Voci da Gaza: giorno 107

Centosettesimo giorno della guerra genocida contro Gaza, 21 gennaio 2024

La testimonianza di Zainab Al Ghonaimy, da Gaza sotto bombardamento e aggressione

La vita delle donne è piena di sfide, crudeltà e dolore sotto il peso dell’aggressione sionista

Oggi si sono raccolte davanti a me le storie di donne che conosco, le cui vite sono state sconvolte a causa dell’aggressione sionista. In precedenza ho scritto dei dettagli della loro vita quotidiana: sono simili in tutte le aree della Striscia di Gaza, alcuni variano da una regione all’altra, ma alla fine vivono tutte in condizioni dure e disumane, sotto il terrorismo e la minaccia diretta dell’esercito di occupazione nelle aree in cui fanno irruzione.

Le colleghe hanno raccontato a ciascuna separatamente la loro sofferenza, e una di loro ha scritto nella sua lettera: “Come stai, professoressa? Rassicurami su come stai e come si sta Gaza city? Pensi che ci faranno tornare? E quando? siamo stanchi e non abbiamo più forze per sopportare”. Lei e le persone che erano con lei sono state costrette a sfollarsi nella regione centrale dopo che anche la sua casa e quella della sua famiglia sono state distrutte, ma nonostante ciò desidera tornare, anche per stabilirsi tra le rovine della casa.

Un altro collega costretto a fuggire a Rafah dice: “Viviamo e non viviamo. Stiamo in fila per ore per prendere un bicchiere d’acqua e non riusciamo a trovare un boccone di pane per i bambini”.

Una di loro ha espresso il suo dolore psicologico e il suo sentimento di oppressione per la violazione della sua privacy e delle sue figlie a causa della loro presenza in una tenda in una strada a Rafah, sia per l’esposizione ad altri che per lo shock che ha subito per lo sfollamento e la perdita del marito e della casa.

Quanto alla donna costretta a vivere in una carovana di ferro a Khan Yunis, è stata addirittura bombardata da un drone, lei e suo marito sono rimasti feriti, mentre tre dei suoi figli sono stati martirizzati, tranne due ragazze che giocavano di fuori.

Nella città di Gaza, centinaia di donne e i loro figli sono stati costrette a separarsi dai loro mariti e padri, mentre i soldati sionisti li caricavano su grandi camion e li trasportavano verso sud fino a Rafah contro la loro volontà, mentre mettevano gli uomini in un camion separato e li trasportavano “Li hanno trasportati ai confini di Deir al-Balah. Ciò è accaduto ieri quando l’esercito sionista ha fatto irruzione. L’occupazione ha preso tre centri di accoglienza all’interno delle scuole dell’agenzia e governative alla rotonda di Ansar, nel quartiere di Al-Rimal, dopo averli assediati. I soldati hanno forzato tutte le centinaia di persone,donne e uomini che si trovavano al loro interno a scendere nei cortili, perquisendo tutte le stanze di ogni scuola, poi hanno separato i bambini sotto i sedici anni e messo le donne in disparte, davanti a loro hanno giustiziato tre uomini e arrestato alcuni giovani, prima di caricarli sui camion.

Una giovane donna che si è recata al centro di maternità nel quartiere di Daraj ha detto che lei e suo marito sono sopravvissuti miracolosamente e, sebbene il suo parto sia avvenuta con taglio cesareo, è stata costretta a fuggire due ore dopo il parto, quando l’esercito ha bombardato nelle vicinanze del centro sanitario. Non poteva correre e ha camminato dolorante per duecento metri, prima di riposarsi all’ingresso di una casa. Poi ha continuato a camminare verso la casa della sua famiglia.

Oggi sono stata sorpresa anche dalla visita di una mia parente che vive con la sua famiglia nella casa di un parente sfollato al Sud. Mi ha detto con grande dolore: “Non avrei mai immaginato di poter vivere con estranei nella stessa casa. Che Dio maledica le circostanze che ci hanno fatto accettare qualsiasi cosa pur di vivere, e magari vivessimo bene”. Ha aggiunto: “Poverini, la loro casa è stata molto danneggiata, e loro non sanno quando torneranno e aspettano che la situazione si calmi”. Voleva dire che era rimasta sorpresa dalla presenza di una strana famiglia sfollata dalla regione settentrionale nella casa dei parenti dove si era rifugiata, e che era stata la guardia a permettere loro di entrare in casa.

Ho vissuto quasi tutti questi eventi, e ho vissuto dettagli simili con chi mi circondava, e sento, come loro, l’amarezza della vita e la sofferenza quotidiana, ma tutti cerchiamo di aggrapparci alla speranza che questa aggressione finirà presto.

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