Il coraggio della pace

Di Gabriele Sala

L’associazione Mamre di Borgomanero (NO) è presente sul territorio fin dal 1997, divenendo punto di
riferimento ed espressione dell’accoglienza nella nostra comunità, accogliendo centinaia di persone tra
donne e bambini. Successivamente ha dato vita all’accoglienza di uomini senza fissa dimora, offrendo un
servizio di ascolto e di aiuto a chiunque si trovi ad affrontare “la fatica di vivere”.


Dal 2016 Mamre ha riaperto una finestra sul mondo per conoscere e far conoscere realtà a noi vicine e
lontane attraverso missioni umanitarie in vari Paesi (Bosnia, Ucraina e Libano).
I volontari di Mamre sono da poco tornati dall’ultima missione in Libano, la quarta dal 2019, in
collaborazione con Annàs Linnàs (Gli uni per gli altri), un’associazione umanitaria libanese presieduta
da Padre Abdo Raad, un sacerdote della Chiesa greco-melchita molto conosciuto e stimato nel suo
Paese per il suo impegno in favore degli ultimi. I membri dell’associazione appartengono alle diverse
confessioni religiose: cattolici, sciiti, sunniti e drusi. Inizialmente nata allo scopo di sostenere le vittime
dei conflitti che hanno trovato rifugio in Libano (palestinesi, siriani, iracheni), dal 2020 Annàs Linnàs si
occupa anche delle migliaia di libanesi impoveriti a causa della drammatica crisi economica (fino a pochi
anni fa 1 dollaro era cambiato con 1.500 lire libanesi, oggi ce ne vogliono 90.000 e anche i prezzi nei
supermercati sono indicati in dollari).
Mamre sostiene i vari progetti dell’associazione con contributi economici, farmaci, materiale scolastico e,
quest’anno, con l’invio di apparecchiature elettromedicali in sue diverse cliniche che offrono servizi
gratuiti a chi non è in grado di pagare.
Nel campo profughi di Chatila, nel 2020 Mamre ha acquistato i locali da adibire a scuola per 70 bambini e gestita dall’associazione Youth Lebanon Palestinian Association (Associazione dei giovani libano-
palestinesi), mentre quest’anno ha donato i locali per un Centro Incontro anziani, per favorire momenti di

convivialità, socializzazione, animazione e scambi intergenerazionali con i bambini: quando gli anziani
trascorrono del tempo con i bambini, possono creare relazioni significative con le comunità più giovani e
formare legami duraturi; i bambini, a loro volta, potranno beneficiare della memoria storica degli anziani,
recuperando le tradizioni, la memoria, la cultura che storicamente sono state la forza del popolo
palestinese.
Nel corso di questa missione abbiamo avuto la possibilità di visitare per la prima volta il campo
profughi palestinese di Dbaye, 12 km. a nord di Beirut, sotto un monastero maronita, l’unico campo
palestinese a maggioranza cristiana rimasto in Libano. A differenza degli altri campi profughi palestinesi
del paese, nel campo di Dbayeh, per una precisa volontà della popolazione, è vietata l’introduzione di
armi, non si vedono bandiere e sui muri non appaiono slogan o immagini che si riferiscono alla lotta
armata.
Il campo, fondato nel 1956 su un terreno di proprietà del monastero che vi si affaccia, nel 1973 fu invaso
dall’esercito libanese e nel 1976 dalla milizia falangista libanese che occuparono la scuola, senza più
restituirla, per cui i bambini sono costretti a frequentare le scuole libanesi all’esterno del campo,
ovviamente tutte private, con oneri spesso insostenibili da parte delle famiglie.
Il campo non ha una grande estensione, ma è ben curato, dotato di un servizio sanitario assicurato da tre
suore infermiere belghe, un campo di calcetto, parchi giochi per i bambini e oggi ospita 10mila cristiani.
Sembra di trovarsi in un piccolo e tranquillo borgo, piuttosto che in uno dei dodici campi profughi
palestinesi, diffusi in tutto il territorio del Libano, dove le condizioni di vita non sono adatte a un essere
umano.
Ma, al di là delle apparenze, la situazione economica è ancora peggiore rispetto alle altre realtà che
abbiamo potuto visitare. Il parroco del campo, un sacerdote della Chiesa maronita, ci spiega che mentre
gli altri campi profughi ottengono finanziamenti a seconda che simpatizzino per Hamas o Al-Fatah e i
siriani prendono soldi dall’ONU per non partire verso l’Europa, la popolazione di Dbaye, scegliendo di
vivere in pace (una grande testimonianza in questi momenti così devastati dalla logica delle armi), non
ottiene nessun aiuto dalle Istituzioni.

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