Voci da Gaza: 13 – 28 agosto 2024

Dal trecentotredicesimo al trecentosettesimo giorno della guerra genocida contro Gaza, 13-28 agosto 2024

La testimonianza di Zainab Al Ghonaimy, da Gaza sotto bombardamento e assedio

Oscillamo tutti tra la disperazione e la speranza di porre fine a questa aggressione contro Gaza, e i nostri occhi sono puntati con ansia sulla Cisgiordania.

Sono trascorsi quindici giorni dell’undicesimo mese di questa proditoria aggressione sionista, senza che li abbia registrati nel mio diario e nei miei appunti, nonostante questi giorni siano stati pieni di eventi e tragedie , simili in tutti i livelli, militare, politico e sociale, e nonostante il dolore che provo per lo stato di frustrazione e disperazione che coglie le persone ogni volta che fallisce un ciclo di negoziati per raggiungere un accordo che possa fermare questa aggressione. La verità è che, nonostante l’entità dei disastri, non potevo sopportare e non osavo scrivere della scena che si ripete ogni giorno e dello stato di paura e panico in cui viviamo tra una bomba e un missile, sia per causa diretta intenzionale o targeting casuale, poiché entrambi hanno lo stesso risultato. Ancora distruzioni e altre vittime a terra e sotto le macerie.

Dal punto di vista della sicurezza, la Striscia di Gaza è ancora nel mirino dei bombardamenti terrestri, marittimi e aerei, senza escludere nessuna zona a nord, a sud o al centro. Mentre a Rafah, l’esercito sionista sta ancora svolgendo le sue operazioni e non si è ritirato da lì. Dopo essere stata considerata un’area umanitaria sicura, si è trasformata da un giorno all’altro in una zona di combattimento senza sicurezza, e il nemico sionista ha distrutto tutte le infrastrutture, torri, case e mercati all’interno della città e dei suoi campi profughi, a est e a ovest.

Allo stesso tempo, l’esercito sionista continua le sue operazioni bombardando tutte le zone di Khan Yunis. I suoi quartieri e villaggi, soprattutto nella regione orientale e nel centro città, e lo spazio umanitario sicuro verso il mare si è ridotto. D’altro canto, le persone nelle città e nei campi della regione centrale vivono ancora in uno stato di panico e paura per un’ulteriore incursione dell’esercito sionista a Deir al-Balah, dove sono recentemente sfollate la maggior parte delle persone provenienti da Rafah e Khan Yunis. Oltre alla popolazione di Gaza city e del suo nord che era stata costretta a fuggire lì precedentemente. Questo mentre il bombardamento via terra e aria sulla città di Gaza e nel suo nord non si è fermato, con attacchi quotidiani contro centri di accoglienza (scuole) e appartamenti residenziali. Per quanto riguarda il sud di Gaza City, a est e a ovest, è ancora un’area operativa sotto bombardamenti giorno e notte, dove cadono ogni giorno decine di martiri, tanto che le statistiche registrano oramai la perdita di circa cinquantamila uomini, donne e bambini, con il numero dei feriti che ha raggiunto circa centomila, tutti loro vittime di questa barbara aggressione.

Tutto questo accade nella Striscia di Gaza, e i nostri occhi guardano preoccupati verso la Cisgiordania, dove ogni giorno si ripete l’aggressione contro tutte le città e i campi profughi , a Tulkarem, Tubas, Nablus e Jenin, nonché l’assalto alla moschea di Al-Aqsa da parte dei coloni sionisti sotto la protezione dell’esercito e la caduta di dozzine di martiri durante questo periodo. Questa situazione non preannuncia alcuna visione politica positiva nel prossimo futuro per fermare questa guerra furiosa, in particolare con il diffuso incitamento alla guerra da parte dei leader sionisti contro il nostro popolo in Cisgiordania, e l’appello al loro sfollamento e alla distruzione delle infrastrutture, come è accaduto nella Striscia di Gaza.

Dal 7 ottobre 2023 siamo stati sterminati ed espulsi dalle nostre case e dalle terre palestinesi, e i regimi del mondo hanno assistito ai massacri in corso senza fare un solo passo per condannare i leader di guerra sionisti per i crimini di genocidio che hanno commesso, violando tutte le leggi internazionali sui diritti umani e umanitari, per poi accontentarsi solo di di far appello ai leader di guerra affinché accettino un accordo temporaneo la cui essenza non è umanitaria nei confronti del popolo della Striscia di Gaza, ma piuttosto il suo obiettivo è il rilascio dei prigionieri sionisti, perché, in breve, tutti i regimi che sono partner militarmente e politicamente di questa aggressione e che li sostengono hanno un obiettivo: eliminare i movimenti di resistenza, Hamas e i loro partner.

Durante le mie comunicazioni quotidiane con amici e colleghi, sorge la stessa domanda su quando tutto questo finirà. Sono stanchi di una vita di sfollati nelle tende, e il problema attuale è che coloro che hanno lasciato Gaza City e il suo nord nei primi mesi dell’aggressione in cerca di salvezza dall’inferno delle incursioni, dei bombardamenti e della distruzione, sperano oggi da Dio che si raggiunga con ogni mezzo un accordo affinché possano ritornare alle loro case, a ciò che ne resta o addirittura in una tenda sulle sue rovine. Vivere nei luoghi di sfollamento non è più tollerabile, e la perdita dei beni di prima necessità non è più tollerabile, soprattutto i materiali per l’igiene personale e domestica. La mia parente sfollata nel sud si lamenta della mancanza di sapone per lavarsi le mani, shampoo, detersivo per i piatti e anche detersivi o liquidi. Le persone ora sono costrette a utilizzare materiali di scarsa qualità e allo stesso tempo costosi. “Immaginate un piccolo pezzo di sapone per venti shekel ($ 5,4), e lo shampoo è prodotto localmente, non si sa manco con quali ingredienti. Una bottiglia da 700 ml costa 120 shekel ($ 32,7).”

Le pagine dei social media sono piene di indignazione e frustrazione per ogni possibilità di porre fine a questa aggressione, soprattutto con il deterioramento della situazione in Cisgiordania. Ciò che è triste e sfortunato allo stesso tempo sono i paesi arabi che tacciono e addirittura sostengono l’aggressione del governo di guerra sionista, che approfondisce la sensazione tra la gente che i palestinesi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, sono stati lasciati bruciare nell’inferno dell’aggressione sionista. Cresce anche il malcontento contro i paesi che sostengono lo stato occupante e lo riforniscono con armi letali, come gli Stati Uniti d’America e il resto dei paesi europei.

Nello stesso tempo in cui la disperazione si insinua nell’animo delle persone, queste superano la loro debolezza e incapacità e sperano, nell’attesa ogni giorno, che venga raggiunto un accordo affinché possano continuare la loro vita in un modo umanamente accettabile, anche se almeno, come ha espresso una mia amica durante una telefonata quando le ho detto la mia aspettativa che non ci sarà un accordo giusto per il nostro popolo, mi ha risposto dicendo: “Sogniamo che ci sia un accordo e che noi torneremo a Gaza city, anche se è una bugia. È meglio di collassare e morire”.

La popolazione in Cisgiordania non parla d’altro che dell’aggressione contro di loro non si sviluppi come è avvenuto nella Striscia di Gaza…

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