Considerazioni: cosa c’entra la Global Sumud Flotilla, con Tent of Nations e con le nostre vite?
La missione non governativa partita via mare riuscirà nel suo intento?
Da oltre 15 anni le missioni umanitarie tentano di rompere il blocco navale su Gaza: già nel 2010 la Freedom Flotilla tentò di raggiungere la Striscia, ma le forze israeliane la abbordarono con il risultato di morti tra gli attivisti e feriti tra i soldati. Le istituzioni internazionali costrinsero Israele ad allentare l’embargo su Gaza permettendo l’ingresso di beni essenziali. Nel corso degli anni simili iniziative sono sempre naufragate.
Quella partita in questi giorni è la più grande operazione di sempre.
La Global Sumud Flotilla nasce dall’iniziativa di 4 organizzazioni e dal coinvolgimento di persone comuni che hanno aderito spontaneamente, ognuno con le proprie capacità. Circa 50 imbarcazioni, 500 persone da 44 Paesi si sono attivate per portare cibo e medicine, con il proposito di creare un corridoio umanitario via mare e di scuotere i Paesi affinchè prendano posizione e provvedimenti concreti. C’è chi li chiama terroristi, chi turisti in vacanza alternativa… molti definiscono questa iniziativa inutile. Io credo che la natura di tutta l’operazione di Global Sumud Flotilla rappresenti un monito di altruismo, strategia, organizzazione, giustizia, coraggio, ribellione, fiducia, determinazione, valore umano.
Anche se l’obiettivo non verrà raggiunto e i gazawi non disporranno delle tonnellate di cibo e medicine, la missione in mare ha già consegnato qualcosa che non potrà essere né sequestrato, né bloccato:
attenzione pubblica e pressioni diplomatiche per smuovere governi e istituzioni.
Non sempre le azioni riescono a cambiare direttamente il risultato, ma sicuramente cambiano il contesto, ed è poi il nuovo contesto a rendere possibile il risultato.
Dipende sempre da ognuno di noi.
Chi non riesce a vedere l’enormità di questa operazione dovrebbe porsi delle domande esistenziali per se stesso e partire da lì.Tent of Nations oggi si presenta così: è rimasta 1 sola strada percorribile per raggiungerla, lungo la quale sono stati aggiunti 3 nuovi posti di blocco mobili che, se chiusi, impediscono il passaggio a chiunque. Le coltivazioni a valle della proprietà non esistono più, ora quell’area non è più calpestabile dai palestinesi, è occupata dai coloni. Lungo la recinzione est ci sono bungalow abitativi, completi di elettricità e acqua corrente: pronti per essere utilizzati dagli occupanti. Accanto, sono stati installati una telecamera di sorveglianza verso la casa Nassar e un faro illuminato a giorno durante le notti. Lungo la recinzione a sud è stata innalzata una torretta di controllo e poco più in là, vicino al cancello di ingresso della fattoria, rimane il muro di terra e detriti che blocca il passaggio.
Le operazioni di annessione continuano e la fattoria è sempre più isolata. I blocchi dei passaggi segnalano il rischio di detenzione, di minacce e di rimpatrio forzato per gli internazionali che si trovano lì.
Eppure, anche qui persone comuni hanno aderito spontaneamente, ognuno con le proprie capacità: 8 italiani in agosto si sono recati in fattoria aiutando la famiglia Nassar a proteggere le cose più care al mondo per loro:
l’
appartenenza alla terra tramite la relazione e il lavoro condiviso,
la
profonda fede manifestata nella mitezza quotidiana,
la
difesa dei valori più meravigliosi che si possano perseguire: libertà, giustizia, amore, nel rispetto delle diversità altrui.
Con il suo atteggiamento, Daoud dimostra un modo di percepire la vita e le persone, come monito al miglioramento di sé da manifestare nelle proprie azioni e nelle scelte che determinano i micro cambiamenti nelle relazioni e nel lavoro.
Davide, Giorgia, Gloria, Samuele, Alessandra, Tommaso, Alessandro e Valeria si sono trovati assieme a Isac (USA), Duska (Germania) e Herman, Peter, Ivet (Olanda) nel dare il loro contributo e vivere l’esperienza di questi valori.
L’immagine di copertina della newsletter raffigura alcune mail ricevute da tutt’Italia di persone che progettavano di partire, i messaggi prima e durante il viaggio e foto degli italiani in fattoria mentre coltivano speranza assieme ai Nassar.
Al verificarsi di queste esperienze, spesso mi affiora alla mente la favola africana del Colibrì. Narra di un colibrì che vola incessantemente avanti e indietro dal fiume trasportando gocce d’acqua nel becco per spegnere un enorme incendio nella foresta. Agli occhi degli altri animali spaventati e inerti, la piccolezza delle sue azioni risultano inutili e viene deriso.
Alla domanda come avrebbe mai potuto pensare di spegnere l’incendio con poche gocce, il colibrì risponde “io faccio la mia parte”. Contagiati da quell’esempio, altri animali iniziano ad aiutarlo, spengono l’incendio, salvando così la foresta e le loro vite.
Il miracolo dei piccoli gesti, se compiuti con determinazione e costanza, possono fare una grande differenza. La metafora evidenzia l’importanza dell’impegno individuale, del coraggio, della fiducia in sé stessi e della solidarietà per superare grandi sfide.
Global Sumud Flotilla + Tent of Nations + ciascun volontario / divulgatore / donatore a sostegno della famiglia Nassar + chiunque agisca per il bene con lucidità sono l’insieme di azioni nonviolente, in cui ognuno fa la propria parte dimostrando che “dal basso” si possono spegnere conflitti giganteschi.
Le parole di Davide, scritte dopo l’esperienza di agosto in fattoria, sono emblematiche rispetto il messaggio principale della newsletter.
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."