Articolo pubblicato originariamente su Mondoweiss e tradotto dall’inglese da Beniamino Rocchetto
Durante il massacro all’ospedale Al-Shifa, l’esercito israeliano ha sparato ai pazienti nei loro letti e ai medici che si rifiutavano di abbandonare i malati, ha separato le persone in gruppi con braccialetti di colore diverso e ha giustiziato centinaia di dipendenti del governo civile.
Di Tareq S. Hajjaj 11 aprile 2024
Teste umane mangiate dai corvi, parti del corpo non identificate e in decomposizione e centinaia di cadaveri ammucchiati e sepolti in fosse comuni sono tutto ciò che resta delle vittime del massacro dell’Ospedale Al-Shifa. La raccapricciante scena sembrava uscita da un film horror, il prodotto dell’assedio di due settimane del più grande ospedale di Gaza che si è concluso con la sua totale distruzione.
Dopo aver completato la decimazione di Al-Shifa, l’esercito israeliano ha annunciato che si è trattato di una delle operazioni di maggior successo dall’inizio della guerra, sostenendo di aver arrestato centinaia di membri di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese nel complesso medico. Ma la domanda che nessuno sembrava porsi è come un così grande numero di cosiddetti “operativi” di Hamas e della Jihad Islamica si sia riunito ad Al-Shifa con la piena consapevolezza che il luogo era già stato setacciato dall’esercito una volta che la Città di Gaza è stata occupata dall’esercito.
Mondoweiss ha contattato molti sopravvissuti agli eventi di Al-Shifa. La maggior parte di loro si è rifiutata di parlare e ha temuto di rivelare la propria identità. Alcuni hanno accettato a condizione che gli fosse garantito l’anonimato, temendo che le loro testimonianze li avrebbero resi bersagli dell’esercito israeliano e che sarebbero stati successivamente uccisi. Alla luce delle testimonianze raccolte emerge un quadro diverso di quanto accaduto.
LA FUGA DI INFORMAZIONI
Un giovane che è riuscito a fuggire dall’ospedale pochi istanti prima dell’inizio dell’invasione militare ha detto che nell’ospedale c’erano effettivamente centinaia di dipendenti affiliati ad Hamas e alla Jihad Islamica Palestinese, ma nessuno di loro era un operativo. Erano lavoratori del ramo civile del governo di Gaza, compresi gli equipaggi della Protezione Civile, le forze di Polizia, i Servizi di Sicurezza interna, gli impiegati del Ministero degli Interni e i dipendenti di altri rami del governo locale. Tutti loro si erano riuniti per ricevere lo stipendio governativo ad Al-Shifa, dato che era uno dei pochi posti rimasti che avrebbe dovuto essere relativamente sicuro dai combattimenti.
“C’era una stanza nell’edificio degli ambulatori specializzati che serviva come ufficio per i rami governativi che operavano in superficie”, ha detto il giovane, (di seguito chiamato “Z”), riferendosi ai rami civili del governo di Hamas.
Z ha inoltre confermato che anche alcuni di membri della Jihad Islamica Palestinese che svolgevano impieghi civili erano presenti per ricevere lo stipendio. “C’era un ufficio in un altro edificio per il movimento della Jihad, e gli impiegati del movimento andavano lì per ricevere i loro stipendi”.
“Era da molto tempo che questi dipendenti non si vedevano”, ha spiegato Z. “Ecco perché chiacchieravano affollati nel complesso medico”.
Il modo in cui l’esercito israeliano ha descritto il raduno è stato quello di aver ottenuto rapporti confermati dall’intelligence su un gran numero di “operativi terroristi” di entrambi i gruppi all’interno di Al-Shifa, e dopo incursione ha annunciato di aver arrestato 900 “sospetti” e confermato che 500 di loro erano “terroristi operativi”, mentre annunciavano di aver ucciso altri 200 “uomini armati”, tra cui “comandanti di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese”.
INIZIA L’ASSEDIO
Z ha detto di aver sentito il rumore dei veicoli militari e dei carri armati che si avvicinavano all’ospedale pochi minuti prima dell’attacco. Anche lui e il suo collega erano arrivati ad Al-Shifa per ricevere il loro stipendio.
“Quando abbiamo sentito i veicoli, ho detto al mio collega che dovevamo andarcene immediatamente, pensando che potessero essere diretti proprio verso l’ospedale”, ha detto Z, spiegando che chiunque sia impiegato dal governo di Hamas è considerato un ricercato da Israele. Il suo collega non lo ascoltò, credendo che l’esercito stesse invece invadendo una zona vicina. “Mi disse che probabilmente erano diretti verso la zona industriale”.
In un primo momento il collega di Z si rifiutò di andarsene, ma quando il rumore dei carri armati si è avvicinato entrambi hanno deciso di andarsene immediatamente. Sebbene fossero entrambi civili senza incarichi militari, erano entrambi membri del movimento Hamas.
Pochi istanti dopo iniziò l’invasione. Hanno visto i carri armati che circondavano il complesso e l’arrivo di droni quadricotteri che volteggiavano sopra di loro. In un istante, tutta Al-Shifa fu assediata da terra e dall’aria.
Un altro sopravvissuto che era riuscito a fuggire dal complesso ha detto che la maggior parte delle informazioni su chi si era radunato nel complesso è stata trasmessa a Israele da informatori, collaboratori e spie israeliane sotto copertura.
“La notte dell’invasione, c’erano due venditori ambulanti che sedevano sempre all’ingresso di Al-Shifa”, ha detto il sopravvissuto. “Uno vendeva acqua e l’altro cibo in scatola. Quando avvenne l’invasione, i due mercanti si rivelarono essere soldati. Hanno tirato fuori le armi e sono entrati nell’ospedale con altri soldati, indicando loro dove andare. Erano lì da molto tempo e conoscevano il luogo”.
