La videochiamata di Papa Francesco con Gaza

Articolo pubblicato originariamente sulla pagina Facebook di Paola Caridi

Di Paola Caridi

Le immagini della videochiamata di papa Francesco con la parrocchia cattolica di Gaza sono di qualche settimana fa. Il papa, però, non ha mai smesso di chiamare quotidianamente “gli ultimi”, gli invisibili di Gaza. Neanche dal Gemelli, dov’è ricoverato, ora, per una polmonite bilaterale che preoccupa tutti, tutti coloro (me compresa, molto più laica di altri) che del magistero di Francesco colgono una profonda e non artificiale rivoluzione.
Il senso di questa rivoluzione è, anche, nelle chiamate a Gaza. Gli ultimi, così trattati da una diplomazia e una politica internazionale anacronistica, non sono solo la nostra àncora nel mondo. Sono, rappresentano attori sempre più decisivi nei destini del pianeta. Smuovono onde, migratorie o meno, e non solo le coscienze di chi sa che – per esempio – con un genocidio non si può convivere se non per qualche giorno, mese, un anno e mezzo. Poi, il genocidio travolge tutti.
Francesco, papa Francesco, lo sa bene. Viene da quella fine del mondo in cui gli ultimi li ha frequentati nelle “vilas miseria” argentine, luoghi che chi li conosce me li descrive come il dolore così evidente che non può non cambiarti. Aver sminuito l’esperienza, la sua biografia americana, non ha fatto comprendere quanto proprio, proprio Francesco, abbia cambiato noi e il nostro rapporto con la diseguaglianza e il dolore per gli altri.
Ora pregate per me, ha detto Francesco, come fa da anni. Pregare per lui (per me laica) significa pregare per tutti. Noi compresi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *