Voci da Gaza: giorno 239

Duecentotrentanovesimo giorno della guerra genocida contro Gaza, 1 giugno 2024

La testimonianza di Zainab Al Ghonaimy, da Gaza sotto bombardamento e assedio

La gente di Jabalia e del suo campo profughi, raso al suolo, insiste nel ritornare anche ai resti delle case.

La mia collega ha detto che lei e quelli che erano con lei si sono sentiti vittoriosi quando sono tornati al loro campo profughi. Anche se hanno trovato solo i resti delle case del campo profughi, e molti nemmeno questi. Ieri l’esercito sionista si è ritirato dalla città di Jabalia , noto per essere il campo profughi degli eroi. La verità è che le parole non possono descrivere la devastazione che ha colpito il campo profughi, e nemmeno gli schermi televisivi saranno in grado di tracciare la portata della catastrofe della sua gente, ma capisco perché si sentono vittoriosi dopo il loro ritorno. Hanno insistito per tornarci perché ha sostituito le città e villaggi da cui furono sfollati con la forza nel 1948 a mano delle bande sioniste di allora. Case alle quali non sono mai potuti tornare, ma almeno ora sono riusciti a tornare al loro campo profughi.

Durante i mesi di questa aggressione sionista, il campo profughi, come altri campi, in particolare (come Al-Shati, Al-Nuseirat, Al-Bureij, Al-Maghazi e Khan Yunis), ha subito un’enorme quantità di distruzioni e uccisioni intenzionali. È noto che due terzi della popolazione della Striscia di Gaza sono rifugiati. La brutale aggressione è stata il pretesto perfetto per il nemico sionista per eliminare anche solo l’idea del diritto al ritorno nella Palestina storica. Ha eliminato deliberatamente i rifugiati purché non ci sia più nessuno che rivendichi il diritto alla propria terra, di cui le bande ebraiche sioniste si impossessarono 76 anni fa per costruire il loro Stato che i regimi coloniali, guidati dalla Gran Bretagna, avevano promesso loro, affinché potessero porre fine ai loro problemi con gli ebrei nei loro paesi e lavarsene le mani del razzismo contro di loro, che arrivò al punto di minacciare politicamente ed economicamente i loro paesi nel XVIII secolo e all’inizio del XIX secolo.

I paesi imperialisti, indipendentemente dalla loro geografia, sostengono l’entità sionista usurpatrice e la sua continua stabilità in Palestina, da un lato per allontanarli da loro, e dall’altro, per evitare l’ira della lobby sionista, che ora controlla l’economia globale e di conseguenza la formulazione delle politiche dei regimi di quei paesi, con in testa gli Stati Uniti d’America.

La vittoria temporanea percepita dalla gente del campo è stata anche che l’esercito sionista, nonostante i crimini brutali commessi a Jabalia e nel suo campo, così come a Beit Lahia, ancora una volta non è stato in grado di ottenere ciò che voleva, e ha registrato un miserabile risultato fallimentare, sia in termini di perdite umane e materiali, sia nel fatto di non aver raggiunto i suoi prigionieri, e neanche la vendetta contro i leader della resistenza che si aspettava di raggiungere, e tutto ciò che ha ottenuto é soltanto alcuni corpi degli ostaggi.

La continuazione da parte del governo di guerra della sua feroce aggressione contro la Striscia di Gaza, la continua incursione a Rafah e la sua incapacità di accettare i termini dell’accordo di cessate il fuoco, significa che non otterrà gli ostaggi tranne come cadaveri, poiché l’esercito sionista è l’unico che sta uccidendo questi ostaggi, cosa che metterà il governo nel dilemma del confronto interno ed esterno. Inoltre, il magro cambiamento nella posizione dei paesi coloniali che sostengono l’entità sionista, non aiuta a costringere l’entità sionista ad accettare alcun accordo, e quindi le persone nella Striscia di Gaza si sono preparate a tutte le possibilità di un’escalation dell’ aggressione, il che significa che saranno esposte a ulteriori uccisioni, distruzioni e alla crudeltà dello sfollamento forzato, della deportazione e della fame, e sanno inoltre che la loro pazienza non durerà certamente per sempre e le città della Striscia di Gaza, i suoi villaggi e i suoi campi profughi non scompariranno. Piuttosto, rimarranno saldi finché questa odiosa aggressione non avrà fine.

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