di Solveig Cogliani
Col pensiero rivolto all’artista Mohammed Alhaj, con il quale è nato il progetto “the human bridge”, in attesa di continuare a lavorare insieme.
È esperienza comune sentire questa domanda: cosa è l’arte?
Con la conseguente serie di risposte: è un linguaggio, una modalità di comunicazione (più modalità), un complesso di regole e esperienze, l’espressione della creatività, uno spazio estetico, ciò che ci avvicina a Dio, la mediazione tra anima e corpo, e così via.
A mio modo di vedere l’arte è un luogo. È uno spazio per così dire ‘eterotopico’, prendendo in prestito il termine del filosofo francese Michel Foucault, assolutamente differente da tutti gli altri spazi sociali, dove questi ultimi vengono «al contempo rappresentati, contestati, rovesciati».
Non che ci possa spaventare più, a fronte dell’evoluzione tecnologica e della nascita del metaverso, il fatto che un luogo non sia perfettamente coincidente con uno spazio fisico. Ciò risulta assolutamente irrilevante ai fini dell’esistenza, della realtà e della percezione di esso.
Essa è una città, la cui caratteristica distintiva è la libertà e la sua pertinenza all’umanità.
In sintesi, l’Arte è la città libera dell’umanità.
Una città costruita per stabilire relazioni, per connettere coloro che si riconoscono come appartenenti al genere umano, che ha regole proprie e strade diverse da quelle delle ordinarie città alle quali comunemente ci riferiamo. Le sue arterie principali sono la libertà e l’autenticità. Le sue strade sono destinate ad essere raggi all’infinito per l’esplorazione dell’oltre.
In questo, essa si distingue chiaramente da ogni forma di puro intra-(t)tenimento. Essa non trattiene, ma ha forza espansiva e tendente all’elevazione e alla crescita dell’essere umano.
I suoi abitanti usano forme, colori, simboli, immagini e movimenti, palesandoli nella realtà fisica, che aprono la porta a elementi non cognitivi e non discorsivi, rendendo manifesta l’immaginazione, in modo libero dagli standards della società (Edward J. Eberle, “Art as speech”, University of Pennsylvania Journal of Law & Social Change, Vol. 11, No. 1, 2007-2008).
Per questo, in essa non abita la costrizione.
L’arte supera persino gli schemi della censura e della comune morale, risultando un filo su cui si srotola il cammino umano.
I suoi abitanti parlano linguaggi diversi, nascono da culture diverse, pregano il proprio dio con nomi differenti, eppure partecipano dell’esigenza di esprimere liberamente il proprio pensiero, la percezione del mondo che vivono, la stratificazione della propria umanità, che li si tramanda come tratto del tutto distintivo rispetto al mondo animale, vegetale e minerale.
Per questo in essa non abita la ferocia, pur potendo esservi rappresentata.
All’arte la comunità internazionale ha riconosciuto la finalità di promuovere un futuro migliore rispetto a ciò che esiste e di riguardare l’umanità, la dignità, l’identità e il pieno sviluppo della persona umana, parimenti al diritto internazionale dei diritti umani (European Union Agency for Fundamental Human Rights (FRA), “Exploring connections between art and human rights”, Report of a High-Level Expert meeting, Vienna, 29 – 30 maggio 2017).
L’arte viene considerata esplicitamente dall’articolo 19 del Patto Internazionale sui diritti civili e politici, dall’articolo 13 della Convenzione Americana dei diritti dell’uomo e dall’articolo 42 della Carta Araba.
È per i motivi sopra evidenziati che, infatti, Il Consiglio d’Europa ha lanciato nel 2020 un Manifesto sulla libertà di espressione dell’arte e della cultura nell’era digitale.
Il Manifesto riassume l’importanza della creazione artistica e ribadisce l’impegno per la loro tutela, che l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo estende alla libertà di espressione artistica. Il potere dell’arte di comunicare e di aprire nuove prospettive e idee trasforma l’artista, la sua mobilità e la sua libertà in una risorsa strategica per la società e contribuisce a superare la sua frammentazione e ad affrontare le sfide globali.
Insieme a tanti amici, ci siamo trovati nella città libera dell’arte e abbiamo cominciato a costruire un ponte perché segnasse la strada del superamento delle frammentazioni e della violenza, tra i popoli del Mediterraneo, abbiamo fondato amicizie, abbiamo scambiato residenze, inaugurato mostre, alimentato la speranza per un mondo migliore.
Al momento la nostra strada è interrotta dall’orrore della guerra, abitudine feroce quanto insensata dell’uomo.
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…