Notte di alto rischio: la Global Sumud Flotilla avanza sotto minaccia

Di Voce Ebraica per la Pace

Stanotte, tra il 30 settembre e il 1 ottobre, la Global Sumud Flotilla è penetrata in una zona strategica definita “alto rischio”. A poche ore dall’ipotetico abbordaggio israeliano, le imbarcazioni si trovano a meno di 145 miglia nautiche da Gaza, continuando a navigare nonostante le incursioni dei droni, le intimidazioni e gli avvisi di stop ricevuti.

Gli aggiornamenti delle ultime ore sono gravissimi: si è perso il contatto con la nave Alma dopo l’avvistamento di una grande nave da guerra israeliana vicino alla Flotilla. Nel frattempo, la fregata italiana Alpino ha abbandonato le imbarcazioni a 173 miglia dalla cosiddetta “zona critica”, lasciando di fatto gli attivisti completamente soli di fronte alle minacce dell’IDF.

Israele ha già annunciato la volontà di “prendere il controllo” delle navi, con i media israeliani che parlano apertamente di un imminente abbordaggio, lasciando intendere che la violenza sia solo questione di ore.

In tutto questo, Giorgia Meloni ha dichiarato che la Flotilla “deve fermarsi”, sostenendo che proseguire significherebbe alimentare conflitto e ostacolare la pace — parole che rovesciano la realtà, assolvendo Israele e criminalizzando chi porta aiuto umanitario.

Le operazioni israeliane — droni in sorveglianza, avvisi radio, manovre di accerchiamento — mostrano che il blocco navale non è solo militare, ma anche psicologico ed economico: un muro di paura per spegnere ogni tentativo di solidarietà e resistenza.

Se Israele attacca la Flotilla, la violazione del diritto internazionale sarà lampante: navi umanitarie, cariche solo di volontà e solidarietà, assaltate da uno Stato che pretende licenza di morte.

Non si arretra. Non si torna indietro. Se il mare diventa campo di battaglia, la voce della resistenza dev’essere ancora più forte, più alta, più inarrestabile.

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