Portando con sé il dolore per la perdita del 7 ottobre, queste famiglie implorano la pace


Articolo pubblicato originariamente su +972 Magazine e tradotto dall’inglese dalla redazione di Bocche Scucite

Una foto di Vivian Silver. (Oren Ziv)

In Israele, a fronte degli inviti alla vendetta lanciati dall’assalto di Hamas, i parenti delle vittime e degli ostaggi sono tra i più accesi sostenitori di un cessate il fuoco totale e di un nuovo approccio con i palestinesi.

Di Oren Ziv e Yotam Ronen

Dopo le atrocità commesse da Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre, gli appelli alla vendetta sono riecheggiati in tutto il Paese mentre l’esercito israeliano continua a bombardare la Striscia di Gaza assediata. Le parole “appiattimento” o “annientare” o “cancellare” Gaza sono comuni nei media e nelle strade. Un ministro del governo ha suggerito di sganciare una bomba atomica sulla Striscia; altri hanno chiesto l’espulsione dell’intera popolazione dell’enclave; e proprio questa settimana, un altro ministro ha invocato le battaglie bibliche tra gli israeliti e i filistei per incoraggiare i militari a tagliare i prepuzi dei combattenti palestinesi.

In mezzo a questa cacofonia di punizioni, tuttavia, molti familiari delle vittime dei massacri di Hamas e delle oltre 240 persone rapite a Gaza hanno offerto una voce diversa. Nonostante il dolore individuale e collettivo, molti di loro hanno pregato il governo israeliano di non cercare vendetta in loro nome, chiedendo invece la cessazione dell’assalto israeliano a Gaza e la priorità di un accordo per il rilascio degli ostaggi.

I loro sforzi hanno dato qualche frutto, almeno momentaneamente. Questa mattina è stato annunciato che Israele e Hamas hanno concordato una tregua di quattro giorni che entrerà in vigore domani mattina, 23 ottobre, per consentire lo scambio di 50 ostaggi israeliani con 150 prigionieri palestinesi, tutti donne e minori. Per ogni 10 ostaggi israeliani rilasciati in più, Israele ha dichiarato che estenderà la tregua di un altro giorno. Smentendo le speranze di una cessazione a lungo termine, un portavoce dell’IDF ha sottolineato che si tratta di una “pausa operativa” piuttosto che di un cessate il fuoco, facendo eco ad altri funzionari israeliani che hanno indicato che la guerra è destinata a continuare.

Anche la lotta delle famiglie continuerà. Anche nei momenti più difficili della loro vita, questi parenti insistono nel ricordare alla loro società e ai loro leader che ci sono esseri umani dall’altra parte della barriera. Può sembrare un’ovvietà, ma nel clima politico odierno in Israele è un messaggio che per molti è difficile da accettare e può persino portare all’arresto o all’accusa di tradimento. Quando questa guerra finirà, non c’è dubbio che questi membri della famiglia saranno una parte importante del tentativo di costruire qualcosa di nuovo qui – una terra in cui tutti gli israeliani e i palestinesi possano vivere in pace e uguaglianza.

Nei prossimi giorni pubblicheremo le testimonianze dei famigliari delle vittime

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