Il complesso medico ospitava diversi plessi, tra cui reparti di maternità, edifici di chirurgia specializzata e reparti cardiaci. Quando i soldati entrarono nel complesso, a tutti fu ordinato di evacuare gli edifici. Droni dotati di altoparlanti trasmettevano gli ordini dell’esercito, dicendo alla gente di uscire e riunirsi nel cortile.
“Gli altoparlanti dei droni continuavano a ripetere: ‘Venite fuori, animali'”, ha detto Z.
ESECUZIONI DI MEDICI E PRESUNTI DIPENDENTI PUBBLICI
Quando tutti avevano lasciato gli edifici, l’esercito ha iniziato a separare la folla di persone in gruppi, facendo indossare a ciascun gruppo braccialetti di plastica di colore diverso. I soldati dissero loro che questi braccialetti erano collegati a un sistema che avvisava i cecchini dei loro movimenti. Erano divisi in due colori: il giallo, assegnato al personale ospedaliero e a tutti coloro che l’esercito considerava civili, e il rosso, che veniva assegnato alle persone che non potevano muoversi da sole, come pazienti, feriti, amputati o persone con disabilità e fratture.
L’esercito ha anche radunato persone sospettate di appartenere ad Hamas o alla Jihad Islamica. Non hanno ricevuto braccialetti ma sono stati separati dai feriti e dal personale ospedaliero, che sono stati inviati in un altro edificio.
A un terzo gruppo, molto più numeroso, è stato ordinato di lasciare del tutto l’ospedale: migliaia di sfollati che si erano rifugiati nel complesso, oltre ad alcuni membri del personale ospedaliero. Alcuni membri del personale, compresi i medici, si rifiutarono di andarsene. Quando rifiutarono gli ordini dell’esercito, furono immediatamente giustiziati sommariamente.
L’esercito ha poi fatto uscire un gran numero di uomini del gruppo di presunti membri e impiegati di Hamas e della Jihad Islamica, radunandoli al centro del cortile. Ha poi proceduto a giustiziarli, uno dopo l’altro. Una volta terminato il massacro, i bulldozer dell’esercito ammassarono i loro cadaveri, trascinandoli nella sabbia e seppellendoli.
Mentre tutto ciò era in corso, altri soldati hanno fatto irruzione in vari edifici del complesso alla ricerca di persone che si erano rifiutate di evacuare quando era stato dato l’ordine iniziale. Hanno ucciso chiunque trovassero, considerandoli sospetti.
Alcuni nell’ospedale hanno resistito e hanno tentato di aprire il fuoco, compresi agenti di polizia armati di pistole. Quel numero di persone era esiguo e la loro resistenza non li ha salvati: sono stati uccisi insieme ai civili inermi.
Un video pubblicato sui social media, girato da un giornalista in ospedale, mostra una dottoressa, identificatasi come Amira al-Safadi, che descrive l’accaduto:
“Dopo il primo giorno dell’attacco, che ci ha sorpreso alle 2 del mattino, l’esercito ci ha ordinato di non uscire quando è entrato”, dice la dottoressa Safadi. “Poi, il secondo giorno, ci hanno dato i braccialetti sottolineando che dovevamo indossarli e che chiunque avesse lasciato l’edificio senza indossarne uno sarebbe stato immediatamente ucciso”.
“Siamo stati mandati in quattro edifici diversi”, continua, descrivendo che si è unita ad altri medici e infermieri con i loro pazienti. “Circa 16 pazienti feriti sono morti perché non siamo stati in grado di curarli”.
Quando l’esercito si ritirò da Al-Shifa, l’intero complesso era stato quasi decimato, ridotto in macerie ed edifici bruciati.
UNO DEI ‘PIÙ GRANDI MASSACRI DELLA STORIA PALESTINESE’
L’Osservatorio Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani ha affermato che il massacro di Al-Shifa è stato uno dei più grandi massacri nella storia palestinese, stimando che siano state uccise almeno 1.500 persone, circa la metà delle quali erano donne e bambini. L’organizzazione conferma inoltre che almeno 22 pazienti sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco mentre si trovavano nei loro letti d’ospedale, mentre si stima che il numero degli sfollati rifugiati nell’ospedale e costretti a evacuare verso Sud comprendesse 25.000 persone. Inoltre, 1.200 unità abitative nelle vicinanze di Al-Shifa sono state distrutte.
Nonostante le affermazioni dell’esercito sull’importanza strategica e militare dell’operazione Al-Shifa e sul numero di presunti membri di Hamas e della Jihad Islamica arrestati e uccisi, ciò ha messo in ombra lo scopo previsto dell’operazione, che era quello di distruggere il sistema sanitario nel Nord di Gaza e aggravare le già disastrose condizioni umanitarie. L’intero complesso è ormai inagibile. Anche l’obitorio, che conteneva innumerevoli corpi delle vittime, è stato bruciato.
“L’operazione” di Israele ad Al-Shifa è stata un successo, e quel successo è servito a mettere fuori servizio il più grande ospedale di Gaza.
Tareq S. Hajjaj è il corrispondente di Mondoweiss da Gaza e membro dell’Unione degli Scrittori Palestinesi. Ha studiato letteratura inglese all’Università Al-Azhar di Gaza. Ha iniziato la sua carriera nel giornalismo nel 2015 lavorando come giornalista e traduttore per il quotidiano locale Donia al-Watan. Ha lavorato per Elbadi, Middle East Eye e Al Monitor.
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…