Articolo pubblicato originariamente su Middle East Eye. Traduzione dall’inglese di Veronica Bianchini per Bocche Scucite
Di Katerine Hearst
Gli attivisti che protestano contro la messa al bando del gruppo di azione diretta Palestine Action disposta dal governo britannico hanno annunciato una serie di azioni “di portata storica” che hanno definito “la più vasta iniziativa di disobbedienza civile di massa nella storia britannica moderna”. Le proteste avranno luogo nel mese di novembre in 18 città e centri minori del Regno Unito, prima e durante la revisione giudiziaria della proscrizione del gruppo di azione diretta.
Clive Dolphin, portavoce di Defend Our Juries (DOJ), il gruppo che coordina le proteste, ha affermato che le azioni sono state “concepite per esercitare pressione” in vista dell’imminente revisione giudiziaria.
A luglio, Yvette Cooper, allora ministro dell’Interno, ha messo fuori legge Palestine Action dichiarandola un’organizzazione terroristica. In forza del divieto Palestine Action è stata assimilata a organizzazioni come lo Stato Islamico o Al-Qaeda nella legislazione britannica ed esprimere sostegno al gruppo o dichiarare di farne parte è ora considerato un reato penale che può portare fino a 14 anni di carcere. Da allora, migliaia di persone hanno rischiato l’arresto previsto dal Terrorism Act per aver manifestato esibendo cartelli su cui c’era scritto: “Mi oppongo al genocidio, sostengo Palestine Action”.
Finora sono state arrestate più di 2.000 persone, mentre 170 dovranno rispondere di accuse ai sensi della Sezione 13 del Terrorism Act. Nonostante il numero totale dei partecipanti non sia ancora chiaro attualmente, le precedenti proteste contro la messa al bando del gruppo hanno visto la partecipazione di oltre mille persone. Defend Our Juries (DOJ) ha dichiarato di prevedere risposte diverse da parte delle forze di polizia a seconda delle zone del Paese. Durante l’ultima serie di proteste all’inizio di ottobre, diverse forze di polizia, tra cui quelle del Devon e della Cornovaglia, di Edimburgo, Derry, Totness e Kenda hanno scelto di non procedere agli arresti.
“Ciò che abbiamo capito nel corso di queste proteste è che c’è un elemento politico nel modo in cui opera la polizia”, ha detto Dolphin, descrivendo “masochistico” l’approccio del commissario della Metropolitan police Mark Rowley. “Rowley ha sperperato enormi quantità di risorse nel tentativo di arrestare tutti i manifestanti”, ha dichiarato Dolphin. “Abbiamo visto agenti provenienti da tutto il Paese arrivare a Londra per effettuare arresti per conto della Metropolitan Police”.
Secondo Dolphin, inoltre, la messa al bando di Palestine Action ha gettato nel caos il sistema dei tribunali penali di primo grado, tanto più che Westminister è l’unico tribunale di primo grado deputato a trattare casi di terrorismo. Dolphin ha affermato che è stato designato un tribunale di prima istanza aggiuntivo per far fronte al carico di lavoro supplementare.
In due udienze riguardanti la gestione dei casi tenutesi all’inizio di questo mese, i giudici hanno spiegato come intendono organizzare i processi degli imputati, dichiarando che saranno giudicati cinque per volta in udienze della durata di due ore e mezzo. Tuttavia gli avvocati, comunicando con Middle East Eye (MME), hanno obiettato che la proposta limiterebbe fortemente il loro diritto a essere giudicati con un processo giusto.
Nessuna alternativa
Oltre alle azioni di protesta con i cartelli che esibiscono la scritta “Sostengo Palestine Action”, Prisoners for Palestine (PFP, Prigionieri per la Palestina) ha annunciato che i detenuti tenuti in custodia cautelare per presunti reati legati alle attività di Palestine Action inizieranno a turno lo sciopero della fame a partire dal 2 novembre, per protestare contro quelle che definiscono forme di “abuso sistematico” da parte delle autorità carcerarie.
Il gruppo ha dichiarato di “non avere altra scelta” dopo che una lettera inviata al ministro dell’Interno Shabana Mahmood, in cui venivano esposte le loro richieste, tra cui l’immediato rilascio su cauzione e la fine delle interferenze da parte del carcere nelle loro comunicazioni personali, è rimasta “senza risposta e ignorata”.
Francesca Nadin, ex detenuta e attivista di PFP, ha affermato che tutti i detenuti legati a Palestine Action “sono soggetti a censura costante” da parte delle autorità carcerarie, a causa dei limiti posti alle telefonate e che “centinaia” di lettere personali sarebbero “andate perse”.
Come già riferito da MEE i detenuti legati a Palestine Action hanno dovuto subire crescenti restrizioni per quel che riguarda la corrispondenza, le telefonate e le visite a seguito della messa al bando del gruppo nel mese di luglio. Ciò ha spinto una detenuta, T Hoxha, a iniziare lo sciopero della fame nel mese di agosto.
Clare Hinchcliffe, madre della detenuta Zoe Rogers, appartenente a Palestine Action, ha dichiarato che la detenzione di sua figlia ha segnato “un primo passo sperimentale” verso la messa al bando del gruppo.
Zoe Rogers è parte dei Filton 24, un gruppo di attivisti arrestato con l’accusa di terrorismo per un’azione compiuta nell’agosto 2024 contro un centro di ricerca e sviluppo della società israeliana Elbit Systems, che ha sede nel Regno Unito e in particolare a Filton, nelle vicinanze di Bristol.
Nonostante gli imputati devono rispondere di reati che non hanno nulla a che fare con il terrorismo, la Pubblica accusa ha fatto sapere che in tribunale sosterrà che sono “legati al terrorismo”, il che potrebbe rendere più pesanti le loro condanne.
Tutti gli imputati del gruppo Filton 24 si sono visti negare la libertà su cauzione e sono stati tenuti in custodia cautelare ben oltre il limite dei 182 giorni previsto per il tribunale penale nel Regno Unito.
Hinchcliffe ha descritto l’esperienza di vedere sua figlia essere portata fuori dall’aula di tribunale dopo che le era stata negata la libertà su cauzione come “uno dei momenti più traumatici della mia vita”.
Nadin ha affermato di non poter rivelare il numero esatto dei detenuti che partecipano allo sciopero della fame per timore che possano essere ulteriormente presi di mira dalle autorità carcerarie.
Alla domanda di MEE su come pensava che le autorità carcerarie avrebbero reagito allo sciopero della fame ha risposto: “Non ne abbiamo idea. E’ significativo però che la nostra lettera non abbia avuto alcuna risposta dal ministero dell’Interno e immagino che all’inizio cercheranno di ignorare la questione, finché non sarà più possibile ignorarla. Siamo di fronte a un momento storico e spetta al governo scegliere come reagire”.

[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."