Articolo pubblicato originariamente sulla newsletter di Internazionale curata da Francesca Gnetti

Negli ultimi mesi sono usciti molti articoli, approfondimenti e analisi che denunciavano come le condizioni di vita in Palestina, e soprattutto nella Striscia di Gaza, fossero ormai arrivate al limite. Con l’entrata in carica a gennaio del governo più a destra della storia d’Israele, la situazione è precipitata. Attacchi dei coloni quasi quotidiani contro terreni, proprietà e persone, incursioni nei luoghi sacri musulmani, proposte di legge per togliere i poteri a qualunque istituzione in grado di bloccare le decisioni dell’esecutivo, piani di annessione, eliminazione di ogni spazio di espressione per i palestinesi.
Davvero era inaspettato questo attacco? Sì, perché non si pensava che Hamas avesse la capacità di un’aggressione su una scala così ampia; perché non era successo niente del genere dalla fondazione di Israele nel 1948; perché una simile violenza e un simile terrore sono difficili da prevedere. E perché era inconcepibile un tale fallimento strategico e militare d’Israele.
In questi anni in Cisgiordania è cresciuto un movimento non violento, al fianco di gruppi che invece approvano la lotta armata. Ma la sua azione è stata soffocata e sminuita. Nella Striscia di Gaza più di due milioni di persone vivono imprigionate in 365 chilometri quadrati, senza potersi muovere, senza poter uscire. Intere generazioni non hanno conosciuto altro che guerra e violenza. In un articolo che abbiamo tradotto dal sito israeliano +972 Magazine per la copertina di questa settimana, Mohammed R. Mhawish, un giornalista e scrittore palestinese che vive a Gaza, lo spiega bene: “Il mondo è stato a guardare mentre vivevamo qui, intrappolati in questa prigione a cielo aperto. Abbiamo sopportato per decenni e ci siamo aggrappati alla speranza e alla nostra determinazione a resistere: se mai ne avessimo avuto la possibilità, lo avremmo fatto”.
Le immagini dell’attacco dei miliziani di Hamas al festival musicale Supernova sono agghiaccianti, il racconto dei sopravvissuti è sconvolgente. Così come immaginare intere famiglie uccise nei loro letti, nei giardini di casa, mentre cercavano di mettersi in salvo nel kibbutz di Kfar Aza, dove sono stati ritrovati più di cento corpi su 750 abitanti, in gran parte giovani coppie con figli. La giornalista israeliana Amira Hass scrive in un articolo di Haaretz, anche questo tradotto nel prossimo numero: “Ve l’avevamo detto. L’oppressione e l’ingiustizia esplodono in momenti e luoghi inaspettati. Lo spargimento di sangue non conosce confini. Il mondo si è improvvisamente capovolto e l’incubo quotidiano dei palestinesi ha mandato in frantumi la facciata di normalità che ha caratterizzato la vita di Israele per decenni”. |
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Gaza, Palestina, 9 ottobre 2023. (Mahmud Hams, Afp ) |
Nella copertina di Internazionale di questa settimana le questioni da affrontare erano molte. Oltre alle dieci pagine di cronaca e commenti, accompagnate da due column e due editoriali, c’è stata la copertura del sito, con le analisi di Pierre Haski e gli aggiornamenti giorno per giorno dell’agenzia di stampa Afp. E poi il podcast, con cui abbiamo cercato di dare voce a persone diverse per rendere l’eccezionalità della situazione e offrire una visione più completa. Sono intervenuti finora Meron Rapoport, giornalista di +972 Magazine, da Tel Aviv (qui la puntata), Paola Caridi, giornalista e presidente di Lettera 22, da Amman (qui la puntata), Wasim Dahmash, saggista e docente palestinese, da Roma (qui la puntata) e Sarah Parenzo, ricercatrice e traduttrice, da Tel Aviv (qui la puntata). Sul giornale, online da oggi e in edicola e in abbonamento dal 13 ottobre, troverete, oltre agli articoli già citati, un approfondimento sugli ostaggi dal Times of Israel e una ricostruzione degli attacchi più violenti commessi da Hamas il 7 ottobre, tradotto dal New York Times. In un commento dal quotidiano israeliano Haaretz, il giornalista Chaim Levinson accusa il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu di aver creato le condizioni per un fallimento strategico e politico senza procedenti. L’analista palestinese Marwan Bishara su Al Jazeera avverte che la risposta militare israeliana sarà “un gravissimo errore” che “isolerà Israele come mai prima”. Ma denuncia anche le responsabilità dell’Autorità nazionale palestinese, che “sta fallendo sul piano politico, nel tentativo di tenersi in equilibrio tra la condanna dell’occupazione e la collaborazione con Israele nel campo della sicurezza”. Il giornalista libanese Anthony Samrani allarga al contesto mediorientale. Torneremo su quello che è successo e su quello che succederà da qui in avanti, sul giornale, sul sito, sul podcast e in questa newsletter. |
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."