Voci da Gaza: giorno 121

Centoventunesimo giorno della guerra genocida contro Gaza, 4 febbraio 2024

La testimonianza di Zainab Al Ghonaimy, da Gaza sotto bombardamento e aggressione

Giornata impegnativa: pioggia, sole, stendere il bucato, preparare l’impasto e entrare in contatto con mia figlia.

Oggi ho deciso di uscire al sole dopo che ha smesso di piovere. Da ieri sento un forte desiderio e bisogno di stare da sola con me stessa. Ho terminato una parte dei miei compiti abituali, cioè partecipare a spianare la pasta e stendere l’impasto, a me piace farlo ogni due o tre giorni, visto che a colazione mangiamo solo pane, mentre il pranzo dipende principalmente dal riso e la cena è stata cancellata dal nostro programma alimentare dall’inizio di questa maledetta aggressione, poiché cerchiamo il più possibile di garantire il consumo di generi alimentari che scarseggiano giorno dopo giorno, soprattutto quando le operazioni militari si intensificano nella città di Gaza, come sono state per una settimana ora. I venditori non osano muoversi sotto i bombardamenti e i droni quadricotteri che sparano i loro proiettili contro qualsiasi assembramento umano che vedono.

Ogni volta che mi siedo e stendo l’impasto, ricordo mia madre, che Dio abbia pietà di lei, che aiutavo durante la mia infanzia. Io impastavo al posto suo per farla riposare, poi stendevo l’impasto, e una volta lievitato andavo a cuocerlo nel forno caldo. Adesso stiamo cuocendo su un fornello a carbonella che abbiamo ricavato da una scatola di cioccolatini di metallo vuota.

Erano bellissimi quei tempi, ricordo ancora l’aggressione del 5 giugno 1967. Allora ero ragazzina, ricordo come uscivamo di casa e andavamo a rifugiarci nella moschea del quartiere con tutte le altre famiglie , e di come in seguito tutti collaboravano per provvedere ai bisogni reciproci. Ricordo che il cugino di mia madre venne una volta quando fu tolto il coprifuoco, portando con sé un piatto di olive e un piatto di formaggio bianco. Ricordo come mia madre ne distribuì la metà ai vicini, e di come i vicini aprirono i muri che separavano le case affinché potessero provvedere reciprocamente a quanto fosse necessario. Ricordo anche che i nostri vicini ci mandavano il pane che cuocevano sulla legna.

La mia memoria è piena, e ieri è come oggi in termini di solidarietà fra le persone. Il figlio di una mia amica è venuto con un grosso pacco di buone bietole dopo aver saputo che più di una volta avevamo comprato delle foglie di bietola che non erano affatto buone. Per me è stata una grande sorpresa così abbiamo cucinato le bietole con le lenticchie, che sono uno dei bei piatti di mia madre, che Dio abbia pietà di lei.

Ieri, parlavo con mia figlia , dopo essere riuscita ad avere un contatto telefonico , e le sue domande sulla nostra situazione e dinamiche in mezzo a questa grande folla hanno riportato la mia mente a molti ricordi della mia infanzia e giovinezza , su come era vivere in mezzo a una grande folla per tutto questo tempo dall’inizio dell’aggressione. Nella mia infanzia ho vissuto in una casa affollata con mia madre, mio ​​padre, le mie sorelle, mio ​​fratello, mio ​​nonno e mia zia. In seguito ho trascorso molti anni della mia vita vivendo da sola con mia figlia, e poi ho vissuto di nuovo da sola dopo che lei si era trasferita.

Tuttavia, con l’inizio di questa aggressione, sono tornata a vivere in una casa affollata di adulti e bambini, dove non c’è spazio per vivere da sola. Ogni giorno faccio del mio meglio per adattarmi alla realtà, dove non c’è spazio per starsene soli, e non c’è spazio per alcun tipo di privacy, e non è affatto una situazione facile per nessuno di noi, ma eccoci tutti qui tollerandoci a vicenda e neutralizzando la nostra privacy per il bene del gruppo, sia nella scelta del posto dove dormire, sia nell’ora del bagno, o nel tipo di cibo, o nell’orario in cui mangiare, o nell’ora di andare a dormire , quando la luce dovrebbe essere ridotta, il tipo di bevande che possiamo bere in relazione alla disponibilità del gas, del fornello a carbone o ad alcool, nonché gli orari per il lavaggio dei panni del gruppo e altri dettagli della vita quotidiana.

Credo che ognuno di noi, soprattutto gli adulti, senta un nodo alla gola quando osiamo esprimere ciò che vogliamo e ciò che non vogliamo, perché questo non è il momento di essere egoisti o di pensare con la propria testa, e dobbiamo sempre mettere tutti gli spazi a disposizione delle ragazze, dei ragazzi e dei bambini affinché possano sopportare le circostanze di questa aggressione feroce e crudele nei loro confronti.

Per quanto mi riguarda, oggi ho approfittato per stendere la biancheria sul tetto per godermi il sole, domani potrebbe piovere, secondo le previsioni del tempo, e ho voglia di una tazza di caffè, che forse potrei prendere dopo.

I giorni di questa aggressione trascorrono allo stesso ritmo. Molta noia, molto tempo sprecato, molti ricordi, molta ansia e stress, e molta paura dell’ignoto e terrore del presente.

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