Articolo pubblicato originariamente su Palestina Cultura e Libertà

Originale graphic novel dove si incontrano l’amore per la propria terra e il proprio popolo, le sofferenze nel carcere e sotto un’occupazione senza fine, il desiderio di raccontare al mondo, la cultura come strumento di resistenza
Intervista a cura di Alessandra Mecozzi
Incontro Mohammad il 1° ottobre, durante l’affollata presentazione del suo libro a Roma, con l’attivista Carmelo Chitè e la fumettista Laura Scarpa, nel bar Kif Kif, dove Luce Lacquaniti lo traduce ottimamente dall’arabo. E’ una delle tappe del suo lungo tour dal nord al sud promosso dall’editrice Mesogea e AssopacePalestina. Concordiamo un’intervista per il giorno dopo.
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Mohammad vive a Ramallah. E’ nato in Kuwait nel 1979, all’inizio della prima guerra del Golfo, la famiglia si è spostata in Giordania e poi in Palestina.
Lavora da 20 anni come fumettista politico per giornali come Al Hayat Al Jadida, quotidiano della ANP e Al Quds al Arabi, Londra. Insegna all’ Università arabo-americana tra Ramallah e Jenin, in un programma congiunto con l’Università di Verona. Fa quindi la spola tra le due città, anche perché a Jenin vive la sua famiglia. Ha ottenuto un Master a Londra nel 2020. Ha portato le sue opere in diverse esposizioni internazionali, tra cui New York nel Palazzo delle NU, e alla Corte Penale Internazionale.
Bianco e nero sono i colori di “Racconto Palestina”, che esce adesso anche in Italia (titolo originale: Power born of dreams – My story is Palestine) pubblicato da Mesogea, tradotto da Enrica Battista, sostenuto da Palestine Museum US.
Anche il titolo del suo primo libro è Black and White (pubblicato negli Stati Uniti). Perché? “Per indicare il contrasto, la contraddizione, ed anche che devi scegliere dove stare, da una parte o dall’altra. Non intendo che il nero è il male, il bianco il bene, seguendo uno stereotipo razzista. Mi importa esprimere il senso della drammaticità”
Storie palestinesi
Questo libro l’ho pensato nel mio viaggio di sei mesi in prigione. Sono riuscito a rubare una matita e un pezzo di carta durante un interrogatorio, per fissare le mie idee! Ho intervistato prigionieri dentro e fuori dal carcere e racconto al mondo alcune delle loro storie: ogni palestinese ne ha una. La vita dei prigionieri è molto dura, dagli interrogatori alla cella, dalla sofferenza agli scioperi della fame.
Ho cominciato a disegnare nel 2001 durante la seconda intifada, quando a me come ad altri artisti, le famiglie chiedevano di disegnare i ritratti di chi veniva ucciso, dei martiri, per poi innalzarli ai loro funerali. Allora ero studente e facevo questo come lavoro, per guadagnare qualche soldo.
Una volta ho fatto il ritratto di un ragazzo ucciso, vicino Nablus e quando l’ho consegnato alla famiglia, il fratello, un ragazzino di 13 anni mi ha chiesto: “se io muoio da martire lo farai anche a me il ritratto?” La domanda mi ha sconvolto, gli ho risposto che no, che la sua vita sarebbe stata lunga, diversa…Poco dopo ho saputo che anche lui era stato ucciso, mentre cercava di vendicare il fratello. Ho dipinto con molta pena, usando gli stessi pennelli e colori, anche il suo ritratto, ma è stato l’ultimo che ho fatto!
Ricordo che durante il mio interrogatorio gli israeliani cercavano di intimidirmi dicendomi che sarei stato in cella con criminali, non con eroi romantici …Non sapevano che molti dei prigionieri erano già prima miei amici!
In realtà i Palestinesi sono tutti prigionieri, anche se non sono dietro le sbarre. Sono circondati e bloccati da un muro, senza possibilità di muoversi liberamente. Perfino i Palestinesi della diaspora si sentono bloccati, la maggior parte vorrebbe ritornare in Palestina, alle loro case, ma non possono…
Nel mio libro c’è tra i personaggi anche un uccellino, esprime il desiderio di libertà e la cura dei prigionieri verso questa creatura. Avevo visto che i prigionieri davano da mangiare agli uccellini, insegnavano loro a volare, come conquistare la libertà, e facevano persino scommesse su chi riusciva per primo a farne volare uno.
dell’Europa?
Penso che l’ANP non abbia una strategia. La soluzione dei “due popoli due stati”, non è mai stata possibile, è un’illusione. Come ha detto Noam Chomsky “Non c’è un processo di pace, ma solo un processo, durante il quale colonizzano, distruggono, espropriano”… Se guardi a nord gli insediamenti sono sempre più vicini alle nostre case. E i coloni usufruiscono di molte facilitazioni, come le autostrade, vietate ai Palestinesi, sulle quali possono facilmente muoversi e comunicare tra loro. In realtà ci sono già due stati: quello di Israele e quello dei coloni.
Riguardo all’Europa, non ho molta fiducia nelle istituzioni. Penso comunque che dovrebbero almeno riconoscere lo Stato palestinese a pieno titolo nelle Nazioni Unite. Io credo di più nella società civile che nelle Istituzioni. La differenza può farla la società civile, impegnandosi a parlare e raccontare quello che succede in Palestina, a sostenerla con manifestazioni, campagne, aderendo attivamente al BDS, il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, lanciato da tante associazioni palestinesi e raccolto a livello internazionale. Ed è essenziale andare in Palestina, vedere cosa succede e, anche se brevemente, ascoltare le loro storie.
Le immagini sono tratte dal libro “Racconto Palestina”
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."