La violenta stretta israeliana significa che sta arrivando una ribellione popolare palestinese

Articolo pubblicato originariamente su Arab News e tradotto dall’inglese da Beniamino Rocchetto

Di Ramzy Baroud

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I numeri possono essere disumanizzanti. Tuttavia, se collocati nel loro giusto contesto, aiutano a fare luce su questioni più ampie e a rispondere a domande urgenti, come perché la Palestina Occupata è sulla soglia di una grande rivolta? E perché Israele non può schiacciare la Resistenza Palestinese, non importa quanto duramente o violentemente ci provi?

È allora che i numeri diventano rilevanti. Dall’inizio di quest’anno, quasi 200 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania e a Gaza. Tra loro c’erano 27 tra bambini e adolescenti.

Se si immaginasse una linea sulla mappa che collegasse le città, i villaggi e i campi profughi delle vittime palestinesi alla ribellione armata in corso, si vedrebbero immediatamente connessioni dirette. Gaza, Jenin e Nablus, ad esempio, hanno pagato il prezzo più alto per la violenza di Israele, rendendole le regioni che resistono di più.

Non sorprende che i rifugiati palestinesi siano stati storicamente in prima linea nel Movimento di Liberazione Palestinese, trasformando campi profughi come Jenin, Balata, Aqabat Jaber, Jabaliya, Nuseirat e altri in punti caldi della Resistenza Popolare e armata. Più duramente Israele tenta di schiacciare la Resistenza Palestinese, maggiore è la reazione palestinese.

Prendiamo Jenin come esempio. Il campo profughi ribelle non ha mai cessato la sua Resistenza all’Occupazione israeliana dalla famosa battaglia e successivo massacro israeliano dell’aprile 2002. La Resistenza è continuata lì in tutte le sue forme, nonostante molti dei combattenti che hanno difeso il campo contro l’invasione israeliana durante la Seconda Rivolta Palestinese, o Intifada, furono uccisi o imprigionati.

Ora che una nuova generazione ha preso il sopravvento, Israele è di nuovo all’opera. Le incursioni militari di Jenin sono diventate la normalità, provocando un numero crescente di vittime, anche se a caro prezzo per lo stesso Israele. La più notevole e violenta di queste incursioni è stata il 26 gennaio, quando l’esercito israeliano ha invaso il campo, uccidendo 10 palestinesi e ferendone più di altri 20.

Sempre più palestinesi continuano ad essere uccisi mentre le incursioni israeliani diventano più frequenti. E più frequenti sono le incursioni, più dura è la Resistenza, che si è allargata oltre i confini della stessa Jenin fino ai vicini insediamenti illegali, posti di blocco militari e così via. È risaputo che molti dei palestinesi che Israele accusa di compiere operazioni contro i suoi soldati e coloni provengono da Jenin.

Gli israeliani potrebbero pensare alla loro violenza in Palestina come autodifesa. Ma questo è semplicemente inesatto. Un Occupante militare, sia in Palestina che altrove, non può, per stretta definizione legale, trovarsi in uno stato di autodifesa. Tale concetto si applica solo alle nazioni sovrane che tentano di difendersi dalle minacce all’interno dei loro confini internazionalmente riconosciuti.

Non solo Israele è definito dalla comunità e dal diritto internazionale come una potenza Occupante, ma è anche giuridicamente obbligato a “garantire che la popolazione civile sia protetta contro ogni atto di violenza”, come ha sottolineato la scorsa settimana il Segretario Generale delle Nazioni Unite.

La dichiarazione di Antonio Guterres è stata fatta in risposta all’uccisione di otto palestinesi a Jenin. Le vittime includevano due adolescenti, Sadil Ghassan Turkman, 14 anni, e Ahmed Saqr, di 15. Inutile dire che Israele non è impegnato nella “protezione” di questi e di altri giovanissimi palestinesi. È l’entità che sta facendo il male.

Ma poiché le Nazioni Unite e altri all’interno della comunità internazionale si limitano al rilascio di dichiarazioni, “ricordando a Israele” le sue responsabilità, esprimendo “profonda preoccupazione” per la situazione o, nel caso di Washington, persino incolpando i palestinesi, quali opzioni hanno i palestinesi se non resistere?

L’ascesa di Areen al-Usud (La Tana dei Leoni), delle Brigate Jenin, delle Brigate Nablus e di molti altri gruppi e brigate di questo tipo, composti principalmente da profughi palestinesi poveri e male armati, non è certo un mistero. Si combatte quando si è oppressi, umiliati e regolarmente abusati. Questo ruolo ha governato i rapporti umani e i conflitti fin dall’inizio.

Ma l’insorgere dei palestinesi deve essere angosciante per coloro che vogliono mantenere lo status quo. L’Autorità Palestinese, per esempio.

L’Autorità Palestinese rischia di perdere molto se la rivolta palestinese si estende oltre i confini della Cisgiordania settentrionale. Il Presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, che gode di scarsa legittimità, non avrà alcun ruolo politico da svolgere. Senza un tale ruolo, per quanto forzato, i fondi esteri si prosciugheranno rapidamente e il suo governo sarà finito.

Anche per Israele la posta in gioco è alta. L’esercito israeliano, sotto la guida del nemico di Benjamin Netanyahu, il Ministro della Difesa Yoav Gallant, vuole intensificare la lotta contro i palestinesi senza ripetere le invasioni urbane su vasta scala del 2002. Ma l’agenzia di sicurezza interna, lo Shin Bet, sta attuando sempre più una repressione totale.

Il Ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich vuole usare la violenza come pretesto per espandere gli insediamenti illegali. Un altro politico di estrema destra, il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, è alla ricerca di una guerra civile, guidata dal più violento dei coloni, che costituiscono il nucleo del suo elettorato politico.

Il Primo Ministro Netanyahu, che sta lottando con i suoi problemi politici e legali, sta cercando di dare a tutti un po’ di quello che vogliono, ma tutto in una volta. I paradossi sono una ricetta per il caos.

Ciò ha portato alla riattivazione da parte di Gallant degli omicidi aerei di attivisti palestinesi per la prima volta dalla Seconda Intifada. Il primo attacco del genere ha avuto luogo nella regione di Jalameh vicino a Jenin il 21 giugno. Nel frattempo, lo Shin Bet sta ampliando la sua lista di obiettivi. Sicuramente seguiranno altri omicidi.

Smotrich sta già pianificando una massiccia espansione degli insediamenti illegali. E Ben-Gvir sta inviando orde di coloni per compiere attacchi violenti in pacifici villaggi palestinesi. L’inferno di Huwara del 26 febbraio si è ripetuto a Turmus Ayya la scorsa settimana.

Sebbene gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali possano continuare ad astenersi dall’intervenire in presunti “affari interni israeliani”, dovrebbero considerare attentamente ciò che sta accadendo in Palestina. Questo non è come al solito.

La prossima Intifada sarà armata, apolitica e popolare, con conseguenze troppo difficili da valutare.

Sebbene per i palestinesi una rivolta sia un grido contro l’ingiustizia in tutte le sue forme, per artisti del calibro di Smotrich e Ben-Gvir, la violenza è una strategia verso l’espansione degli insediamenti, la Pulizia Etnica e la guerra civile. Considerando i violenti attacchi di Huwara e Turmus Ayya, la guerra civile è già iniziata.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Il Dr. Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

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