Libertà per Hafez e per il popolo delle South Hebron Hills

Della Campagna Ponti e non muri di Pax Christi Italia
Sappiamo che il diritto internazionale è dalla loro parte.
Sappiamo che stanno subendo soprusi ingiusti e ingiustificabili.
Sappiamo che non sono terroristi. Che c’è uno stato occupante e una terra occupata illegalmente. Che non ci sono solo diritti umani da difendere, ma il diritto di un popolo all’autodeterminazione e a vedere riconosciuti i propri diritti politici.
Sappiamo che le comunità delle South Hebron Hills, nei Territori palestinesi occupati da Israele, stanno cercando solo di continuare a vivere a casa loro.
Sappiamo anche che lo sanno lo Stato occupante e la Comunità internazionale. Eppure, nessuno si muove.
Hafez Huraini, uomo mite e determinato a restare nel suo villaggio di At-Tuwani, ha fatto del SUMUD, della resilienza nonviolenta, la sua ragione di vivere insieme a tutta la sua comunità, di generazione in generazione. Da quando la loro vita è diventata un continuo sopruso hanno chiesto aiuto all’associazionismo internazionale, anche israeliano, per rivendicare il diritto all’esistenza sulla loro terra; ma soprattutto hanno pensato, discusso e deciso tutte e tutti insieme che la strada per resistere è quella di non soccombere alla logica della prepotenza e dell’ingiustizia subita e di farlo usando la forza delle azioni nonviolente.
Hafez ieri è stato picchiato selvaggiamente dai coloni israeliani e arrestato dal loro esercito per l’ennesima volta. Con il Pellegrinaggio di Giustizia della Campagna Ponti e non muri di Pax Christi Italia l’avevamo incontrato a fine agosto: il volto stanco, il corpo provato, la voce flebile. Troppi e incalzanti gli attacchi di soldati e coloni. Vogliono che se ne vadano, vogliono che da quella terra palestinese siano eliminati i palestinesi con la loro vita. Attorno a noi abbiamo visto un paesaggio desolato, seppur di struggente bellezza e semplicità. Ma abbiamo visto anche i segni tangibili di una comunità che ama così tanto la propria terra da continuare a nutrirla di sogni, cure e fierezza. Sopra il villaggio le colonie illegali incombevano, con i loro abitanti e il loro odio malcelato: i continui allarmi per le incursioni quotidiane impediscono tutt’oggi ai pastori di pascolare, ai contadini di coltivare, ai bambini di essere bambini.
Siamo a fianco di Hafez, di suo figlio Sami, dei giovani di Sarura, di tutta la gente delle South Hebron Hills. Nel ricordo di jiddi, mamma di Hafez e nonna di tutti, laggiù, morta da poco, donna che al figlio ed alla comunità intera aveva detto “non vendicatevi”, il giorno in cui lei stessa era stata picchiata.
“Non vendicatevi, ma resistete rivendicando giustizia”.
Chiediamo con forza, in piedi, con nel cuore lo sguardo retto di Hafez, che egli venga liberato immediatamente. E che il diritto sacrosanto a vivere in pace nella propria terra sia finalmente riconosciuto al popolo che la abita legittimamente.

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