Netanyahu: avanti col piano Trump. E ordina di svuotare Rafah

Articolo pubblicato originariamente sul Manifesto

Di Chiara Cruciati

Foto di copertina: Khan Younis, i funerali degli otto paramedici della Mezzaluna rossa – Ap/Abdel Kareem Hana

Il premier israeliano promuove la pulizia etnica di Gaza. L’esercito impone l’evacuazione dalla città, poi spara su chi fugge. 70 uccisi nel primo giorno di Eid. Ieri i funerali dei soccorritori giustiziati. Onu: «Ammazzati con le uniformi addosso»

I corpi degli otto paramedici della Mezzaluna rossa palestinese sono stati avvolti in un telo bianco con il logo dell’organizzazione. Ad accoglierli, davanti a quel che resta dell’ospedale di Khan Younis, migliaia di persone giunte per i funerali.

LA NOTTE precedente, domenica, le ambulanze li avevano condotti lì direttamente dalla fossa comune in cui i soldati israeliani avevano tentato di occultarli. Centinaia di palestinesi avevano circondato i colleghi in lacrime. Poco prima, domenica pomeriggio, la Mezzaluna rossa accompagnata dalle Nazioni unite aveva raggiunto la zona di Rafah da cui una settimana fa i 15 soccorritori (otto della Mezzaluna, sei della protezione civile e uno di Unrwa) erano scomparsi. Come evaporati. La Mezzaluna ha chiesto inutilmente spiegazioni a Israele, erano i giorni dall’assedio totale di Tal al-Sultan, a Rafah.

Alla fine le immagini satellitari e le stesse ammissioni del governo israeliano hanno fatto emergere la verità: ambulanze assediate, poi distrutte, i 15 giustiziati con colpi alla testa o al petto, i corpi occultati sotto terra. Sono stati ritrovati con le mani legate, già in via di decomposizione.

Domenica su X Jonathan Whittall, portavoce di Ocha (l’ufficio dell’Onu per gli affari umanitari), in una serie di video aveva mostrato il pericoloso viaggio verso la fossa comune a Tal al-Sultan. In uno si vede un’esecuzione: «Abbiamo incontrato centinaia di civili che fuggivano sotto il fuoco. Abbiamo visto una donna colpita alla schiena. Quando un giovane ha provato a recuperarla, anche lui è stato colpito».

In un tweet successivo Whittall pubblica la foto dell’esumazione: «Oggi, primo giorno di Eid, abbiamo recuperato i corpi. Sono stati uccisi nelle loro uniformi. Guidavano veicoli chiaramente identificabili. Andavano a salvare vite». I loro nomi si aggiungono a quelli di 1.402 operatori sanitari e 111 membri dei servizi d’emergenza uccisi a Gaza dall’esercito israeliano dal 7 ottobre 2023; 362 gli arrestati.

Il primo giorno di Eid al-Fitr, la festa di fine Ramadan, è stato anche quello scelto dal primo ministro Benjamin Netanyahu per dirsi intenzionato a procedere con il piano Trump, la pulizia etnica dei palestinesi dalla Striscia. Il premier ha parlato della necessità di combinare «pressione militare e politica come unica via per salvare gli ostaggi (58 gli israeliani ancora a Gaza, di cui 34 deceduti secondo le autorità israeliane, ndr)».

RIVOLGENDOSI indirettamente alle decine di migliaia di israeliani che invocano, nelle piazze, un accordo con Hamas, ha insistito che «la pressione militare funziona» (la stragrande maggioranza dei 250 ostaggi del 7 ottobre, in realtà, sono stati liberati con un accordo di tregua) e ha poi dato voce ai suoi reali obiettivi: svuotare Gaza. «Implementeremo il piano Trump, l’emigrazione volontaria», ha detto Netanyahu usando l’espressione con cui Tel Aviv camuffa l’espulsione forzata di centinaia di migliaia di palestinesi.

Dalla sua parte ha un partito che non teme di chiamare le cose con il loro nome: il deputato del Likud, Amit Halevi, ieri ha detto che Israele «vuole occupare il territorio per ripulirlo del nemico…è impossibile sconfiggere il terrorismo senza controllare territorio e popolazione». Insomma, quel governo militare di cui scriveva la scorsa settimana il Financial Times citando fonti israeliane, e che non prevede tregua.

Per questo procede l’operazione di terra: ieri l’esercito israeliano ha di nuovo ordinato alla popolazione presente a Rafah (50mila persone) di lasciare la città e dirigersi verso al-Mawasi, il pezzo di terra lungo la costa trasformato in una mega tendopoli, «zona umanitaria» secondo Tel Aviv che però lo bombarda con frequenza (l’ultima volta ieri, due uccisi).

Scappare però non è semplice, scrive la giornalista Hind Khoudary, «i quadricotteri israeliani sparano a chi prova a fuggire», quattro le vittime ieri. Dal 7 ottobre 2023 sono oltre 50.300 i palestinesi uccisi; da 18 marzo, giorno di rottura della tregua da parte di Tel Aviv, sono più di mille, di cui 70 nel primo giorno di Eid. Tanti erano bambini: foto online li mostrano senza vita, tra le braccia dei genitori o sui carretti. Alcuni di loro stringono ancora in mano qualche moneta, il regalo della festa.

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