Voci da Gaza: giorno 130

Centotrentesimo giorno della guerra a Gaza, 13 febbraio 2024

Un ritorno alle comunicazioni lento, ma sufficiente ad alleviare la pressione dello stato di anticipazione e di attesa che ci ha stancato

Questa mattina sono stata felice di avere una telefonata con mia figlia in cui non c’erano balbettii, ritardi e interruzioni frequenti. Sono stata anche felice di avere una lunga telefonata con la mia amica sfollata nel sud, e per la prima volta abbiamo potuto parlare da molto tempo, e nonostante la triste notizia che ho appreso da lei sul martirio di un numero dei parenti di suo marito, la mia partecipazione al suo dolore è stata molto importante.

Sembra che lo spirito abbia cominciato a ritornare nelle reti di comunicazione locali, seppur con difficoltà, dopo vari tentativi. Anche la mia parente si è emozionata e ha chiesto di provare a chiamare la sua amica, e in effetti siamo riuscite a contattarla, anche se un po’ a intermittenza. Anche la mamma della mia amica é riuscita a chiamare i parenti nel sud e non si é preoccupata molto della comunicazione intermittente.

Ho allora provato a contattare alcune delle mie care amiche, ma purtroppo sembra che oggi la nostra quota di comunicazione sia esaurita, con la maggior parte di loro non sono riuscita a ricevere segnale, ma per ora non mi interessa purché ci sia speranza che potremo comunicare più tardi. Ciò che è accaduto nella mattinata di oggi è una buona notizia, per cui ci aspettiamo che migliori. Le comunicazioni stanno aumentando sempre di più e preghiamo affinché non vengano nuovamente interrotte, come è accaduto in questi giorni dell’aggressione sionista, che è stata la ragione del nostro isolamento dal mondo e della nostra interruzione dalla normale comunicazione con chi vogliamo e nel momento che vogliamo.

Come al solito, una volta che riesci a stabilire un contatto con qualcuno dei tuoi amici al di fuori della Striscia di Gaza, sia in Cisgiordania che altrove nei paesi arabi, la domanda è: “Perché non hai lasciato Gaza City?” Per quanto riguarda i miei amici e colleghi che sono stati sfollati da Gaza City al sud, non si pongono mai questa domanda, piuttosto desiderano non aver mai lasciato Gaza City o il suo nord, data la fatica, il terrore e il costante senso di sfollamento che hanno sperimentato, che sono parte dei motivi per cui non mi hanno mai fatto provare ad andarmene ancora una volta. Avevo lottato con me stessa e provato, e quando non ci sono riuscita, non ho pensato di riprovare.

Molte delle mie amiche sono partite per il sud, perché le loro case erano state distrutte, oppure perché erano legati alle loro famiglie. C’è chi è riuscito faticosamente a lasciare la Striscia di Gaza per l’Egitto, o forse anche per altri Paesi dopo l’Egitto, e anche questa è stata una scelta legata a circostanze specifiche di ciascuno di loro. Ogni persona ha ragioni, caratteristiche e bisogni che dobbiamo comprendere e rispettare piuttosto che giudicare. Ieri l’ho detto al telefono alla mia amica, poiché ciò che colpisce nel movimento femminista fuori dalla Striscia di Gaza è la messa in discussione e la denuncia del movimento per sole donne: “Perché tal dei tali se n’è andata? E perché tal dei tali rimane?” Mentre nella società civile non viene prestata attenzione alla domanda: “Perché tal dei tali se n’è andato quando era un funzionario di un’ organizzazione? E perché tal dei tali non è rimasto?”

La verità è che questa barbara aggressione sionista è così crudele e atroce al punto da non poter essere descritta, difficile da immaginare per chiunque non viva nella Striscia di Gaza da centotrenta giorni, e non auguriamo a nessuno di vivere in tali condizioni. Pertanto, le norme morali che usavamo e di cui parlavamo prima non valgono più per quello in cui viviamo oggi, e la visione dei costumi non è più la stessa, e non è più possibile e non è nemmeno giusto giudicare le cose a distanza. Chi ha perso una persona cara o amata non è uguale a chi non ha perso, e chi ha perso la casa è diventato un senzatetto, non come chi non è stato sfollato. Ricordiamoci, comprendiamoci e sosteniamoci a vicenda, perché ognuno ha le proprie circostanze e cause, e ciò che speriamo veramente è che questo sentimento di paura e ansia finisca, che finisca lo stato di stanca anticipazione e attesa, e che questa aggressività finirà senza che noi o nessuno provi più amarezza per la perdita.

Zainab Al Ghonaimy, da Gaza sotto bombardamento e aggressione

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