Isabel Hammad: la riscoperta della Palestina con l’arte

Articolo pubblicato originariamente su al-quds al-‘arabi. Traduzione dall’arabo a cura della redazione di Bocche Scucite

Di Sa’id Khatibi

Arriva all’aeroporto di Tel Aviv e si trova sotto interrogatorio… Viene spogliata e perquisita, anche se ha un passaporto britannico. Suo padre è palestinese e lei ha trascorso parte della sua infanzia nel Paese. Ma il suo passaporto non è un’immunità e le sue origini non l’hanno aiutata. Tuttavia, non le ha dato peso e non si è soffermata su quanto successo perché nei giorni a venire si sarebbe trovata di fronte a scene ancora peggiori di quelle che aveva vissuto all’aeroporto. Era tornata in Palestina per una vacanza, per incontrare persone che conosceva e, soprattutto, per riprendersi dalla sua esperienza in Inghilterra. Dopo aver ritirato la valigia, è andata a San Giovanni d’Acri (Akka). Voleva guardare il mare. Vedere una scena che le facesse dimenticare quello che era successo all’aeroporto. Prima di arrivare a destinazione, è andata a trovate la sorella Hanin, ad Haifa, che lavora come docente in un’università israeliana.

Dalla Seconda Intifada (2000), Sonia non ha più messo piede nel Paese, assente ma mai dimenticato. Tuttavia, questo viaggio pensato come come un tentativo di riordinare il passato, di raccogliere la memoria, si trasformerà in una questione politica. Un viaggio di piacere che Sonia farà diventare un motivo per vivere le prove e le sofferenze dei palestinesi. Ma userà l’arte per esprimere queste tribolazioni, userà il teatro per raccontare le storie dei palestinesi, così come gli scontri e i contrasti con gli israeliani. È così che Sonia Nasser si addentra nelle vicende del suo Paese d’origine e le racconta nel romanzo di Isabella Hammad, Enter Ghost, recentemente pubblicato in traduzione francese da Gallimard, con un altro titolo, Hamlet Le long du Mur. È un titolo più appropriato per il testo. Perché questo romanzo utilizza l’opera di Amleto per comprendere e interpretare gli scontri che avvengono tra palestinesi e israeliani, al fine di esporre la realtà politica e trasformarla in scene artistiche.

In questo romanzo, la sfera pubblica si interseca con quella privata, e la vita della narratrice si interseca con quella dei palestinesi che vivono tra la patria e la diaspora, così come lei vive la sua alienazione, perseguitata dal Paese da cui proviene suo padre. Il romanzo intreccia realtà e immaginazione per dipingere un quadro multidimensionale delle vicissitudini della vita palestinese, così come delle vicissitudini della narratrice, Sonia Nasser, che non è riuscita a sposarsi, non è riuscita ad avere figli e ha fallito in una storia d’amore in Inghilterra, per cui ha deciso di cancellarla dalla sua mente recandosi ad Haifa, e ha incontrato un altro fallimento nella sua incapacità di aiutare gli altri a cambiare la situazione. Nell’incapacità di aiutare gli altri a cambiare la situazione, riesce però in qualcos’altro: come attrice di teatro, con una discreta reputazione, parteciperà a un progetto che non aveva previsto, ma che cambierà la sua visione della Palestina: dirigere l’Amleto, con giovani professionisti e dilettanti del teatro di diversa provenienza e diverso orientamento intellettuale. Ognuno di loro ha un’idea diversa della Palestina, ma il teatro li riunirà e condividerà una prospettiva artistica del Paese e del suo popolo, nei territori occupati come tra i 48 palestinesi. Il teatro diventerà un modo per riscoprire la Palestina.

Quando Sonia incontra l’amica della sorella Mariam, il progetto prende forma. L’idea nasce da un’idea e da un dialogo e fermenta nella mente di Sonia, che non conosce la fattibilità di uno spettacolo teatrale in una terra occupata e si interroga sull’utilità dell’arte in Palestina e su cosa possa fare l’arte per far uscire le persone dalla difficile situazione in cui vivono. All’inizio è riluttante ad accettare il progetto, sentendo l’inutilità del teatro di fronte a ciò che sta accadendo, ma a poco a poco la sua idea cambierà e correrà il rischio, senza conoscere l’esito dell’avventura. Questo spettacolo la aiuterà a riallacciare i rapporti con il paese di suo padre e a guarire dalle delusioni amorose che ha portato con sé dall’Inghilterra. Passa dal teatro sul palcoscenico al teatro della vita. Il progetto di produrre un’opera teatrale si trasforma in un’uscita nella vita e in un confronto con essa, ma produrre un’opera teatrale non è un’impresa da poco in un luogo come la Palestina, e si incontreranno molti ostacoli, a cominciare dal dilemma di ottenere finanziamenti. La narratrice si trova invischiata nella ricerca di una fonte di finanziamento e nel rapporto con gli attori. Anche le questioni tecniche vengono risolte, ma quando le autorità israeliane scoprono lo spettacolo, le cose non vanno come la narratrice e i suoi compagni avevano sperato. Tuttavia, insistono per andare avanti il più possibile.

La scelta dell’Amleto non è stata casuale, perché l’opera di Shakespeare ruota attorno a concetti che possono essere proiettati su ciò che sta accadendo tra Israele e Palestina. È un’opera che parla di lotta per il potere, tradimento, vendetta e giustizia, elementi che possono essere proiettati sulla realtà tra le due parti. Nell’opera, Amleto vive in un ambiente pieno di intrighi e tensioni tra parenti e governanti, creando uno stato di sfiducia e paura costante, che è simile alla tensione politica e sociale della regione. Il conflitto per la terra e l’identità, il senso di ingiustizia e il desiderio di giustizia o di vendetta rendono gli eventi simbolici dell’Amleto vicini a quanto sta accadendo tra Palestina e Israele. L’opera permette di comprendere la tensione psicologica e sociale derivante dai conflitti in corso e solleva domande sulla moralità e sulla giustizia nel contesto del conflitto. Questo romanzo è infestato dai fantasmi del passato, come il fantasma del re Amleto: è un romanzo che cerca la verità, ma non pretende di raggiungerla, proprio come l’opera teatrale di Amleto cerca la verità.
Inoltre, il romanzo di Isabella Hammad è scritto come un testo teatrale, nei dialoghi tra i personaggi e nei soliloqui in cui si impegna il narratore. È un romanzo sulla memoria e sul viaggio nel luogo, un romanzo di scoperta di sé e di riscoperta della Palestina. In un passaggio, la narratrice racconta ciò che ha sentito da suo nonno, in una registrazione ritrovata del 1994, quando dice: “Se non vivrò a lungo, la mia anima si sveglierà se verrà istituito uno Stato palestinese”. È un desiderio che non si è realizzato ai tempi di suo padre e che la narratrice spera si realizzi durante la sua vita.

 

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