Ospedali sotto attacco

Articolo pubblicato originariamente sulla newsletter di Internazionale a cura di Francesca Gnetti

Nella Striscia di Gaza la crisi umanitaria è sempre più grave. Negli ultimi giorni nel mirino dell’esercito israeliano sono finiti gli ospedali del territorio assediato, che secondo i militari sono usati dai miliziani di Hamas come scudi per coprire le loro operazioni. Dentro e intorno alle strutture nell’ultimo mese hanno trovato rifugio migliaia di persone in fuga dai bombardamenti. Le autorità di Hamas hanno annunciato il 13 novembre che tutti gli ospedali nella parte nord della Striscia di Gaza sono fuori servizio a causa della mancanza di elettricità.

In particolare dal 9 novembre è sotto l’assedio israeliano Al Shifa, il più grande complesso ospedaliero di Gaza, dove sono intrappolati migliaia di pazienti, medici, infermieri e civili. Il 15 novembre l’esercito israeliano è entrato dentro la struttura per un’operazione “mirata” contro Hamas. I soldati israeliani hanno interrogato alcune persone presenti nell’ospedale, compresi pazienti e medici, mentre i carri armati e i veicoli corazzati hanno circondato l’edificio. Secondo Israele la struttura è collegata a una rete di tunnel in cui ci sono infrastrutture di Hamas. Il direttore dell’ospedale Mohammed Abu Salmiya ha affermato che almeno 179 corpi sono stati sepolti in una fossa comune, aggiungendo che tra le vittime ci sono sette neonati prematuri, morti a causa della mancanza di elettricità. Un giornalista che collabora con l’Afp ha detto che all’interno dell’ospedale l’odore dei corpi in decomposizione è soffocante. “Quello che sta accadendo è disumano”, ha affermato Medici senza frontiere (Msf) sul social network X. Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di 11.320 persone, tra cui 4.650 bambini. 

In un articolo uscito su Middle East Eye, la giornalista di Gaza Aseel Mousa riporta la testimonianza della chirurga palestinese Haya al Sheikh Khalil, che era rimasta nell’ospedale Al Shifa dall’inizio dei bombardamenti ed è fuggita il 10 novembre, insieme ai suoi due fratelli medici, a diverse dottoresse e a molti civili. “Molti pazienti di Al Shifa hanno perso tutti i parenti e non hanno più nessuno che si occupi di loro”, racconta la chirurga. “Hanno bisogno di essere trasportati, ma le ambulanze scarseggiano nella Striscia di Gaza, molte sono state bombardate e altre non riescono a raggiungere l’ospedale. La maggior parte dei pazienti che ho operato sono bambini, che ora rimangono senza personale medico né materiale sanitario. Mancano anche elettricità e carburante. Sono letteralmente lasciati a morire”. Khalil e gli altri hanno camminato per ore fino a raggiungere il campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza. “La strada è stata un incubo”, ricorda. “C’erano bombardamenti aerei, i soldati ci puntavano contro i fucili e ci impedivano di svoltare a destra o a sinistra. Hanno arrestato e picchiato diversi giovani. È stato estenuante”. Suo fratello Badr conferma: “Ovunque intorno a noi c’erano edifici distrutti e sulla strada erano sparpagliati resti dei cadaveri di persone e animali”.

Il quotidiano israeliano Haaretz propone un approfondimento sull’ospedale Al Shifa, in cui presenta dati interessanti. La struttura è gestita dal ministero della salute palestinese ed è stata costruita nel periodo del mandato britannico (1920-1948). Quando l’Egitto conquistò la Striscia di Gaza, Al Shifa diventò il principale centro sanitario del territorio. A metà degli anni ottanta le autorità israeliane investirono molto nella struttura, che ora è composta da vari reparti, in particolare chirurgia, medicina interna e maternità. Prima della guerra ci lavoravano 540 medici di varie nazionalità, ma dopo l’inizio dei bombardamenti israeliani ne sono rimasti meno di duecento. Dal 2009 una delegazione dell’ong statunitense Physicians for human rights visita la struttura con l’obiettivo di formare e assistere i medici locali.

Dell’attacco di Israele contro gli ospedali nella Striscia di Gaza parla l’articolo di Le Monde con cui apriamo le pagine di attualità del prossimo numero di Internazionale, online da domani e in edicola e in abbonamento dal 17 novembre. Ad accompagnarlo c’è un approfondimento del sito libanese Daraj sulla condizione delle donne palestinesi che affrontano ogni giorno le difficoltà delle guerra. Tra le opinioni Anthony Samrani commenta il vertice di Riyadh e gli interessi dei paesi della regione, mentre un editoriale di Haaretz denuncia le politiche di repressione in atto in Israele. La copertina è dedicata all’aumento dei pregiudizi e delle ostilità nei confronti degli ebrei, soprattutto in Germania, Francia e Stati Uniti, con l’appello di più di mille intellettuali ebrei a non confondere le critiche a Israele con l’antisemitismo.

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