Voci da Gaza: giorno 228 e 229

Centoventottesimo e duecentoventinovesimo giorno della guerra genocida contro Gaza, 21 e 22 maggio 2024

La testimonianza di Zainab Al Ghonaimy, da Gaza sotto bombardamento e assedio

Foto di copertina: Palestinesi trovano la loro città natale irriconoscibile a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, l’8 aprile 2024 (AP)

La domanda della mattina, sera e di ogni momento: quando finirà questa aggressione sionista? Come cambierà questa situazione?

L’ottavo mese è quasi finito e la Striscia di Gaza è ancora inghiottita dal fuoco di questa oppressiva aggressione sionista. Le persone, sia donne, bambini e uomini, durante le loro conversazioni sono occupate con una questione fondamentale, ovvero le conseguenze e i dettagli di questa aggressione, le comunicazioni tra loro, i dialoghi e le domande che si pongono ogni giorno e in ogni momento, in tutte le regioni, in particolare negli assi in cui l’esercito sionista avanza a Rafah, Jabalia e nel resto delle regioni settentrionali è dove ha avuto luogo quel raid? Il missile proviene da un drone da ricognizione, da un aereo F16 o da un proiettile di artiglieria? L’edificio o il magazzino colpito è vuoto o occupato? Chi è la famiglia bersaglio? Ci sono stati martiri? Quanti? Ci sono feriti? Poi arriva la domanda più importante: cosa succederà dopo? Si fermerà questa brutale aggressione? E quando? Ci sono novità su un accordo? Le trattative riprenderanno oppure no?

In questi dialoghi e domande entra anche tutto ciò che è nuovo sulla scena regionale e internazionale, come ad esempio: la morte del presidente iraniano è stata un incidente pianificato dall’America o da Israele, o il risultato di una disputa interna iraniana? La sua morte influenzerà il corso della guerra nella Striscia di Gaza e nel Libano meridionale? Alcuni contemplano anche la decisione della Corte penale internazionale di perseguire e condannare i leader del governo di guerra sionista. Altri vedono che questa corte non è altro che una farsa con attori seri, ma il suo impatto sul terreno è pari a zero.

Le persone hanno molte domande alle quali non trovano risposte chiare. Poi durante il giorno sono occupate con altre cose, quindi le domande ruotano attorno ai dettagli quotidiani: cosa cucineranno oggi? Soprattutto dopo la scomparsa di cibo e verdure dai mercati a seguito della chiusura dei valichi,da quando l’esercito sionista ne ha preso il controllo e dell’invasione di terra di Rafah. Usiamo gli avanzi del cibo in scatola, come i piselli, fagioli o ceci? O zucchine con salsa o tahini? O riso giallo con aglio in polvere o cipolle in polvere per assomigliare al riso kadra? Oppure preparano il manakish (pizza con timo) e dukkah?

Il figlio di una mia parente, al quale ci affidiamo per gli acquisti, dice: “Non chiedete nulla che al mercato non c’è nessun tipo di verdura, solo zucchine, quelle piccole un chilo costano trenta shekel (8$) e quelle grandi venticinque shekel (6,80$). Accontentatevi di ciò che è disponibile. Quanto al commerciante che fornisce cesti alimentari per associazioni della società civile ​​da distribuire alla gente, mi dice: “I prezzi sono aumentati, professoressa. La carne in scatola e il tonno sono scomparsi dal mercato di nuovo, ed è aumentato il prezzo dei fagioli. Anche il timo di buona qualità costa 60 shekel (16$) al chilo. Il riso lungo è diventato caro e non ci sono più né bulgur né pasta”.Continua il suo discorso: “Per Dio, non sappiamo come adempiremo ai nostri obblighi nei confronti delle associazioni”.

Passa un giorno, ne segue un altro, e le conversazioni e le domande non cambiano, né cambia la situazione. La giovane donna che ha perso metà dei suoi parenti stretti – 12 membri, tra cui 4 donne, 3 ragazze nubili, un uomo, due bambine e due bambini – dice: “Per Dio, è impossibile cambiare la situazione. Niente ci risarcirà per le persone care che abbiamo perso. La casa può essere risarcita, ma quelli che se ne sono andati non torneranno”. La madre di una mia parente dice: “Dobbiamo essere pazienti e chiedere l’aiuto di Dio. È vero che chi se ne va non torna, ma Dio ha le soluzioni migliori. Chissà cosa ci accadrà”, e conclude con la solita frase: “Se Dio vuole, moriremo una morte dignitosa”.

La mia collega, la psicologa, dice che lei e la sua collega avvocato sentono ogni giorno, durante le sedute con le donne sfollate, storie stupefacenti per quello che è successo a loro e alle loro famiglie, e questo fatto le ha aiutate personalmente a superare le loro stesse afflizioni, secondo al proverbio: “Vedere la sfortuna degli altri rende sopportabile la propria sfortuna”.

Così, alcune persone cercano di sconfiggere lo stato di depressione che le affligge e la paura del domani, illudendosi che presto questo terrificante incubo finirà, che potranno trionfare sulla loro impotenza, e che presto le restrizioni imposte intorno a loro, a causa del lungo e soffocante assedio, verranno tolte e torneranno alla loro vita normale, ma come? E dove? E quando?

Le risposte a queste domande rimarranno irrisolte per un po’, ma un giorno le conosceremo sicuramente.

 

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