Voci da Gaza: giorno 150

Centocinquantesimo giorno della guerra genocida contro Gaza, 4 marzo 2024

di Zainab Al Ghonaimy, da Gaza sotto bombardamento e aggressione

L’aggressione sionista continua a ritmo sostenuto e non sembra fermarsi

Sono deliranti coloro che credono che il governo di guerra sionista e il suo leader criminale, Netanyahu, fermeranno la loro feroce aggressione. Ciò che accade in realtà è che, nonostante siano trascorsi centocinquanta giorni dall’inizio dell’aggressione israeliana, la sua intensità non è diminuita, sia in termini di caduta di più martiri, sia in termini di entità dei numeri dei feriti, o per il livello di distruzione continua di città, villaggi e campi profughi da nord a sud e da est a ovest. I metodi del nemico possono variare, ma il risultato è lo stesso: viviamo sotto la minaccia quotidiana di morte, sia attraverso i bombardamenti, i cecchini, il continuo assedio e l’uccisione delle persone per fame e malattie.

Noi, assediati nella Striscia di Gaza, dormiamo e ci svegliamo ogni giorno al suono di proiettili o missili che colpiscono una casa, un’auto, un centro di accoglienza o un punto di arrivo degli aiuti. La scena dei corpi dei martiri, le urla dei feriti e gli appelli dei loro familiari si ripetono in televisione. Per quanto riguarda i giornalisti e il Ministero della Sanità, nei loro servizi non c’è nulla di nuovo se non un aggiornamento dell’aumento del numero delle vittime.

Tutti gli amici e le amiche con cui sono riuscita a comunicare oggi hanno detto le stesse frasi. Assistiamo tutti quotidianamente alle stesse scene di massacri commessi dall’esercito sionista. Il mio amico dalla Libia ha detto: “Vediamo scene orribili accadere da voi e non abbiamo altra scelta che pregare per la vostra salvezza e sicurezza”. La mia amica che vive in Siria mi ha detto: “Non ti chiedo cosa sta succedendo da voi perché lo vedo tutti i giorni in televisione”. Ha detto che conosce bene la nostra sofferenza perché è simile a quella che hanno sofferto durante l’assedio del campo profughi palestinese di Yarmouk in Siria, compresi omicidi, distruzione e fame.

Sì, purtroppo questo è il destino del nostro popolo nel suo lungo cammino di lotta per riconquistare i propri legittimi diritti nazionali. Quello di pagare prezzi pesanti ovunque si trovi dall’inizio della lotta palestinese per l’autodeterminazione, a partire dagli anni ’70 in Giordania, attraverso il Libano, la Tunisia, la Siria e il 48 occupato, fino ai giorni nostri, nonostante la diversità delle forme e dei volti dei nemici.
Per quanto riguarda le mie amiche e colleghe sfollate verso il sud, con cui sono riuscita a comunicare, stanno ancora aspettando, come il resto della gente, che l’aggressione finisca e che ritornino alle loro case, e la conversazione inizia e finisce sempre con il pianto e il rimorso per il dolore, l’oppressione e il senso di impotenza che stiamo vivendo.

Ma nonostante ciò che stiamo attraversando, tutte noi e tutte le colleghe delle nostre istituzioni non ci siamo arrese e non abbiamo perso la determinazione nel continuare a fornire i servizi dei nostri centri il più possibile e a comunicare con le donne e alle loro famiglie per fornire loro sostegno e assistenza, e non allenteremo il nostro ruolo finché rimarremo in vita.

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