Ulivi, za’atar, cactus: le piante simbolo della Palestina e il loro significato

Articolo pubblicato originariamente su Middle East Eye e tradotto dall’inglese dalla redazione di Bocche Scucite

Molte piante palestinesi hanno un significato simbolico per la popolazione e rivelano molto del ricco passato agricolo del paese (Reuters).

Le piante sono state a lungo utilizzate nella medicina tradizionale e come simboli dell’unità e della nazione palestinese. Vediamone i loro significati

Nel corso degli anni, i palestinesi hanno trovato vari modi per rappresentare e preservare il loro patrimonio, come forma di resistenza.

Ciò è avvenuto, tra l’altro, attraverso l’arte del tatreez, un ricamo popolare tradizionale, e attraverso le canzoni e il folklore, oltre che con il cibo e l’arte. Per molti palestinesi, i simboli sono importanti per unire e solidificare la loro identità.

Nelle diverse e verdeggianti città della Palestina, piante e fiori sono diventati rappresentativi della lotta contro l’occupazione e sono visti come un simbolo di speranza per un futuro migliore e per il ritorno alla loro patria.

Middle East Eye esplora alcune delle piante che fioriscono in Palestina e il loro significato per la popolazione.

1. Zaytoun (ulivo)

In Palestina si trovano alcuni degli ulivi più antichi del mondo, alcuni dei quali risalgono a quasi 5.000 anni fa. È consuetudine delle famiglie tramandare gli ulivi ai figli e ai nipoti, affidandone la cura alle generazioni future.

Gli alberi sono diventati profondamente importanti per il patrimonio palestinese, rispecchiando la storia del Paese, con le loro forti radici che simboleggiano il legame dei palestinesi con la loro patria.
Gli alberi sono spesso raffigurati nelle opere d’arte, con le loro radici e i loro rami che illustrano il dolore per lo sfollamento e lo sradicamento dalla loro terra a causa dell’occupazione e del colonialismo dei coloni.

Allo stesso tempo, le olive e le foglie rappresentano la speranza e l’eredità palestinese. Ogni anno, in particolare nei mesi di ottobre e novembre, le famiglie e i contadini si riuniscono per la raccolta delle olive, una pratica che viene eseguita da generazioni. Il processo è chiamato “al Ouna”, che significa aiutarsi a vicenda per raccogliere gli stessi alberi dei propri antenati.

Anche se faticosa, la stagione della raccolta delle olive è apprezzata dai palestinesi perché riunisce le persone della comunità ed è una fonte di reddito.
Le olive e l’olio d’oliva sono presenti in quasi tutte le case palestinesi, così come altri prodotti ricavati dall’albero, come cosmetici e saponi naturali.
Durante i periodi di tensione, i palestinesi si riuniscono per proteggere i loro ulivi da incendi, vandalismi o sradicamenti, dimostrando quanto siano essenziali per la vita e il sostentamento dei palestinesi.

2. Sabar (cactus Opuntia)

Nonostante il suo aspetto spinoso, il cactus è molto amato in Palestina. La pianta può prosperare in condizioni secche e difficili ed è rinomata per la sua capacità di sopravvivere alla siccità.

Per i palestinesi, il cactus simboleggia la pazienza e la resilienza. La parola “sabar” in arabo significa “pazienza” e durante le conseguenze della Nakba, o catastrofe, del 1948, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono sfollati con la forza ed esiliati dalle loro case, le persone si incoraggiavano a vicenda a rimanere pazienti, resistenti e fermi.

La pianta spinosa è anche rinomata per la sua capacità di prosperare ovunque, un aspetto che molti palestinesi dicono di poter condividere, dopo essere stati costretti all’esilio in tutto il mondo.

Oggi il cactus è raffigurato nell’arte, nella poesia e nella letteratura palestinese, per le sue qualità a cui i palestinesi vengono paragonati.

Anche i frutti del cactus sono molto apprezzati dai palestinesi per il loro sapore dolce. I fichi d’India, che crescono a grappoli, sono venduti nei mercati e dai venditori ambulanti in tutto il Paese, e molti dicono che la loro maturazione e il loro sapore dolce valgono il tempo speso per strappare le spine acuminate e sbucciare la spessa buccia.

Molti ritengono che il frutto abbia una forte valenza politica, poiché cresce in aree che sono state occupate e simboleggia l’espropriazione dei palestinesi.

3. Za’atar (timo)

Lo za’atar, ufficialmente noto come thymus vulgaris, è una pianta selvatica che cresce in montagna e si trova solitamente nelle fessure delle lastre di pietra. Viene coltivata in tutta la Palestina e spesso viene chiamata “oro verde” per quanto è amata e utilizzata.

