Articolo pubblicato originariamente su Palestine Project. Traduzione a cura di Beniamino Rocchetto
Di Orly Noy
Ho un quaderno in cui scrivo le nuove parole che ho imparato in arabo. Ieri, dopo aver visto il film The 1957 Transcripts (Le Trascrizioni del 1957, rititolato Bandiera Nera in ebraico) sul massacro di Kafr Qasim (diretto da Ayelet Heller, prodotto da Osnat Trabelsi), ho aggiunto la parola مجزرة (Majzara) al mio libro. Non avevo trovato quella parola per Massacro.
È difficile spiegare quanto sia inquietante questo film. Si basa sulle trascrizioni del processo delle persone coinvolte nel Massacro e sulle testimonianze dei sopravvissuti. Il film era stato effettivamente completato poco prima del 7 ottobre, ma in seguito divenne di allarmante attualità. Quando vedo le immagini di Gaza e leggo le testimonianze, sia dei palestinesi che dei soldati, è come se stessi annegando in un vortice inevitabile che turbina attorno alla domanda: come è possibile tutto ciò? Come possiamo essere capaci di questo? Com’è possibile? Ieri questo film mi ha fornito una risposta che è difficile esprimere a parole.
All’origine di questo Massacro, pianificato minuziosamente nei minimi dettagli, c’era la stessa fantasia che accompagna la presenza sionista in Israele fin dalla fondazione dello Stato: che un giorno ci libereremo degli arabi. Un giorno non ci saranno più e tutto sarà nostro. Questa fantasia è la forza trainante della Nakba, è la forza trainante del Massacro di Kafr Qasim, ed è la forza trainante dell’attuale Genocidio a Gaza. Non per niente l’attuale Apocalisse è vista come un miracolo dal Ministro Orit Strock (Partito del Sionismo Religioso) e dai suoi associati. Non per niente il Ministro Gila Gamliel (Partito Likud) ha elaborato un piano dettagliato per la creazione di campi per gli abitanti di Gaza nel Sinai. Non è per caso che gli abusi contro i palestinesi della Cisgiordania hanno raggiunto nuovi mostruosi livelli dal 7 ottobre. Loro, gli autori degli abusi, credono sinceramente di aver avuto l’opportunità di trasformare questa vecchia fantasia in realtà. Accadrà presto.
I progetti vengono messi nero su bianco, discussi attorno a tavoli imbanditi di stuzzichini salati, ma vengono messi in pratica da giovani in divisa davanti a persone indifese. E hanno deciso di attuare questi piani con la promessa che, se seguiranno gli ordini, un giorno gli arabi non saranno più qui. E per questo, testimoniano più volte al processo, eseguirebbero qualsiasi ordine. “E se vedessi un bambino gattonare in un vicolo durante il coprifuoco, spareresti anche a lui?”, chiede il giudice visibilmente inorridito nel film. “Sì”, risponde infine l’ufficiale della Polizia di Frontiera. E anche alle donne? E bambini? Sì, anche donne e bambini. Un ordine è un ordine.
Quanto è profondamente radicata è la fantasia di far scomparire i palestinesi nativi, sia cacciandoli via o se questo non è possibile, poi con il loro sterminio, che ha reso giovani ebrei disposti ad uccidere bambini, donne e anziani perché erano obbligati a “seguire gli ordini” poco più di un decennio dopo l’Olocausto? E se fossero disposti a sparare a una donna all’ottavo mese di gravidanza (secondo il conteggio israeliano il numero delle vittime del massacro è di 47; secondo il conteggio palestinese è di 49, perché sia il feto nel grembo materno sia il nonno che vide suo nipote ucciso e morì sono vittime) solo un decennio dopo l’Olocausto perché “obbedirono agli ordini”, di cosa sono capaci i giovani ebrei in Israele oggi, circa sette decenni dopo?
Non so con quali parole possiamo ancora convincere il pubblico ebraico ad aprire gli occhi e vedere cosa ci sta succedendo. Penso che ci sia qualcosa di così terrificante in questa consapevolezza che le persone preferiscono raddoppiare la crudeltà, usando varie giustificazioni, purché non debbano guardarsi davvero allo specchio. Viviamo proprio nelle fauci della bestia predatrice ma ci rifiutiamo di vederla. Ancora un minuto e ne saremmo completamente inghiottiti. Se c’è ancora qualcosa da salvare della nostra umanità, dovremmo lottare adesso con le unghie e con i denti, altrimenti presto non ci sarà più nulla di cui parlare.
Orly Noy è redattrice di Local Call, attivista politica e traduttrice di poesia e prosa in Farsi. È presidente del comitato esecutivo di B’Tselem e attivista del partito politico nazional democratico palestinese Balad. I suoi scritti affrontano la sua identità di Mizrahi, di donna di sinistra, di donna, di migrante temporaneo che vive come un’immigrata perpetua, e il costante dialogo tra queste identità.
Fonte:
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…