Don Nandino Capovilla: «Ciò che è criminale è il genocidio. E finora non è stato condannato»

Articolo pubblicato originariamente sul Manifesto

Di Luca Kocci

Gaza Intervista a don Nandino Capovilla, parroco a Marghera, da anni impegnato nella campagna «Ponti e non muri» di Pax Christi

«La notizia non è che è stata attaccata la parrocchia di Gaza. La notizia è che sono stati uccisi altri palestinesi, dopo gli oltre sessantamila già ammazzati in questi mesi».

Va dritto al cuore della questione don Nandino Capovilla, parroco a Marghera, da anni impegnato nella campagna «Ponti e non muri» di Pax Christi, di cui è stato anche coordinatore nazionale, e autore, insieme a Betta Tusset, di Sotto il cielo di Gaza, appena pubblicato dalle edizioni la meridiana.

Ieri, subito dopo il bombardamento della parrocchia della Sacra famiglia a Gaza da parte dell’esercito israeliano, papa Leone XIV, in un telegramma di cordoglio per le vittime firmato dal segretario di Stato vaticano Parolin, ha rinnovato l’appello «per un immediato cessate il fuoco». «Nulla può giustificare l’attacco a civili innocenti», ha dichiarato il patriarca di Gerusalemme cardinale Pizzaballa, assicurando che «non lasceremo mai soli» gli abitanti di Gaza. E il parroco della Sacra famiglia, padre Romanelli – a cui papa Francesco telefonava ogni sera -, ferito a una gamba nell’attacco israeliano, ha ribadito: «Andrò avanti, voglio restare vicino alla mia comunità».

Don Capovilla, è grave che l’esercito israeliano abbia attaccato una parrocchia?

Che venga bombardata una chiesa o una moschea, che i morti siano musulmani o cristiani è secondario. Ciò che è criminale è il genocidio del popolo palestinese. E finora — penso anche al governo italiano,- il genocidio non è stato condannato.

La parrocchia di Gaza era già stata attaccata nel dicembre 2023.

Anche prima. Nel 2009, quando andai a Gaza, il parroco mi mostrò una bomba inesplosa che era stata lanciata sul tetto della chiesa. Quindi è da almeno 16 anni che a Gaza vivono così, questo nuovo bombardamento non dovrebbe sorprendere. Aggiungo che quella della Sacra Famiglia non è una isolata parrocchia di periferia, ma si trova nel cuore di Gaza city, accanto alla municipalità, alla moschea. Questo per ribadire che non si è trattato di un attacco contro i cristiani, ma contro i palestinesi.

Israele ha sempre dichiarato di non voler colpire “luoghi sacri”…

Ogni persona è un luogo sacro.

Si parla di un errore di tiro da parte di un carro armato…

Bisogna sempre trovare giustificazioni per le azioni di Israele. Ma sono scuse che non valgono nulla. Bombardamento intenzionale o no, l’obiettivo è chiaro: l’allontanamento e l’eliminazione del popolo palestinese. Da questo punto di vista, non è vero che hanno sbagliato mira.

In che senso?

Quando il ministro degli Esteri israeliano Katz annuncia di voler deportare in un’area circoscritta vicino Rafah prima le centinaia di migliaia di palestinesi che ora si trovano ad al Mawasi e poi l’intera popolazione della Striscia di Gaza, significa che si sta pianificando un genocidio. Non sono ipotesi, è un obiettivo chiaro. La mira quindi l’hanno presa molto bene.

Nel libro «Sotto il cielo di Gaza» scrivete che «ignorare il massacro in corso sia perché si volge lo sguardo altrove sia perché si vive l’ignoranza della questione palestinese, facendola iniziare dal 7 ottobre 2023, è colpa inescusabile e avrà conseguenze distruttive anche per il nostro presente e futuro».

Lo smantellamento del diritto internazionale da parte del governo di Israele, che fa quello che vuole nel silenzio della comunità internazionale, provocherà conseguenze inimmaginabili per l’ordine mondiale. È dal 1948 che gli israeliani vogliono eliminare non i cristiani ma il popolo palestinese, come ha detto anche monsignor Shomali, vicario patriarcale per Gerusalemme e Palestina, in occasione dell’aggressione contro la comunità cristiana di Taybeh in Cisgiordania da parte dei coloni. È così dal 1948, così è stato fatto a Gaza e così ora vogliono fare in Cisgiordania: questi tre passaggi sono parte di un unico progetto.

Nelle prossime settimane una delegazione di Pax Christi andrà in Palestina?

Andremo insieme al vescovo Ricchiuti, presidente di Pax Christi, anche per rispondere all’appello del cardinale Pizzaballa: «Siamo allo stremo, quello che possiamo continuare a fare è parlare e raccontare, anche se il mondo andrà da un’altra parte». È un modo per essere solidali con il popolo palestinese, non perché cristiani ma perché umani.

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