Storicamente, il timo ha avuto un forte impatto politico a causa del luogo in cui cresce nelle terre occupate: i palestinesi affermano che le autorità israeliane bloccano l’accesso alle loro coltivazioni e alle loro terre. Per i palestinesi, questo rimane un problema enorme, in quanto influisce sul loro sostentamento e sulla lunga tradizione di raccogliere il timo selvatico, oltre che sul rapporto con la loro terra che hanno imparato a conoscere così da vicino nel corso delle generazioni.

Questa erba selvatica ha anche un significato storico per i palestinesi ed è un alimento comune in ogni casa. Ogni mattina, a colazione, i palestinesi mangiano tradizionalmente za’atar con pane fresco imbevuto di olio d’oliva.

L’erba può essere utilizzata anche come crema da spalmare sui dolci e come condimento per carne, verdure e insalate.
Per generazioni, i palestinesi hanno usato il timo come rimedio per il raffreddore e l’influenza; molti parlano spesso dei suoi benefici, tra cui la capacità di combattere le malattie. La pianta è una coltura desiderabile per gli agricoltori per la sua resistenza alle malattie e agli insetti e perché richiede meno lavoro e fertilizzanti rispetto ad altre colture.
Per i rifugiati palestinesi, la pianta rappresenta la terra da cui provengono ed è diventata anche un simbolo della speranza di tornare alle loro case.

In Palestina, uno slogan popolare è “resteremo nella nostra terra finché ci saranno timo e ulivo”, per indicare quanto siano legati alla loro terra e alle piante che vi crescono.

Molti palestinesi si assomigliano alla pianta di za’atar per la sua natura di sfida e per il fatto che può sopravvivere in una serie di climi diversi.

4. Arancia di Jaffa

L’iconica arancia di Jaffa, conosciuta in tutto il mondo, è nata nella città di Yafa nel XIX secolo. All’epoca, i contadini palestinesi avevano sviluppato un’arancia da una mutazione nei pressi della città e il frutto divenne incredibilmente popolare per la sua dolcezza e per il fatto di avere pochi semi.

L’arancia fu chiamata “Yaffa” dal nome della città, ma in origine era conosciuta come Shamouti, una variante di una varietà nota come Baladi. Ciò che rendeva le arance così innovative all’epoca era la loro buccia spessa, che le rendeva facili da sbucciare e perfette per l’esportazione.

Poiché Yafa era già un porto commerciale ben avviato e in posizione strategica, fu facile distribuire ed esportare le arance in tutto il mondo. La città divenne presto sinonimo di arancia, grazie all’intensa attività di esportazione del porto.

Ben presto le arance e gli altri agrumi di Yafa si trovarono sugli scaffali di tutta Europa.

Nonostante molte grandi aziende traggano profitto dalla variazione dell’arancia, i palestinesi ne sono orgogliosi e ricordano i contadini che hanno trascorso decenni a coltivarla.

Per i palestinesi, l’arancia è diventata il simbolo dell’identità nazionale ed è la prova della vasta e fertile terra agricola del Paese.

Il frutto fa anche luce sulla lunga storia agricola di successo della Palestina, che secondo molti è stata a lungo negata. Oggi l’arancia di Yaffa è rappresentata nell’arte e nei murales palestinesi.

5. Pianta di Handal (Colocynth)

Questa pianta perenne è originaria della Palestina ed è nota per la sua capacità di ricrescere anche quando viene tagliata. La pianta, nota come Handala in arabo, produce un frutto amaro, viene utilizzata per le cure tradizionali e nel tempo è diventata un simbolo per i palestinesi.

Per secoli, i palestinesi hanno usato questa pianta come metafora del loro legame profondamente radicato con la terra, nonché della loro forza e del loro diritto al ritorno.

La pianta è diventata un simbolo che personifica il dolore e la perdita dei rifugiati sfollati dopo la Nakba, con le sue radici spesse e profonde che rappresentano il loro legame con la terra.

Oggi, molte persone associano il nome Handala alla figura o al disegno creato nel 1969 dal fumettista Naji al-Ali. Il personaggio, che prende il nome dalla pianta, era un bambino palestinese di 10 anni, trasandato e scalzo, che rappresentava Ali e altri bambini palestinesi espulsi dalle loro case per far posto alla creazione di Israele.

Dal 1973 in poi, il personaggio è apparso con il volto rivolto verso l’esterno come protesta contro l’incapacità di risolvere la situazione dei palestinesi e per riflettere come il mondo stesso avesse voltato loro le spalle.

In Palestina, la pianta di Handal e il personaggio creato da Ali sono ancora presenti nei murales di tutta la Palestina, oltre che commemorati in gioielli, souvenir e opere d’arte.

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