Articolo pubblicato originariamente su We are Not Numbers e tradotto dall’inglese da Beniamino Rocchetto
Il litorale è cambiato, la città è scomparsa e il nostro futuro è difficile da immaginare.
Di Areej Kassab
Striscia di Gaza – Mi sono laureata nel 2020 durante la pandemia di COVID-19 e all’epoca lavoravo con molti centri didattici, ma ora eccomi qua, sto facendo il primo passo verso il mio futuro! Sono un insegnante di inglese per studenti delle scuole medie (classi 7-9).
La scuola è iniziata un mese prima della guerra, quindi ho provato la sensazione di essere una vera insegnante solo per un mese, chi lo immaginava?
Il 7 ottobre 2023, c’era qualcosa che mi diceva: “Perché sei così frettolosa? Rallenta, non c’è niente da cui fuggire”.
Mentre cominciavo a vestirmi, ho sentito qualcosa di strano. Presto mi resi conto che era il sibilo di migliaia di missili. Ho gridato a mia madre: “Cos’è successo, cos’è?”
“È la guerra”, disse mia madre.
In quel momento non ero preoccupata e mia madre mi disse di non uscire perché sarebbe stato pericoloso. Dopo due ore, molti aerei oscurarono il cielo e iniziarono a bombardare. Era la guerra che iniziava a Gaza. Un nuovo incubo, ma non era come in passato.
Da quel momento tutto cambiò e per sempre. Gaza è ora distrutta. Non c’è nessun posto in cui osi guardare, perché se lo facessi piangerei e mi distruggerei dal profondo del mio cuore. Oh, mia amata Gaza, cosa ti è successo?!

Arij e suo figlio prima della guerra, al ristorante Roots. Foto: Sara Kassab
I TRATTI DEL MARE SONO CAMBIATI
C’è un detto: “Se ti perdi a Gaza, dirigiti verso il mare e troverai la strada di casa”. Forse perché il mare è l’unica cosa che non cambia, a differenza della giustizia, i cui lineamenti vengono ogni volta modificati dalla guerra.
Oggi se trovi il mare non troverai la tua casa. Sono cambiati i tratti del mare che caratterizzavano il Paese, e sono cambiate le strade delle città. L’intera città è scomparsa, e le onde del mare si sono ritirate abbastanza da non inghiottire ciò che resta della nostra vita sui marciapiedi.
Oggi, se ti sei perso a Gaza, non andare verso il mare e non chiedere di casa tua. Chiudi gli occhi e prosegui il tuo cammino per raggiungere casa, o le macerie di casa! Conosci la strada verso casa, figlio mio? Proprio come conosco il sentiero verso il mare, la conosco.
Mia amata Gaza, non ti riconosco più!
RITORNO ALL’ETÀ DELLA PIETRA
Ogni giorno ci svegliamo con i bombardamenti che uccidono civili, radono al suolo case, distruggono ospedali e dobbiamo evacuare da un luogo all’altro; per centinaia di notti non abbiamo dormito. Sto scrivendo adesso e il rumore degli aerei è così forte che mi fa odiare la vita.
Ci sono centinaia di avvisi sui nostri telefoni inviati dall’esercito israeliano che ci dicono di andare da un posto all’altro, seminando paura e panico tra noi.
La nostra vita è cambiata in modo molto duro, a cominciare dall’approvvigionamento di acqua e cibo. Ho dimenticato di dire che non esiste acqua potabile adatta al consumo umano. Non c’è cibo da mangiare, comprese verdure o frutta. Non c’è elettricità, né gas. Sì, come ho detto, non c’è niente.
Anche quando voglio chiamare la mia famiglia per vedere se stanno bene, non riesco a ricevere né inviare chiamate. Inoltre, non possiamo nemmeno accedere a Internet. I giorni vanno e vengono e tutto diventa peggio che mai. Non esiste un posto sicuro in cui nascondersi da questa tragedia immane.
