Voci da Gaza, giorno 39: siamo ancora vivi

Il racconto di Farah, figlia di Zainab, assediata durante l’aggressione israeliana a Gaza City

Trentanovesimo giorno del massacro di Gaza – martedì 14 novembre 2023

Ho contattato mia madre, Zainab, questa mattina, insieme a coloro che sono con lei. Sono ancora vivi e pieni di speranza, anche se questa speranza è piccola e soffocante.

Abbiamo parlato con una chiamata internazionale, poiché non c’è Internet nella città assediata di Gaza e nel suo nord. La situazione è durissima.

Mi ha detto, grazie a Dio, che due giorni fa sono riusciti a lasciare il suo palazzo e la sua strada, insieme a quelli che erano con lei e a tutti i suoi vicini, poiché gli scontri erano molto vicini a loro (quartiere Al-Nasr e non lontano da la zona del complesso ospedaliero Al-Shifa), e oggi carri armati e postazioni di cecchini israeliani sono già arrivati ​​sotto l’edificio in cui viveva. Se non se ne fossero andati, oggi sarebbero tutti martiri o dispersi. Mia madre è ancora nella sua città di Gaza, in quello che ora chiamano il nord, ed è in un posto relativamente “sicuro”, ma non esiste un posto veramente sicuro nella città assediata di Gaza e nel suo nord, nemmeno nella zona Sud.

Quanto al percorso sicuro che tutti mi chiedono e mi invitano a convincere mia madre e chi è con lei a intraprendere oggi, prima di domani, non è così sicuro come si pensi. Il percorso a piedi via terra è aperto solo per 3 ore, devono camminare velocemente o fare jogging e correre per poter coprire la distanza, oltre ad aspettare in fila la mattina prima che la strada si apra.
Quando ho chiesto a mia madre se poteva provare ad uscire, mi ha risposto incredula: “Come é possibile che io a questa età, e le persone che sono con me, possano correre così? Stavo per scivolare mentre uscivo di casa con i sacchi della spazzatura, e abbiamo raggiunto la nuova destinazione con mille difficoltà. E se non fossimo arrivati ​​entro l’ora specificata dall’occupante, cioè le 16:00 , saremo stati assassinati visto che l’esercito israeliano inizia a bombardare dalle (16:00 e cinque minuti).”

Mia madre ha settant’anni, ci sono persone più anziane di lei e altre più giovani, e anche tanti bambini con loro: come potevano correre e inseguire la speranza di sopravvivere in questo modo? Oggi a Gaza piove e Il vento scuote le case bombardate e le macerie e le strade distrutte si trasformano in torrenti di fango. Oltre a non poter trasportare molte cose, i soldati israeliani ai posti di blocco possono chiedere loro di lasciare ciò che trasportano e proseguire senza nulla.

Quanto a ciò di cui mia mamma si è soffermata di più durante la telefonata, è stata l’acqua e la sua scarsità, sia per bere che per l’uso quotidiano, e di alcuni che con lei soffrivano di infezioni e malattie dovute alla mancanza d’acqua, al punto che alcuni erano incapaci di entrare in bagno a causa dell’eccessiva disidratazione dell’intestino e della vescica.

Mia madre è rimasta in piedi per due giorni interi, mentre i suoi messaggi quotidiani venivano interrotti, cercando di procurarsi acqua, sia per bere che per scopi di igiene personale, per lavarsi e per cucinare. Si alza in piedi, cerca e chiama quelli del quartiere in cui si è rifugiata per fornire loro l’acqua attraverso tubi molto stretti e deboli. Molti pagano per un litro d’acqua in più, e tutti cercano di razionalizzare i consumi, quindi usano il bagno tutto il giorno senza scaricare fino a fine giornata, quando versano l’acqua una volta per motivi di pulizia e per evitare ulteriori problemi igienici. Ma non si sa se i tubi di plastica difficili da collegarsi continueranno ad arrivarci dai quartieri circostanti, e se ci sarà abbastanza acqua per i prossimi giorni.

Dopo aver ascoltato tutto questo, vi dico che è viva, e vive con un barlume di speranza. Perché è mia madre, che non riconosco senza speranza. Ma non so sinceramente come questa flebile speranza possa sopportare tutta questa umiliazione, questa disperazione e questo dolore.

Farah, figlia di Zainab ,

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