi mi pare che si raccoglie un numero notevole di persone a pregare, molto più del solito. Così ricordo che un paio di settimane fa c’è stata una invasione di Beita, i soldati che eseguivano un violento raid nella città, alla ricerca di un presunto colpevole di un attacco contro i coloni a Huwwara. E il discorso prima della preghiera è tutto incentrato sull’occupazione e la resistenza. È vero che pochi scendono incontro ai soldati, però anche solo la preghiera sul “jebel” è un segnale di resistenza. I soldati non hanno voglia di scendere, ancora meno dell’ultima volta, fa veramente caldo. Un fuoco di copertoni, dopo avere aggirato la collina, per mandare il fumo verso i soldati, ma loro niente, sono comparsi in tenuta anti sommossa con anche gli scudi, ma non hanno tirato neanche un lacrimogeno.
Il ritorno…. uno strano taxista probabilmente gay che fa il filo a V.
Viene qualche dubbio se dargli confidenza. Abed ci dice di diffidare dei taxisti, tra loro si nascondono tante spie. E poi il gay: non è vietato, non è una colpa, ma è un fatto che ti emargina molto. Se poi gli israeliani sono riusciti ad avere qualche foto compromettente, diventi facilmente ricattabile, e allora è ancora più facile fare la spia.
Sabato invece a Nablus, devo incontrare Wael e Ghassan. Di sabato corrono da una riunione all’altra. Si parla di una sessantina di volontari per le olive. Devo anche consegnare dei soldi raccolti in Italia per le famiglie di Duma. È il paese della famiglia Dawabshe, quelli dell’attacco incendiario da cui si è salvato solo un bambino. Un’altra famiglia ha avuto distrutto la stalla e uccise le mucche. Questi soldi servono a farli ricominciare.
Qui il peggio è a Gaza, dove i ragazzi continuano a manifestare per Gerusalemme e per la loro libertà. Bruciano copertoni, fanno scoppiare bombe lungo il recinto, lanciano palloni incendiari oltre il confine. Ma i soldati sparano, ieri c’erano una trentina di feriti civili.
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…