Il mio vissuto come ostetrica e ginecologa a Gaza rivela la verità sul genocidio di Gaza

Articolo pubblicato originariamente su Mondoweiss. Traduzione a cura di Beniamino Rocchetto

Di Areej Hijazi

Sono un’ostetrica e ginecologa. Prima della guerra dell’ottobre 2023, lavoravo presso l’Ospedale Al-Shifa a Gaza e ora lavoro presso l’Ospedale Emiratino a Rafah. In questo articolo, parlerò della mia esperienza come ostetrica e ginecologa durante il Genocidio di Gaza.

La guerra è iniziata mentre ero in servizio nel reparto di ostetricia dell’Ospedale Al-Shifa. Ricordo la paura sui volti della maggior parte delle pazienti mentre soffrivano per le doglie tra il fragore dei missili.

Le donne in gravidanza sono le vittime nascoste di questa guerra. Ho lavorato all’Al-Shifa per un mese durante la guerra, poi sono stata trasferita all’Ospedale Internazionale Al-Helou a causa del gran numero di feriti. I locali del reparto maternità dell’Al-Shifa è stato convertito in uno spazio per i pazienti e i feriti di guerra.

Il 1° novembre, quando lavoravo all’Al-Helou, mi stavo prendendo una pausa al pronto soccorso dopo un turno estenuante. Presto, il fragoroso suono di bombardamenti incessanti mi ha svegliata di soprassalto. I carri armati israeliani bombardavano l’ospedale e i suoi dintorni, prendendo di mira il quinto piano, dove erano stati trasferiti tutti i casi del reparto di ostetricia dell’Al-Shifa.

La paura mi pervase. Tutti erano in preda al panico, correvano fuori. Le donne incinte e i pazienti ancora attaccati a flebo e cateteri urinari fuggivano a piedi nudi in preda al terrore.

In quell’istante, compresi la portata della devastazione che Israele aveva pianificato di infliggerci. Fu allora che decisi di trasferirmi a Sud per salvaguardare la mia incolumità e quella della mia famiglia.

Fui trasferita a Khan Younis e lavorai all’Ospedale Nasser. Poi, a gennaio, mi trasferii a Rafah per lavorare all’Ospedale Emiratino, dove sono rimasto fino ad ora.

LE STORIE DELLE MIE PAZIENTI

Ci sono molte pazienti che ricordo lungo il cammino.

Una paziente che non dimenticherò mai è Shahd Al-Qatati, 20 anni, anche se è passato un anno intero da quando l’ho curata. Era stata trasferita dal reparto di traumatologia per controllare il feto a causa della sua mancanza di movimento. Non dimenticherò mai il suo viso quel giorno: una ragazza giovane, bella e tranquilla in uno stato di shock totale. Era caduta dal terzo piano della sua casa dopo che un missile l’aveva colpita. Ciò aveva portato al martirio di suo marito. Erano sposati solo da pochi mesi. Una delle sue gambe era stata amputata e gli altri tre arti erano fratturati. Ora aveva bisogno di un taglio cesareo a causa della perdita del feto al sesto mese. Shahd è stata costretta a soffrire insieme il dolore della perdita e il dolore del taglio cesareo.

Ricordo anche la paziente M.A., 19 anni, di cui mi sono presa cura quando era al secondo mese di gravidanza. Si è presentata all’accettazione del reparto maternità accompagnata dal padre e dalla sorella, con febbre alta e sanguinamento vaginale. A causa della pericolosa situazione nel Nord di Gaza, non è potuta arrivare prima. È arrivata all’Ospedale Al-Shifa il giorno in cui il nostro reparto è stato trasferito in un altro ospedale. Le sue condizioni richiedevano cure intensive perché le era stato diagnosticato un aborto asettico. Non c’erano letti di terapia intensiva disponibili, perché erano pieni di ferite di guerra. È stata trasferita in un ospedale senza terapia intensiva ed è morta nel giro di 24 ore. La ricordo come se fosse stato ieri. Era la sua prima gravidanza.

