Articolo pubblicato originariamente su Electronic Intifada e tradotto dall’inglese dalla redazione di Bocche Scucite
di Badia Dwaik

LE FORZE ISRAELIANE CHIUDONO L’INGRESSO NORD DELLA CITTÀ PALESTINESE DI HEBRON, IN CISGIORDANIA, L’8 OTTOBRE 2023. (FOTO: MAMOUN WAZWAZ/APA IMAGES)
Mentre a Gaza continua la guerra genocida portata avanti dallo stato coloniale israeliano e supportata dalle armi americane più avanzate e dalla complicità dell’Occidente, in Cisgiordania l’occupazione israeliana ci tiene completamente sotto assedio.
L’occupazione ha chiuso le uscite e le entrate di tutte le città della Cisgiordania e ha eretto altre barriere e frapposto altri cubi di cemento per bloccare e porre fine al movimento da una città all’altra, isolando anche i villaggi alle città limitrofe. A Hebron, dove mi trovo, sono stati aggiunti altri tre posti di blocco all’ingresso nord della città. Nessuno sa quando è possibile viaggiare e spostarsi: i posti di blocco vengono aperti e chiusi senza preavviso.
Ciò influisce anche sulla circolazione dei beni e delle merci tra le varie città della Cisgiordania, causando così un conseguente aumento significativo del costo di tutti i prodotti alimentari.
Imad Abu Shamsiya, uno dei residenti palestinesi che vive vicino all’insediamento di Tel Rumeida, nel centro di Hebron, afferma che le nostre condizioni sono diventate molto difficili e pericolose:
Da sabato scorso, 7 ottobre, non possiamo uscire di casa se non per pochissime ore, e non sappiamo se l’ingresso o l’uscita siano consentiti perché non c’è un avviso generale. Improvvisamente, oggi, sabato, il posto di blocco è stato aperto solo per mezz’ora, e cosa possiamo fare in mezz’ora? Inoltre, ho ricevuto messaggi minatori contro la mia persona perché nel 2016 avevo filmato la deliberata uccisione a sangue freddo di un giovane palestinese da parte di un soldato israeliano: tuttora mi minacciano di morte.
La situazione è diventata catastrofica per le famiglie che vivono nel cuore di Hebron, assediato e chiuso da molti anni da ordini militari israeliani: sono stati trasformati in ostaggi all’interno delle loro stesse case.
L’area di Tel Rumeida è un noto punto nevralgico per i ripetuti attacchi dei soldati e dei coloni israeliani contro le famiglie palestinesi che vi abitano. È qui che si trova Shuhada Street, la strada che un tempo era arteria centrale di collegamento tra la zona a nord di Hebron e la zona meridionale, strada oggi completamente preclusa ai palestinesi: è divenuta emblema della politica israeliana di apartheid.
Haj Mufid Al-Sharbati e suo fratello vivono con le loro famiglie lì, proprio di fronte all’insediamento ebraico di Beit Hadassah. Confermano che la situazione non è solo difficile, ma anche terrificante. Haj Mufid mi racconta che è a loro vietato lasciare la casa e che possono uscire solo per poco tempo e solo quando hanno il permesso di farlo. Sabato, quando hanno avuto il permesso di uscire, il figlio e il genero di Al-Sharbati sono stati attaccati. “Mentre ci dirigevano a Tel Rumeida, le nostre vite erano in costante pericolo e nessuno ci proteggeva” mi racconta.
Aref Jaber, che vive nel quartiere di Jaber, vicino al più grande insediamento israeliano della zona, Kiryat Arba, mi racconta: “Viviamo una vita in cui ci è vietato muoverci, e nessuno esce di casa se non per estrema necessità”. Kayed, un altro residente del quartiere Jaber, mi ha detto che la sua famiglia non esce di casa da sabato scorso. “Non abbiamo visto le istituzioni internazionali come la Croce Rossa che di solito ci fanno visita”, mi ha spiegato, “e mio fratello Ayman ha bisogno di massaggi fisioterapici perché ha avuto un ictus”.
Jamal Abu Saifan, che vive anch’egli vicino alla colonia di Kiryat Arba, mi racconta che la sua famiglia vive in condizioni molto difficili e non può uscire di casa a causa della chiusura totale dell’area. Da sabato scorso hanno avuto il permesso di uscire solo una volta, per un tempo limitato. Mi ha anche detto di avere parenti a Gaza, uccisi e divenuti martiri a causa dei bombardamenti – la famiglia di Abu Saifan è infatti tra le famiglie rese rifugiate nel 1948, con l’occupazione della Palestina storica. Attualmente la sua famiglia è sparsa in diverse aree della Palestina, compresa la Striscia di Gaza.
Umm, Muhammad Salaymeh, la cui famiglia vive nel quartiere di Al-Salaymeh, vicino alla Moschea di Abramo, dove uno dei suoi figli è stato ferito a causa dei recenti eventi legati all’aggressione contro Gaza, afferma che la situazione è difficile e che nessuno può muoversi dalle proprie case: “I posti di blocco militari sono tutti chiusi, e mio figlio ha bisogno di vedere un medico, e non possiamo uscire di casa anche se mio figlio urla di dolore”.
Di recente ho cercato di portare alcuni giornalisti stranieri a visitare le famiglie di Tel Rumeida e Shuhada Street. I soldati dell’occupazione non hanno permesso loro di entrare nel checkpoint militare di Shuhada Street e hanno puntato le armi, minacciando di sparare se non avessero lasciato il posto. Anche il posto di blocco vicino a casa mia, sopra Tel Rumeida, era chiuso e i soldati dell’occupazione israeliana di guardia al checkpoint ci hanno intimato di andar via.
Alla fine i giornalisti sono ripartiti alla volta di Gerusalemme ma i soldati dell’occupazione israeliana avevano chiuso uno dei cancelli appena eretti tra Hebron e la città di Halhul: era inevitabile tornare a Hebron per trascorrere la notte.
I giornalisti erano sorpresi dal fatto che il nuovo cancello, trovato aperto pochi minuti prima, fosse in quel momento chiuso e li costringesse a trovare e percorrere una via alternativa per tornare a Hebron. “L’occupazione ha chiuso tutte le strade abituali” ho detto loro “e ha creato almeno tre nuovi posti di blocco. Tutte le città palestinesi sono state trasformate in prigioni e gabbie, isolate le une dalle altre. Siamo sotto assedio”.
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."