Articolo pubblicato originariamente su Haaretz e tradotto dall’inglese da Beniamino Rocchetto
Di Gideon Levy*
Benvenuto, Karim Younis, Ahlan wa Sahlan. Ero così felice per il tuo rilascio dalla prigione, come ogni persona perbene che ha visto il momento in cui sei tornato a casa dopo 40 anni. Gli abbracci degli uomini, gli elogi delle donne e il volto impassibile dell’uomo di 66 anni che ha passato la maggior parte della sua vita in carcere. Probabilmente era la prima volta che qualcuno abbracciava Younis in 40 anni; era la prima volta che era libero. Come non farsi prendere dall’emozione?
Younis fu condannato all’ergastolo per il suo ruolo nell’uccisione di Avi Bromberg, un soldato israeliano. Pochissimi detenuti rimangono in carcere per 40 anni per un solo capo d’accusa di omicidio; 40 anni sono una punizione disumana e sproporzionata per quasi tutto. Nemmeno Yigal Amir, l’assassino di Yitzhak Rabin, se lo merita. Poiché Younis è un cittadino israeliano, lo Stato è stato più crudele con lui che con i prigionieri dei Territori e, naturalmente, che con gli ebrei.
Anche nel suo rilascio è stato trattato in modo vergognoso. È stato lasciato a una fermata dell’autobus a Ra’anana, dopo 40 anni, per timore che a Wadi Ara festeggiassero. Almeno non è stato gettato in una discarica. Nella terra delle contraddizioni, il Ministro della Difesa si è precipitato nella prigione di Nafha per “assicurarsi che una persona che ha ucciso ebrei non riceva un trattamento di favore”. O, Itamar Ben-Gvir: Non tutti i prigionieri palestinesi sono assassini, e anche gli assassini meritano condizioni molto migliori di quelle date ai prigionieri di sicurezza. Quarant’anni senza una licenza, una telefonata, una visita coniugale? Tale è il volto del male.
Voci stridule a destra chiedevano la sua espulsione; anche un giornalista rispettato e moderato come Tal Schneider ha scritto: “È una vergogna vedere la gioia con cui viene accolto un assassino, un simile comportamento è nauseante”. La sua reazione è nauseante. In un Paese in cui i soldati uccidono adolescenti e adulti, alcuni innocenti e quasi tutti inutilmente, quasi quotidianamente, è proprio la perfida reazione degli israeliani a provocare la nausea. Agli israeliani palestinesi è permesso vedere Younis come un eroe, e ancora di più, possono gioire per il suo rilascio dopo 40 anni. È ripugnante? Fino a che punto si spingerà l’odio per gli arabi e i doppi criteri morali in una società che santifica ogni soldato e ogni crimine di guerra?
Ho incontrato Younis nel 2011, nella prigione di Shatta, nell’ufficio del comandante della prigione, sulla cui parete era appesa una foto del Rebbe Menachem Mendel Schneerson, un filosofo, mistico e Rabbino ucraino naturalizzato statunitense, settimo ed ultimo Rebbe del movimento Chabad-Lubavitch. Younis mi sembrava “leggermente provato, indurito e infuriato.” Era in prigione da più di vent’anni all’epoca. “Hanno ucciso la mia speranza”, mi ha detto. “Cosa può pensare un prigioniero se sette anni di colloqui di pace non hanno portato alla sua liberazione, mentre un rapimento da parte di Hezbollah si? Israele capisce solo la forza”. Dieci anni fa, sua madre, Subhiya, allora settantottenne, lo stava ancora aspettando. Giovedì ha visitato la sua tomba. Quando lei gli fece visita una volta, le guardie carcerarie si rifiutarono di lasciarla entrare sulla sua sedia a rotelle. Quando è scoppiata in lacrime, una guardia le disse: “Piangi, piangi. La madre di Gilad Shalit piange ogni giorno”.
Quando gli israeliani inizieranno a rendersi conto che queste persone sono soldati coraggiosi in una lotta per la liberazione nazionale, non solo agli occhi dei loro connazionali, ma agli occhi di qualsiasi persona obiettiva? Quando si accenderà un sentimento umano nei loro confronti?
Resta ancora in carcere il secondo prigioniero di sicurezza più longevo, il malato Walid Dakka. Nel 1984 fu condannato all’ergastolo, commutato a una pena di 37 anni. Vent’anni fa scrisse: “Vi scrivo da un tempo parallelo. Uno dei giovani dell’Intifada mi ha detto che molte cose sono cambiate nel vostro tempo. I telefoni non hanno più quadranti e le gomme non hanno più camere d’aria”. Nel 2014, i residenti di Baka al-Garbiyeh si sono preparati per il suo rilascio; suo fratello As’ad ha acquistato 200 palloncini luminosi. Il suo rilascio è stato annullato all’ultimo minuto.
“Avrei potuto continuare la mia vita come imbianchino o benzinaio. Avrei potuto comprare un camion. Ma ho visto gli orrori della guerra del Libano e il massacro di Sabra e Chatila e questo mi ha scioccato. Sprofondare nell’apatia di fronte a tali orrori è la misura della capitolazione”, ha scritto. Quando lo capiremo?
* Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell’Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo nuovo libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…