Tent of Nations: Daoud torna in Italia!

Daoud torna in ITALIA!

In occasione della rassegna “Poeti Sociali”, dal titolo Fraternità è il nome della pace, Daoud terrà 2 incontri venerdì 03 ottobre a Verona.
Il primo (ore 9-12) riprende il titolo dell’evento e avrà uno schema di compartecipazione con altri personaggi, i quali si dedicano alla cura dei Diritti Umani nei contesti di migrazione nei conflitti e allo sviluppo di un’economia generativa.
Per prenotare il tuo posto CLICCA QUI
Il secondo (ore 18), dal titolo Una parabola di speranza: Tent of Nations si concentrerà sulla testimonianza di Daoud, il motto “We refuse to be enemy” e il suo invito a recarsi in fattoria, rimasta l’unica protezione per la sopravvivenza del sogno di riconciliazione che Nassar rappresenta.
Per prenotare il tuo posto CLICCA QUI

Di seguito ulteriori appuntamenti degli incontri aperti in altre città:

Milano – sabato 27 settembre ore 20:30 presso la chiesa S. Maria B. Consiglio – v. E. Ricotti 10.
Possibilità di parcheggio alla stazione Bovisa Politecnico. In Bus, linea 91 o 92.

Save the date:
Bergamo – domenica 28 settembre.
Roma – martedì 30 settembre.

A breve, saranno pubblicati i dettagli degli incontri sul sito e sui social di Tent of Nations Italia.
Come nella precedente newsletter, Daoud mi perdonerà, ma sento ancora di dover andare oltre la fattoria. Massacri e violazioni perpetranti in Terra Santa sono forieri di troppi contesti e valori che ci riguardano per non parlarne. È un fil rouge aggrovigliato e interconnesso.

In questa newsletter vorrei passasse un messaggio, ovvero:

focalizzare pensieri, desideri e azioni
per edificare positività, impegno e dignità nel proprio quotidiano.

Questo mi ha sempre trasmesso l’esperienza in Terra Santa con le sue contraddizioni e, negli ultimi anni, con le sue atrocità.

Il genocidio in corso sulla Striscia e gli sfollamenti nel West Bank accompagnati dai cantieri illegali per nuovi insediamenti, dai blocchi stradali e dalle detenzioni amministrative ci danno un grande insegnamento: l’importanza che rabbia e rivalsa non siano sentimenti presenti e non animino il nostro agire. È diventato imprescindibile per noi non cadere nel giudizio disinformato, nelle reazioni emotive impulsive, nello scetticismo verso grandi temi come l’economia e le oligarchie o nell’indifferenza rispetto a quello che sta accanendo a livello globale.

Si legge e si vede di tutto e di più sul Medioriente. È fondamentale rimanere lucidi nell’assimilare le notizie e nel creare un’opinione personale con autocritica e apertura d’animo.

Dopo alcuni suggerimenti lasciati nella newsletter 35, aggiungo di seguito altre 2 fonti per approfondimenti.

  • In primis in assoluto il Rapporto “Dall’economia dell’ Occupazione all’ Economia del Genocidio” di Francesca Albanese, 58pag tradotte in italiano, scaricabile cliccando QUI
  • Limes, la rivista di geopolitica per cercare di capire come si muove la società economica.

L’interesse personale rimane sempre il primo passo per il cambiamento.

