Voci dalla Palestina: gli ulivi di Jamal

Di Abu Sara, dalla Palestina

È l’ultimo giorno dell’Eid, i bambini sono ancora a casa da scuola, mentre

nelle campagne ferve una grande attività. Durante il Ramadan ha piovuto

molto, c’è verde dappertutto. Trovo la famiglia di Jamal, a cui avevo

promesso di tornare in primavera, in un uliveto che non conoscevo, un altro

posto vicino a insediamenti militari e senza strade di accesso, solo

sterrati da fuoristrada. Come loro, vedo dappertutto famiglie, trattori,

pick up. La terra sotto è rimasta umida, prima di passare con l’aratro si

strappa tutta l’erba per portarla alle pecore, che non vedranno più verde

fino all’autunno. Jamal, Sanaa e i quattro maschietti di casa, c’è anche

Amer, il maggiore, che lavora nel ’48, pare bracciante in un’azienda di

patate, sono lì che strappano erba o zappano intorno agli ulivi. Quando il

cassone del pick up sarà pieno ci ritiremo. A casa le ragazze ci aspettano

con il pane caldo, yogurt, frittate, olio e zaatar.

Ieri sera chiedevo a Issa perché non ci sono più le iniziative non violente

che mi avevano appassionato 10 anni fa, il blocco dell’autostrada per soli

coloni, l’occupazione di un supermercato per le colonie, e poi la

costruzione volante del villaggio bab al shams, e di altri due. In quelle

occasioni si era mosso un impressionante coordinamento dei comitati

popolari palestinesi, con partecipazione un po’ di tutti. Mentre Neta

spiegava che per vicende personali un po’ tristi si era ritirato uno dei

principali leader, Issa ha una spiegazione più completa: il problema è

nell’Autorita Palestinese. Si sono comprati tutti. Hanno distribuito posti

di lavoro o anche solo stipendi senza un vero lavoro. Gente che non si

poteva permettere di tenere il caffè in casa per ricevere qualcuno, ora ha

costruito case per i figli. Sarebbe sempre l’autorità Palestinese che

garantisce i prestiti delle banche, pur di mettere a tacere eventuali

oppositori. Così abbiamo le case nuove e le macchine nuove. Sembra che

temevano di più la capacità di organizzazione dei comitati di quanto non

temano ora le cellule armate. “Vedi in quanti posti le manifestazioni del

venerdì sono finite”. Obietto che però a Nabi Saleh, anche senza

manifestazioni organizzate l’esercito ogni tanto ammazza. Certo,

l’occupazione non è affatto finita!

La violenza dei coloni aumenta quella dell’esercito anche, con questo

governo raggiungiamo il massimo.

Ma che giro contorto deve esserci tra AP, governo sionista e banche, e in

che baratro trascinerà le aree occupate, con gente indebitata che non può

ribellarsi a niente.

Ieri è arrivato un filmmaker americano/ebreo con il cameraman che ha

ripreso Issa buttato a terra dai soldati, forse un mese fa. Partecipava

anche lui alla discussione sull’AP, per ora ha pronto il trailer di un film

documentario sull’occupazione. Credo che stia facendo un lavoro molto

interessante, che ci farà conoscere.

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