Abbiamo iniziato a costruire i forni con il fango non potendo fare il pane con l’elettricità. Molte famiglie cuociono il pane tradizionale (chiamato Saj) nei forni che costruiscono per strada. La mia famiglia ha adattato la stanza che usavamo per le colombe e lì ha costruito il nostro forno. Mio marito non aveva nulla con cui dare da mangiare alle sue colombe o alle sue galline, quindi ha liberato tutte le colombe affinché volassero e fossero libere proprio come sperano di esserlo gli abitanti di Gaza, ma che invece sono stati costretti a lasciare le loro case dai soldati israeliani.
Facciamo il pane così, all’inizio di ogni giornata, e diventa una consuetudine, e ci vogliono ore per farlo. Ogni giorno ci svegliamo e cerchiamo cibo, acqua e pane. Mi chiedo sempre come potremo tornare a vivere come persone normali o dimenticare mai tutta questa sofferenza.
Al momento in cui scrivo, è il 198° giorno di guerra e soffriamo lo stesso assedio quotidiano, con una maggiore carenza delle cose basilari di cui abbiamo bisogno per sopravvivere e siamo trattati come animali. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno e che speriamo è fermare questo Genocidio.
UNA TORTA DI COMPLEANNO SENZA INGREDIENTI
Sono madre di due bambini piccoli: mia figlia Aysha ha un anno e Yahya ne ha compiuti due durante questa guerra e abbiamo festeggiato il suo compleanno. Gli ho preparato una torta. “Cosa, hai fatto una torta?!” Oh, è un piacere. Sì, come ho detto, è un piacere.
Ma come si fa una torta qui in una città senza zucchero, senza uova, senza lievito e senza olio? Ma volevo che il mio bambino fosse felice, quindi ho utilizzato ingredienti preziosi che avevo accumulato dall’inizio della guerra. Adesso piange continuamente e vuole un lecca-lecca. Mi sento senza speranza perché non posso permettermi nemmeno questo per il mio bambino. Questo è ciò a cui siamo arrivati in questo momento catastrofico.
Non è giusto. Dall’inizio della guerra ho perso molte persone che conoscevo, a cominciare dai miei quattro studenti della scuola Al-Amal, poi molti dei miei colleghi della Facoltà di inglese dell’Università di Al-Azhar, per finire con molti dei miei amici e familiari.
Leena, una mia amica, è l’unica sopravvissuta della sua famiglia, di suo marito, dei suoi due figli, Aref e Abderhman, e di sua figlia Sara. Tutti loro sono stati uccisi dall’esercito israeliano e lei è stata l’unica estratta viva dalle macerie della loro casa. La sua storia mi ha spezzato il cuore. Viveva solo per i suoi tre figli e ora non ha più nulla. Prego per lei.
Inoltre, l’Università di Al-Azhar è stata distrutta. Quando ho sentito la notizia, ho pianto molto. I miei ricordi e il luogo dei miei sogni sono spariti. Avevo immaginato di diventare docente un giorno nella mia amata università.
COSA ACCADRÀ AL NOSTRO FUTURO?
Mio padre ha 63 anni e ho cinque sorelle. Inge è una studentessa di medicina che ha perso la scuola nella distruzione. Era al quarto anno. Non sa cosa accadrà al suo futuro. Ho anche una sorella non udente che è frustrata; non va più a scuola e le mancano i suoi amici.
Heba aveva appena iniziato l’Università ed è delusa quanto gli altri. Sara e Yara, le mie due sorelle più giovani, hanno sempre paura a causa dei continui bombardamenti.
E dopo tutto questo, la maggior parte degli abitanti di Gaza ancora vivi hanno lanciato una campagna GoFundMe per trovare un modo per sopravvivere e sfuggire al Genocidio il prima possibile. È una decisione molto dura lasciare il luogo in cui sei nato e dove hai la maggior parte dei tuoi ricordi.
Ma c’è sempre speranza. Non abbiamo altro che la speranza e quando questa se ne va, noi non ci siamo più.
Pregate per noi, che possiamo non essere uccisi. È il momento di liberare la Palestina perché meritiamo la vita.
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."