Come potete immaginare, il Genocidio sta complicando l’accesso all’assistenza sanitaria essenziale, il che aggrava le condizioni affrontate dalle madri e dalle donne in gravidanza. Mi viene in mente una delle mie pazienti recenti, Salma, che è arrivata al reparto maternità il mese scorso. Ha solo un figlio e sperava di dargli un fratellino. Salma mi disse che aveva perso tre mesi di visite di controllo perché era stata ripetutamente sfollata durante la Guerra Genocida in corso. È arrivata in ospedale dopo non aver sentito alcun movimento fetale nelle ultime 24 ore. Tragicamente, l’ecografia non ha rivelato alcun battito cardiaco fetale, indicando che aveva avuto un aborto spontaneo.

Non è solo la guerra a uccidere gli innocenti; gli effetti di missili, bombe e fumo tossico nell’aria, inalati dalle donne in gravidanza, portano a molte complicazioni, la più significativa delle quali è l’aborto spontaneo.

Proprio la scorsa settimana, durante la mia conversazione con una delle pazienti, M.R., 27 anni, mi ha detto che aveva avuto il suo primo bambino dopo cinque anni di infertilità, ma il suo bambino era stato martirizzato in questa guerra all’età di quattro mesi. M.R. ha attraversato un profondo trauma psicologico ma è rimasta presto di nuovo incinta. È venuta in ospedale perché aveva dolori al basso ventre e voleva controllare il feto. Non sapevo come dirle che aveva perso anche il suo secondo bambino prima che nascesse.

SITUAZIONE ATTUALE

Molti medici si sono rifiutati di evacuare dal Nord al Sud e hanno insistito per rimanere al Nord per assistere i pazienti. La situazione al Nord è peggiore che al Sud, specialmente nell’area di Jabalia, che subisce, e continua a subire, Massacri quotidiani, bombardamenti di artiglieria e attacchi di cecchini contro i civili.

Le donne in gravidanza nel Nord di Gaza hanno tentato di accedere all’Ospedale Kamal Adwan e all’Ospedale Al Awda, ma con l’intensificarsi dei bombardamenti l’assistenza prenatale è quasi inesistente e raggiungere le strutture sanitarie è estremamente difficile. In molti casi, le donne che devono sottoporsi a un taglio cesareo si rifiutano di rimanere in ospedale anche durante la notte perché gli ospedali e i loro dintorni sono stati ripetutamente presi di mira dall’aggressione israeliana. Molte hanno scelto di tentare di riprendersi in scuole sovraffollate che non sono fornite di beni di prima necessità per paura per la propria vita.

Con il proseguire dell’aggressione israeliana e la chiusura del Valico di Rafah, ospedali e cliniche sanitarie soffrono di una carenza di medicinali e di assorbenti igienici. Attualmente, nonostante la loro necessità per tutte le donne, il loro prezzo è più che raddoppiato.

Il significativo aumento dell’uso di pillole anticoncezionali, che non sono più disponibili nei centri UNRWA o nelle farmacie, unito alla chiusura del valico di frontiera di Rafah, sta aggravando il disastro umanitario.

La situazione a Gaza è davvero spaventosa. Il crollo delle istituzioni mediche e l’aumento delle complicazioni della gravidanza dovute al conflitto in corso sono allarmanti. L’aumento dei casi di diabete gestazionale, ipertensione in gravidanza, aborto spontaneo precoce, deformità fetali, separazione prematura della placenta, rottura uterina, emorragia post-parto e persino depressione post-parto sono chiari indicatori del grave impatto sulla salute materna.

L’assenza di un sistema di educazione sanitaria per insegnare alle donne complica ulteriormente le cose.

Sebbene questi fattori non siano comunicati nei dati e nelle statistiche condivise sulla guerra, queste sono tutte realtà che comunicano l’orribile verità del Genocidio di Gaza.

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