 

Considerazioni: cosa c’entra la Global Sumud Flotilla, con Tent of Nations e con le nostre vite?
La missione non governativa partita via mare riuscirà nel suo intento?
Da oltre 15 anni le missioni umanitarie tentano di rompere il blocco navale su Gaza: già nel 2010 la Freedom Flotilla tentò di raggiungere la Striscia, ma le forze israeliane la abbordarono con il risultato di morti tra gli attivisti e feriti tra i soldati. Le istituzioni internazionali costrinsero Israele ad allentare l’embargo su Gaza permettendo l’ingresso di beni essenziali. Nel corso degli anni simili iniziative sono sempre naufragate.
Quella partita in questi giorni è la più grande operazione di sempre.
La Global Sumud Flotilla nasce dall’iniziativa di 4 organizzazioni e dal coinvolgimento di persone comuni che hanno aderito spontaneamente, ognuno con le proprie capacità. Circa 50 imbarcazioni, 500 persone da 44 Paesi si sono attivate per portare cibo e medicine, con il proposito di creare un corridoio umanitario via mare e di scuotere i Paesi affinchè prendano posizione e provvedimenti concreti. C’è chi li chiama terroristi, chi turisti in vacanza alternativa… molti definiscono questa iniziativa inutile. Io credo che la natura di tutta l’operazione di Global Sumud Flotilla rappresenti un monito di altruismo, strategia, organizzazione, giustizia, coraggio, ribellione, fiducia, determinazione, valore umano.
Anche se l’obiettivo non verrà raggiunto e i gazawi non disporranno delle tonnellate di cibo e medicine, la missione in mare ha già consegnato qualcosa che non potrà essere né sequestrato, né bloccato: attenzione pubblica e pressioni diplomatiche per smuovere governi e istituzioniNon sempre le azioni riescono a cambiare direttamente il risultato, ma sicuramente cambiano il contesto, ed è poi il nuovo contesto a rendere possibile il risultato.
Dipende sempre da ognuno di noi.

Chi non riesce a vedere l’enormità di questa operazione dovrebbe porsi delle domande esistenziali per se stesso e partire da lì.Tent of Nations oggi si presenta così: è rimasta 1 sola strada percorribile per raggiungerla, lungo la quale sono stati aggiunti 3 nuovi posti di blocco mobili che, se chiusi, impediscono il passaggio a chiunque. Le coltivazioni a valle della proprietà non esistono più, ora quell’area non è più calpestabile dai palestinesi, è occupata dai coloni. Lungo la recinzione est ci sono bungalow abitativi, completi di elettricità e acqua corrente: pronti per essere utilizzati dagli occupanti. Accanto, sono stati installati una telecamera di sorveglianza verso la casa Nassar e un faro illuminato a giorno durante le notti. Lungo la recinzione a sud è stata innalzata una torretta di controllo e poco più in là, vicino al cancello di ingresso della fattoria, rimane il muro di terra e detriti che blocca il passaggio.
Le operazioni di annessione continuano e la fattoria è sempre più isolata. I blocchi dei passaggi segnalano il rischio di detenzione, di minacce e di rimpatrio forzato per gli internazionali che si trovano lì.
Eppure, anche qui persone comuni hanno aderito spontaneamente, ognuno con le proprie capacità: 8 italiani in agosto si sono recati in fattoria aiutando la famiglia Nassar a proteggere le cose più care al mondo per loro:
l’appartenenza alla terra tramite la relazione e il lavoro condiviso,
la profonda fede manifestata nella mitezza quotidiana,
la difesa dei valori più meravigliosi che si possano perseguire: libertà, giustizia, amore, nel rispetto delle diversità altrui.
Con il suo atteggiamento, Daoud dimostra un modo di percepire la vita e le persone, come monito al miglioramento di sé da manifestare nelle proprie azioni e nelle scelte che determinano i micro cambiamenti nelle relazioni e nel lavoro.
Davide, Giorgia, Gloria, Samuele, Alessandra, Tommaso, Alessandro e Valeria si sono trovati assieme a Isac (USA), Duska (Germania) e Herman, Peter, Ivet (Olanda) nel dare il loro contributo e vivere l’esperienza di questi valori.

L’immagine di copertina della newsletter raffigura alcune mail ricevute da tutt’Italia di persone che progettavano di partire, i messaggi prima e durante il viaggio e foto degli italiani in fattoria mentre coltivano speranza assieme ai Nassar.

