12 Paesi concordano misure concrete per fermare il genocidio a Gaza

Articolo pubblicato originariamente su The National. Traduzione dall’inglese a cura di Veronica Bianchini

Di Gregor Young

DODICI Paesi hanno deciso di adottare azioni concrete contro Israele per fermare il genocidio contro il popolo palestinese.

In occasione di una conferenza tenutasi a Bogotá, a integrazione delle sanzioni già imposte dal Gruppo dell’Aia quest’anno, gli Stati si sono impegnati ad adottare sei misure per porre un limite al bombardamento continuo della Palestina da parte di Israele.

Alla conferenza hanno partecipato trenta Stati. Tutti sono stati concordi nel dichiarare che “l’era dell’impunità deve finire” e hanno lanciato un appello unanime per il cessate il fuoco.

Di questi, 12 si sono impegnati ad adottare immediatamente le seguenti misure:

  • impedire la fornitura o il trasferimento di armi

  • impedire il transito, l’attracco e la manutenzione delle navi in qualsiasi porto

  • impedire il trasporto di armi, munizioni, combustibile ad uso militare e relativo equipaggiamento, nonché articoli a duplice uso verso Israele su navi battenti la bandiera dei Paesi firmatari

  • avviare una revisione urgente di tutti gli appalti pubblici

  • ottemperare all’obbligo di garantire che gli Stati rispondano dei crimini più gravi secondo quanto stabilito dal diritto internazionale

  • dare esecuzione ai mandati emessi nell’ambito della giurisdizione universale.

The National comprende che sono in corso consultazioni con gli altri 18 Stati coinvolti e che la scadenza per ulteriori adesioni è fissata al 20 settembre.

I 12 Stati che hanno accettato il testo sono Bolivia, Colombia, Cuba, Indonesia, Iraq, Libia, Malesia, Nicaragua, Namibia, Oman, Saint Vincent e Grenadine e Sudafrica.

Un passo avanti epocale”

Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, ha dichiarato: “Questi 12 Stati hanno compiuto un passo avanti epocale. Il tempo stringe ora perché altri Stati, dall’Europa al mondo arabo e oltre, si uniscano a loro”.

“Siamo venuti a Bogotá per fare la storia e ci siamo riusciti”, ha aggiunto il presidente colombiano Gustavo Petro.
“Insieme abbiamo iniziato a lavorare per porre fine all’era dell’impunità. Queste misure dimostrano che non permetteremo più che il rispetto del diritto internazionale sia trattato come facoltativo, o che la vita dei palestinesi sia considerata priva di valore”.

Nel frattempo, Varsha Gandikota-Nellutla, segretaria esecutiva del Gruppo dell’Aia, ha affermato che la conferenza “segna una svolta”. “Non solo per la Palestina, ma per il futuro del sistema internazionale”. “Per decenni gli Stati, in particolare quelli del sud del mondo, hanno sopportato il costo di un sistema internazionale in rovina. A Bogotá si sono riuniti per rimetterlo in piedi, non con le parole, ma con i fatti”.

Il Gruppo dell’Aia

A gennaio nove paesi si sono riuniti all’Aia per discutere delle sanzioni da imporre al governo israeliano per la sua condotta in Palestina.

Bolivia, Repubblica di Colombia, Repubblica di Cuba, Repubblica di Honduras, Malesia, Repubblica di Namibia, Repubblica del Senegal e Repubblica del Sudafrica hanno concordato tre azioni contro lo Stato israeliano.

Hanno definito i loro obiettivi:

  • dare esecuzione ai mandati di arresto emessi contro Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant

  • impedire la “fornitura o il trasferimento di armi” o qualsiasi equipaggiamento militare a Israele che “possa essere utilizzato” per commettere crimini di guerra o genocidio

  • impedire l’“attracco in qualsiasi porto” dei loro Paesi “se esiste un rischio evidente che la nave sia usata per trasportare combustibile ad uso militare e armi a Israele” nelle stesse circostanze di cui sopra.

Questa settimana a Bogotà il gruppo ha cercato di portare avanti quanto avviato, con l’adesione al progetto di Indonesia, Iraq, Libia, Nicaragua, Oman e Saint Vincent e Grenadine.

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