Un’icona della Seconda Intifada : Chi è Zakaria Zubeidi? – PROFILO

Articolo pubblicato originariamente su Palestine Chronicle

Foto di copertina: Zakaria Zubeidi. (Design: Palestine Chronicle)

By Robert Inlakesh

Zakaria Zubeidi, figura iconica della Seconda Intifada ed ex leader delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, sarà rilasciato come parte dell’accordo di scambio di prigionieri.

Simbolo della lotta armata palestinese durante la Seconda Intifada, Zubeidi non è solo un ex leader delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, legate al partito Fatah, ma incarna anche la storia di un rifugiato palestinese della classe operaia. Nato in un contesto di conflitto, ha cercato di condurre una vita normale ma è stato ripetutamente spinto sulla strada della resistenza.

Figlio del campo profughi di Jenin, Zubeidi è nato nel 1976 da una famiglia di rifugiati sfollati da Caesarea dalle milizie sioniste durante la pulizia etnica della Palestina (1947-49). Cresciuto nel campo profughi, ha frequentato una scuola UNRWA distinguendosi come uno studente eccellente.

Suo padre, un insegnante di inglese istruito, fu accusato dalle forze di occupazione israeliane di essere affiliato a Fatah, considerato all’epoca un’organizzazione terroristica, e gli fu impedito di esercitare la professione. Per mantenere la famiglia, fu costretto a svolgere lavori manuali in una fonderia di ferro israeliana.

La prima volta che Zakaria incontrò un israeliano fu quando i soldati arrivarono per arrestare suo padre con l’accusa di affiliazione a Fatah. Poco dopo, suo padre morì di cancro, lasciando la madre Samira a crescere da sola Zakaria e i suoi sette fratelli.

Nonostante fosse uno studente promettente, a 13 anni Zakaria fu colpito a una gamba da un cecchino israeliano mentre lanciava pietre, subendo quattro interventi chirurgici e riportando una disabilità permanente. A 15 anni fu arrestato dalle forze di occupazione israeliane e incarcerato per sei mesi per aver lanciato pietre. Dopo il rilascio, abbandonò gli studi.

L’esperienza di maltrattamenti nel sistema carcerario israeliano lo spinse ulteriormente verso la resistenza all’occupazione illegale della Cisgiordania. Fu arrestato nuovamente per aver lanciato una molotov contro soldati israeliani, trascorrendo quattro anni e mezzo in prigione, dove si unì al partito Fatah.

Dopo la firma della Dichiarazione di Principi tra l’OLP e Israele, che diede avvio agli Accordi di Oslo (1993-1995), Zubeidi fu rilasciato come parte dell’accordo.

Inizialmente si unì alle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese, raggiungendo il grado di sergente, ma si dimise, denunciando nepotismo e corruzione. Decise invece di lavorare illegalmente per israeliani, ristrutturando case a Haifa e Tel Aviv.

Nel 1997 fu arrestato per essere stato trovato in un’auto rubata e, dopo 15 mesi di prigione, trovò lavoro come camionista in Cisgiordania. Con lo scoppio della Seconda Intifada nel settembre 2000, perse il lavoro a causa di chiusure, coprifuochi e violenze israeliane, oltre a uno sciopero generale.

Alla fine del 2001, un suo caro amico fu assassinato. Nel 2002, la tragedia colpì ancora più vicino a casa: sua madre Samira fu uccisa da un cecchino israeliano mentre cercava rifugio a casa di un vicino durante un’incursione nel campo di Jenin. Morì dissanguata sul pavimento. Poco dopo, suo fratello Taha fu ucciso dal fuoco israeliano.

Fino a quel momento, Zubeidi aveva mantenuto rapporti con membri del “campo della pace” israeliano, poiché sua madre ospitava un gruppo teatrale congiunto israeliano-palestinese chiamato “The Freedom Theatre”. In un’intervista, Zubeidi dichiarò che, dopo l’uccisione brutale di sua madre, quegli israeliani che si dichiaravano di sinistra scomparvero, senza neppure contattarlo.

La sua casa di famiglia nel campo di Jenin fu demolita dalle forze israeliane durante l’invasione del 2002, nota come “Operazione Scudo Difensivo”, che causò la morte di 52 palestinesi e 23 soldati israeliani.

Queste esperienze spinsero Zubeidi a scalare i ranghi delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, diventandone uno dei leader. Pur criticando le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese, mantenne stretti legami con il presidente Yasser Arafat e divenne estremamente popolare nel campo di Jenin per la sua leadership carismatica.

Nel 2004 rivendicò un attentato a Tel Aviv e consolidò il suo ruolo come figura centrale della resistenza armata. Nonostante inizialmente sostenesse Marwan Barghouti per la presidenza dell’Autorità Palestinese, passò a sostenere Mahmoud Abbas dopo l’arresto di Barghouti. Tuttavia, mantenne una certa diffidenza nei confronti di Abbas.

Nel 2007, Zubeidi fu incluso in un’amnistia per i membri delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, ma non ricevette mai una piena grazia da Israele. Dopo il suo arresto nel 2012, fu rilasciato nel 2018, per poi essere nuovamente arrestato nel 2019 con accuse infondate.

Il 6 settembre 2021, Zubeidi e altri cinque prigionieri palestinesi fuggirono dalla prigione israeliana di Gilboa scavando un tunnel con dei cucchiai, nell’operazione nota come “Freedom Tunnel”. Tuttavia, l’11 settembre fu nuovamente catturato.

Nel 2022 suo fratello Daoud fu ucciso dal fuoco israeliano, e nel settembre 2024 suo figlio Mohammed, combattente delle Brigate di Jenin, fu assassinato da un drone israeliano.

Zakaria Zubeidi sarà rilasciato nella prima fase dell’accordo di scambio di prigionieri tra Israele e Hamas. Si ipotizza che il suo rilascio possa avere ripercussioni positive sul corso della resistenza armata in Cisgiordania.

Robert Inlakesh è un giornalista, scrittore e regista di documentari. Esperto di Medio Oriente, e specializzato in Palestina. Ha contribuito con questo articolo a The Palestine Chronicle.

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