Unrwa sotto attacco: «Non c’è spazio sicuro per poter operare»

Articolo pubblicato originariamente su Il Manifesto.

Foto di copertina: Alla ricerca di sopravvissuti tra le macerie della scuola al-Jaouni dell’Unrwa a Nuseirat – Epa/Mohammed Saber

Davanti agli occhi. L’appello dell’agenzia Onu dopo l’uccisione di altri sei dipendenti in una scuola. Usa e Ue condannano. Tel Aviv: erano di Hamas. Oms: un quarto dei 100mila feriti palestinesi sarà disabile vita. Washington ritira una portaerei dal Golfo, segno di una riduzione delle tensioni con l’Iran

Israa Abu Mustafa è un’insegnante palestinese. Ha trasformato una tenda, montata tra le macerie della sua casa a Khan Younis, in aula scolastica. Ha riaperto la scuola per qualche decina di bambine e bambini che ieri si sono presentati con lo zainetto nella nuova, improvvisata, classe.

Con l’84% delle scuole di Gaza distrutte o seriamente danneggiate, tramutate in rifugi per quasi due milioni di sfollati, si fa di necessità virtù. La scuola non dovrebbe fare paura. Non dovrebbe farla quella di al-Jaouni nel campo profughi di Nuseirat, colpita mercoledì per la quinta volta dal 7 ottobre dall’aviazione israeliana.

Si è scavato a lungo tra le macerie di una delle ali dell’edificio, vernice bianca e blu come tutte le scuole delle Nazioni unite in Palestina, e non solo. Alla fine i corpi recuperati sono stati 18, di questi – oltre a donne e minori – anche sei membri dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi.

NON SI ERA MAI registrato un numero tanto alto di vittime tra i dipendenti dell’agenzia in un raid (solo 220 dal 7 ottobre su un totale di 300 operatori umanitari uccisi). L’Unrwa è sotto attacco politico e militare da decenni: se più di recente Israele ha accusato i suoi dipendenti di legami con Hamas portando i paesi occidentali al taglio immediato e acritico dei fondi, è da tempo che Tel Aviv conduce una campagna per smantellare un’agenzia che ritiene essere il promemoria globale del diritto al ritorno dei palestinesi. Oggi quella campagna è fatta anche dell’acquisto di contenuti sponsorizzati su Google: se digiti Unrwa, appare un sito del governo israeliano che la taccia di terrorismo.

«Nessuno è al sicuro a Gaza. Nessuno viene risparmiato», ha scritto l’agenzia ieri sul proprio account X. «Lo staff negli uffici è sotto choc. È in lutto, è disperato – raccontava ieri ad al Jazeera Sam Rose, vice direttore di Unrwa a Gaza – La scala e la frequenza di simili eventi sono troppo difficili da affrontare. Stiamo finendo le opzioni. Lo spazio geografico in cui possiamo operare si sta riducendo». Ed è grave: radicata nei Territori occupati e nei campi in diaspora da oltre 70 anni, l’Unrwa ha una capacità organizzativa e di fornitura di aiuti e servizi che nessuna ong o nessun governo potrebbe sostituire. Non in poco tempo.

L’esercito israeliano ieri ha detto che due dei sei dipendenti dell’agenzia uccisi a Nuseirat erano membri di Hamas. Di nuovo nessuna prova e in ogni caso l’auto-timbro di «legittimità» di un’azione che è un crimine di guerra.

Le reazioni internazionali sono arrivate: l’alto rappresentante Ue agli affari esteri Borrell si è detto «oltraggiato» e ha accusato Israele di «disprezzo dei principi basilari del diritto internazionale», mentre la Germania ha parlato di attacco «inaccettabile». «Abbiamo bisogno di vedere i siti umanitari protetti – ha aggiunto il segretario di stato Usa Blinken – ed è qualcosa che continuiamo a sollevare con Israele». Nessuno ha però messo in dubbio forniture di armi e di protezione politica.

APPELLI al cessate il fuoco arrivano da un’altra disperata agenzia Onu, l’Organizzazione mondiale della Sanità, che ieri dava conto del numero di feriti a vita nell’offensiva israeliana: dei quasi 100mila dal 7 ottobre, almeno 22.500 hanno subito ferite che si porteranno dietro per sempre, disabilità, paralisi, amputazioni, gravi ustioni e per cui a oggi non esistono a Gaza strutture in grado di aiutarli. Eppure i raid non si fermano: ieri se ne sono registrati pressoché ovunque, dal nord, Deir al Balah, a sud, Khan Younis. Oltre 41.100 il bilancio accertato delle vittime.

E ieri l’agenzia Onu per il commercio e lo sviluppo (Unctad) ha pubblicato un rapporto in cui avverte dell’«allarmante declino» dell’economia dei Territori occupati, già di per sé prigioniera. A metà 2024, scrive Unctad, l’economia di Gaza si è ridotta dell’83% e il 96% delle infrastrutture agricole (serre, sistemi di irrigazione, macchinari, magazzini) è stato distrutto. In Cisgiordania il 96% delle attività commerciali ha ridotto le proprie entrate e il 42% ha licenziato dipendenti.

NELL’ENCLAVE prosegue anche l’offensiva militare, concentrata a Tubas e Tulkarem. A Hebron coloni ed esercito (tra loro Zvi Sukkot, deputato dell’estrema destra) hanno invaso un ospedale durante la notte alla ricerca di un palestinese accusato di aver investito e ucciso un soldato con la sua auto. L’uomo è stato arrestato.

In mattinata, scrive il Washington Post, gli Stati uniti hanno ritirato dal Golfo la portaerei Roosevelt, inviata settimane fa insieme alla Lincoln. Il possibile segno, dicono gli analisti, di una riduzione delle tensioni con l’Iran.

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