Voci da Gaza: giorno 256, 257 e 258

Duecentocinquantaseiesimo, duecentocinquantasettesimo e duecentocinquantaottesimo giorno della guerra genocida contro Gaza, dal 18 al 20 giugno

La testimonianza di Zainab Al Ghonaimy, da Gaza sotto bombardamento e assedio

Gaza: la vita continua nonostante la continua aggressione sionista e la carestia di massa

Ovunque ci guardiamo intorno, noi residenti nella prigione chiamata Gaza. Siamo afflitti da sentimenti contraddittori, che vanno dall’ansia e dalla paura dell’ignoto al desiderio di vita. Viviamo in un costante stato di attesa con speranze che svaniscono e si rinnovano quotidianamente di porre fine a questa feroce aggressione.

I desideri delle persone sono tanti, il più importante dei quali è quello di ritornare alla stabilità nelle loro case, in metà o quarti di quelle rimaste, o anche nelle loro rovine. Sì, questo è il loro desiderio. Solo tornando vedono la possibilità di realizzare i loro sogni, il cui splendore si è affievolito negli ultimi nove sanguinosi mesi.

Quando parliamo con gli altri, sia con chi ci circonda sia anche al telefono con chi è fuori dalla Striscia di Gaza, noto che siamo confusi nel rispondere alla domanda: “Come va? State bene?” Quanto a me, rispondo sempre: “Per ora sono salva ma non sto bene”, perché non so se sarò al sicuro domani o dopodomani per stare bene. Questo vale per tutti quelli che vivono con me, sono salvi, ma non stanno bene. Ansia costante per tutto e tante domande: quando finirà l’aggressione? Quando verrà firmato un accordo? Le donne e gli uomini sfollati potranno tornare alle loro case nei vari governatorati, in particolare a Gaza City e nella sua zona settentrionale? Ci sarà una ricostruzione rapida? E quando? Quanto a coloro le cui case sono state completamente distrutte, riceveranno davvero le roulotte, come è stato detto? Dove saranno posizionati? E…? E…?…un fiume di domande a cui nessuno di noi ha risposta.

Ma il desiderio delle persone di continuare a vivere nonostante l’aggressione le spinge a cercare molteplici modi per uscire dalle loro difficoltà, sia per soddisfare la fame o la sete, sia per creare gioia, anche solo un barlume di essa, per rendere i propri figli e se stessi felici. Pertanto, non c’è alcuna sorpresa nelle immagini diffuse dai media o dai social riguardanti le persone presenti in riva al mare in alcune zone della Striscia di Gaza, lo fanno per risolvere il problema della scarsità d’acqua e lavarsi e anche per sfuggire al caldo estremo e distrarsi un po’.

Un amico mi ha chiesto a distanza per telefono: “Sono vere queste foto, dove sono i bombardamenti? Come mai c’è gente che muore e gente al mare?” Gli ho risposto che le immagini sono vere e che le persone si rifiutano di morire mentre sono in vita. Per vostra informazione, la gente di Gaza e del suo nord si aspetta che qualcuno venga ucciso da un momento all’altro, anche in riva al mare. In precedenza l’esercito sionista ha bombardato molte persone vicino alla spiaggia, ma allo stesso tempo la gente è convinta che chi morirà, morirà anche se nel suo letto, e chi è destinato a vivere, è bene che viva felice, anche se solo per un’attimo. Gli ho detto che in questo momento in cui stavo parlando con lui, il quadricottero (aereo della morte) è passato ed è andato a sparare su altri palestinesi in un altro quartiere. Se qualcuno di noi fosse destinato a morire per un proiettile o un missile accadrà in modo arbitrario e altrimenti sopravviveremo.

Così trascorrono le nostre giornate, saltando da un momento all’altro tra la morte e la vita, tra la minaccia dei bombardamenti e la sicurezza, tra la disperazione a volte e la speranza altre, una vita scomoda e piena di contraddizioni, ma abbiamo una grande speranza che tutto vada alla fine verso una vita migliore.

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