Al verificarsi di queste esperienze, spesso mi affiora alla mente la favola africana del Colibrì. Narra di un colibrì che vola incessantemente avanti e indietro dal fiume trasportando gocce d’acqua nel becco per spegnere un enorme incendio nella foresta. Agli occhi degli altri animali spaventati e inerti, la piccolezza delle sue azioni risultano inutili e viene deriso.
Alla domanda come avrebbe mai potuto pensare di spegnere l’incendio con poche gocce, il colibrì risponde “io faccio la mia parte”. Contagiati da quell’esempio, altri animali iniziano ad aiutarlo, spengono l’incendio, salvando così la foresta e le loro vite.

Il miracolo dei piccoli gesti, se compiuti con determinazione e costanza, possono fare una grande differenza. La metafora evidenzia l’importanza dell’impegno individuale, del coraggio, della fiducia in sé stessi e della solidarietà per superare grandi sfide.

Global Sumud Flotilla + Tent of Nations + ciascun volontario / divulgatore / donatore a sostegno della famiglia Nassar + chiunque agisca per il bene con lucidità sono l’insieme di azioni nonviolente, in cui ognuno fa la propria parte dimostrando che “dal basso” si possono spegnere conflitti giganteschi.

Le parole di Davide, scritte dopo l’esperienza di agosto in fattoria, sono emblematiche rispetto il messaggio principale della newsletter.

Come and see” è la frase di Amal Nassar che meglio sintetizza la mia esperienza a Tent of Nations. Potremmo quasi richiamare la pericope del Vangelo di Marco cap.10, vs 17-30: narra di un tale chiamato a seguire Gesù lasciando ogni cosa, senza tuttavia avere la certezza di chi stesse seguendo e, soprattutto, verso cosa andasse realmente incontro.

Mi chiamo Davide, ho 30 anni e vivo a Milano.

Anche quest’anno ho scelto di incontrare, durante il mese di agosto, una realtà diversa da quella che vivo ogni giorno: una Santa terra tra quella della Terra Santa, in cima a una collina, lontana dal traffico e dalle voci di un qualsiasi mercato palestinese, avvolta di giorno dai canti del muezzin e, di sera, dai fari accecanti dei coloni vicini e dalle telecamere puntate, che ti ricordano come questa terra non sia libera.

Ho notato diversi cambiamenti rispetto allo scorso anno: la difficoltà del tragitto, la presenza più imponente degli insediamenti, la mancanza d’acqua.

Ciò che non muta, invece, è la determinazione di Daoud Nassar, un uomo libero.

I miei undici giorni con Daoud mi hanno permesso di comprendere che stare e vedere costituiscono un cammino graduale di conversione. Sono spesso tentato, nella mia mediocre quotidianità, di osservare senza davvero guardare, di giudicare in fretta, di giustificarmi trovando rapidamente un nemico a cui attribuire ogni colpa. Tent of Nations della famiglia Nassar, anche quest’anno, mi ha offerto l’occasione non tanto di abitare un luogo, quanto piuttosto una scelta: la scelta di non sentirsi vittime, ma di imparare a guardare dentro le cose, scorgendo un bene superiore. Tent of Nations ti educa a non essere figlio della disperazione, ma di una capacità di costruire, giorno dopo giorno, la propria felicità. Nutrire gli animali, annaffiare gli ulivi, estirpare rovi o spostare pietre sono solo alcune delle attività quotidiane dei volontari della fattoria. Ciascuna di esse mi ha insegnato il valore del poco e dell’apparente insignificante.

Spesso il volontario è attraversato da una domanda: “Che senso ha quello che sto facendo qui?”

Forse non ha alcun senso immediato. Siamo chiamati a lasciarci provocare dall’interno e a confidare che il nostro semplice “stare” sia di aiuto a Daoud e alla sua famiglia perché continuino a sentire una connessione spirituale con la loro terra. Sono un docente qualunque di Milano. Sono andato, ho visto.

Adesso, però… Come and see!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *