La voce della Chiesa, testimonanza del Pellegrinaggio nazionale in Terra Santa

Dalle testimonianze durante il Pellegrinaggio nazionale in Terra santa.
Taybeh, Territori Palestinesi Occupati, 15 Giugno 2024
LA VOCE DELLA CHIESA
Meeting con il patriarca emerito di Gerusalemme MICHEL SABBAH

ABITUATI AL MASSACRO. Prima di tutto, non diciamo più che a Gaza c’è “una guerra”. Passano i mesi e il mondo si accorge ma tace, si sta abituando al massacro perché ha la memoria corta e nessuno ricorda quante volte negli anni passati, questa terra di Palestina aveva già subito le violenze più inenarrabili. Non solo le persone, non solo l’intero popolo palestinese sono stati massacrati una volta, due volte, tre volte, infinite volte ormai: i luoghi stessi, tutti i villaggi e le città di Gaza, sono stati devastati e massacrati. Il mondo si è abituato all’uccisione di migliaia di palestinesi, perché la verità è che non valgono come gli altri esseri umani… Le parole diventano importanti di fronte alla realtà perché quello che accade non è una calamità e neanche solo un massacro, ma un genocidio. La conta del numero di morti -chi lo sa esattamente quanti sono?- aumenta con delle cifre mai udite in pochi mesi di conflitto: 38.000.

OSTAGGI E PRIGIONIERI. Dobbiamo avere il coraggio di dire ciò che nessuno sembra volere o poter dire: tutti parlano giustamente del numero di ostaggi israeliani catturati da Hamas ma nessuno riporta il numero, le storie o i volti dei palestinesi che sono stati fatti prigionieri da Israele dopo il 7 Ottobre. Già prima erano circa 15mila ma adesso il numero è quasi raddoppiato. Anche loro hanno dei genitori che espongono tutti i giorni le loro fotografie in piazza ma quando viene ucciso un israeliano se ne parla con grande eco, mentre se mille palestinesi vengono uccisi o fatti prigionieri, non se ne parla nei media, come fosse normale. Su questo la coscienza dell’umanità dovrebbe fare un esame di coscienza.

CON I VOSTRI OCCHI AVETE VISTO, arrivando qui con il pullman, quante colonie si allargano rubando le nostre terre. E anche nel nostro piccolo villaggio di Taybeh, [nel centro della Cisgiordania] scendono questi coloni per aggredire e fare violenza, distruggere le nostre proprietà e seminare odio.

UNA QUESTIONE COMPLESSA? Voi siete venuti per esprimere la vostra solidarietà con la persona umana che vive in Terra santa, che è sia israeliana che palestinese. Vi chiedete come possono essere amate tutte e come possono vivere insieme invece di ammazzarsi. E’ importante annunciare che la riconciliazione non è solo una questione complessa ma anche un problema relativamente semplice: diventa complesso solo perché non c’è la volontà di realizzare una pace giusta.

LA QUESTIONE E’ SEMPLICE: VOGLIAMO ESISTERE. Noi palestinesi non veniamo da altrove e di generazione in generazione abitiamo la nostra terra. Sulla nostra terra chiediamo solo di poter vivere liberi in uno stato indipendente soltanto sul 22 % di tutta la Palestina. Ma ci viene detto: voi non avete il diritto di esistere. La nostra colpa è di esistere. Ma allora, se le cose stanno così, la pace non è solo difficile ma impossibile. I capi del mondo sanno bene quale sarebbe la soluzione più giusta ma non hanno il coraggio di dirlo ad Israele. Gli Stati Uniti sono più deboli di Israele e l’Europa è più debole di Israele. Sarebbe semplice dire ad Israele: avete il diritto di esistere ma non potete farlo distruggendo il popolo palestinese.

NIENTE SARA’ PIU’ COME PRIMA. Dopo questa immane tragedia di Gaza. Dopo questo genocidio non si può guardare a Gaza come era prima del 7 Ottobre. Sarà necessaria una soluzione nuova, per tutto il conflitto israelo-palestinese: Israele sicura nel suo stato e la Palestina sicura nel suo stato indipendente. Credo che stiano pensando ad un piano di questo genere ma il problema è se Israele lo accetterà. Noi palestinesi accetteremo certamente, visto che è da sempre che aspettiamo qualcuno che riconosca che esistiamo, come popolo e nazione.

NON SOLO A GAZA C’E’ GUERRA: Jenin, Nablus, Tulkarem, Gerusalemme, sono grandi città dove Israele sta arrestando e colpendo attraverso i coloni. In tutta la Palestina i villaggi e le città si teme la violenza dei coloni che, protetti dall’esercito, aggrediscono, demoliscono, ammazzano o fanno prigionieri.

ANCHE QUI C’E’ GUERRA. Adesso che siete arrivati fino a Taybeh attraversando la Cisgiordania, avete capito che anche nei Territori Occupati c’è la guerra e quando tornate in Italia ditelo che anche qui l’esercito e i coloni ammazzano e demoliscono. Senz’altro il parroco, che avete appena incontrato, ve l’avrà detto: qui non c’è solo una guerra ma un massacro fratricida, con violenze che subiamo ogni giorno nelle nostre terre, nelle case, nelle città e nei campi profughi.

TUTTO IL MONDO APPOGGIA ISRAELE e questa guerra è mondiale. Gli interessi dei grandi li portano a sostenere Israele, a ripetere che ha il diritto di esistere, ed è giusto. Ma non può certo farlo a spese di un altro popolo. Per salvare lo stesso Israele ci vogliono degli amici di Israele coraggiosi che gli dicano: solo rispettando e riconoscendo al tuo fianco il popolo palestinese, vivrai sicuro, salverai te stesso.

SONO NATO NELL’UNICA PALESTINA. Io sono nato nel 1933 e c’era il Mandato britannico. Tutti gli abitanti, musulmani, ebrei, cristiani, si ritenevano palestinesi, tutti con lo stesso passaporto britannico scritto in tre lingue: inglese, arabo ed ebraico e il Paese si chiamava per tutti Palestina. Nel 1948 avevo quindici anni ed ora vedo ancora la stessa guerra, durata cento anni.

L’ULTIMA PAROLA SARA’ DI DIO. Io credo in Dio. Lo ripeto oggi, malgrado tutto il male che ci stiamo facendo. Malgrado il genocidio e tutte le vessazioni compiute da anni e anche in questi giorni, nei nostri villaggi e città. Io credo che Dio è buono, giusto e forte e l’ultima parola sarà la sua. Noi viviamo aspettando il giorno in cui Dio dirà l’ultima parola. Noi che abitiamo questa terra sappiamo che lui ha voluto insegnarci a vivere nella pace mentre quello che facciamo è esattamente il contrario.

DIO CI VUOLE QUI E NON ALTROVE. La vita è diventata insopportabile perché troppo è durata questa ingiustizia. Noi viviamo sotto occupazione e con tutte le difficoltà del presente. Sentiamo anche la morte imminente ma tuttavia viviamo nella speranza. Perché siamo certi che domani cambierà. Dio è giusto e lui avrà l’ultima parola. Lui ci vuole qui e non altrove. Noi semplicemente viviamo dove Dio ci ha chiamati a vivere, qualunque cosa accada.

DIO E’ QUI COME E’ A GAZA. Per la nostra fede siamo certi che Dio è presente e per questo continuiamo a credere, a sperare e ad amare. Vogliamo amare tutti, certi che l’ultima parola sarà l’amore.

CONTINUIAMO AD AMARE TUTTI. Noi siamo in attesa che Dio pronunci la sua parola di verità su quanto sta accadendo. Dio ci vuole qui, come cristiani e come palestinesi. Nella nostra casa. Noi continuiamo ad amare tutti, israeliani, ebrei, tutti quelli che vivono accanto a noi. Viviamo già insieme e dobbiamo smetterla di farci la guerra per riconoscerci tutti fratelli, uguali e con gli stessi diritti. Noi palestinesi continuiamo a subire questa oppressione ma siamo certi che l’ultima parola sarà l’amore.

INSIEME NELLA STESSA TERRA. Già oggi in Israele siamo in migliaia a vivere insieme, diversi per la fede cristiana o ebraica ma con il desiderio di vivere insieme, nelle stesse città e villaggi. Perché questa è la terra della Redenzione di Dio. Purtroppo dei due popoli l’uno è più forte e opprime, l’altro è più debole e viene oppresso. Ma Dio ha voluto benedire questa terra e un giorno avremo finalmente imparato a vivere insieme.

IL DOVERE DI NON TACERE. Ora che siete nei Territori Occupati avete uno sguardo diverso e vedendo da qui quanto stanno subendo i palestinesi, vi chiederete: ma quando verranno riconosciuti i diritti umani ai palestinesi? Come si fa a dire ad un popolo: tu non sei un popolo, non hai diritto di esistere? E quando il mondo riconoscerà l’esistenza dei palestinesi? Ricordiamoci tutti che ogni persona, ovunque sia, ha il dovere di non tacere.

Michel Sabbah, patriarca emerito di Gerusalemme

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