14 ottobre 2025. Udine. Appello alla mobilitazione. Per Gaza

Articolo pubblicato originariamente su Articolo 21

Di Paolo Iannaccone

Una partita di calcio: quella tra le Nazionali italiana e israeliana. Una città: Udine e il suo Bluenergy Stadium. Una data: il 14 ottobre, che segna da un anno all’altro due distinti eventi sportivi, il primo, nel 2024, legato alla Nations League, e il secondo, nel 2025, alle qualificazioni ai Mondiali in Nord America del 2026. Una comune polemica: l’opportunità di veder giocare, come se nulla fosse, una Nazionale il cui governo è coinvolto in un vero e proprio genocidio del popolo palestinese, come sentenziato dalla Corte Internazionale di Giustizia e da una recente inchiesta delle Nazioni Unite. Perché – come ha denunciato il 30 giugno scorso la relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese –, anche a causa di aziende del mondo occidentale che ne traggono profitto, si è chiaramente passati “da un’economia di occupazione a un’economia di genocidio”.

Già nel 2024 erano sorte dure polemiche per la gara di Nations League e per l’iniziale decisione del Comune friulano a non concedere alla Federcalcio italiana il patrocinio perché “divisivo”, patrocinio invece concesso subito dalla Regione Fvg, con l’intento di evitare “discriminazioni”.

Poi ci fu un lungo dialogo con la Figc, il successivo dietrofront del sindaco De Toni e le accese critiche di Centro “Balducci”, Rete DASI – Diritti, Accoglienza e Solidarietà Internazionale Fvg e Campagna “Ponti e non muri” di Pax Christi Italia, che invocarono il coraggio di decisioni significative come quelle prese a suo tempo nei confronti del Sudafrica, bandito dalle Olimpiadi fino al termine del regime di apartheid.

Seguì un’iniziativa promossa dal Comune di Udine con la Comunità aretina di “Rondine – Cittadella della Pace” e la partecipazione di realtà istituzionali affinché la partita diventi un’occasione di dialogo sulla vicenda mediorientale. Nacque così una “lettera aperta” a organizzazioni civili e sportive, ma anche a enti sociali, economici, culturali, educativi e religiosi del Friuli con la proposta di un incontro per contribuire a spezzare la catena crescente dell’odio. Quella che il sindaco chiamò “la terza via” non ebbe un gran seguito e la partita, in una città blindata da mille agenti e in uno stadio in zona rossa, si tenne comunque senza alcuna dichiarazione da parte dei dirigenti delle squadre capace di stigmatizzare gli atti di disumanità.

Ben tremila persone, invece, si mobilitarono nel medesimo pomeriggio percorrendo con un pacifico corteo il centro città e scendendo “in campo” per “dare un calcio all’apartheid” e chiedere alla FIFA di escludere Israele dalle competizioni internazionali.

Nel frattempo nel corso del nuovo anno, anche a causa di un pressoché tombale silenzio da parte dell’Occidente, la situazione nei Territori Palestinesi Occupati è ulteriormente precipitata fino a giungere a quella che oggi è sotto gli occhi di tutti: decine di migliaia di vittime di cui 18mila bambini, molti dei quali definiti “danni collaterali”, persone inermi uccise mentre erano in fila per un po’ di acqua o del cibo, il blocco pressoché totale degli aiuti umanitari con un crescente numero di morti per fame, il bombardamento di ospedali, scuole e strutture civili, insomma una vera e propria emergenza umanitaria che costringe i superstiti a spostarsi e a cercare altrove sopravvivenza.

E ora la scelta di tornare a ospitare a Udine la Nazionale israeliana. Il denaro e gli interessi che stanno dietro a eventi sportivi di questo calibro non riescono a scalfire l’inevitabilità che la partita venga giocata sullo sfondo della disumanità. Per questo, in vista dell’evento, il Comitato per la Palestina di Udine, la Comunità Palestinese Fvg e Veneto, il Comitato di Trieste dell’Associazione Salaam Ragazzi dell’Olivo, il Movimento italiano “BDS – Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni”, e il blog “Calcio e Rivoluzione” con un comunicato datato 24 luglio hanno promosso per il 14 ottobre 2025, a Udine, un appello alla mobilitazione al quale hanno già aderito Articolo 21 e, al momento, altre 135 realtà sportive, sanitarie, sindacali, politiche, associative e impegnate nel volontariato a livello sia locale, sia nazionale (per aderire c’è tempo fino al giorno della gara, cliccando su https://forms.gle/wjgNd6CySKFpL9tLA; il comunicato completo lo si trova al seguente link: https://docs.google.com/document/d/1PkQsGoic03zHvIfa6CEUiD130y_kF2MgRTKoutfV8U0/edit?usp=sharing).

Lo scendere in piazza pacificamente, con l’auspicio di esser ancor più numerosi rispetto allo scorso anno, è accompagnato ancora dalla richiesta alla FIFA di escludere Israele da ogni competizione, come già avvenuto con la Russia, e alla Federazione italiana di rifiutarsi di giocare la partita, perché “i valori del calcio, come di ogni altro sport, non possono essere usati per ripulire l’immagine di Israele agli occhi del mondo” con quello che tecnicamente viene definito “sportswashing”.

Insomma, se ospitare una partita della Nazionale è un orgoglio per qualsiasi città, la domanda che dovremmo porci è fino a che punto sia accettabile che ciò avvenga in un clima che, per usare termini calcistici, comporta la gravità da cartellino rosso. “Mai più!” si acclamava dopo l’Olocausto. “Mai più!” vogliamo ripetere oggi con Gaza, mettendo in campo tutte le forze per non zittire le nostre coscienze e cedere alla barbarie.

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