Dalla Palestina – giorno 2

Una piccola delegazione di Bocche Scucite si è recata in questi giorni in Palestina.
Giorno 2  /  venerdì 27 febbraio
Ramallah. Ci addormentiamo mentre, a pochi chilometri da noi, Shireen attende il rilascio del fratello ‘Ez Ed-din, condannato all’ergastolo oltre vent’anni fa. Quel volto, che da quando l’abbiamo conosciuta li osserva e li protegge da ogni parete di casa, espressione cupa e severa, Cupola della Roccia a fargli da sfondo, forse per alcuni attimi è riuscito ad assaporare la concretezza della libertà.
L’inesauribile ottimismo covato e ricamato nell’anima in uno sforzo quotidiano di resistenza sembra improvvisamente avere una materialità. Diventa quasi facile dimenticarsi della demolizione della casa, dei dieci minuti concessigli per raccogliere ricordi di una vita intera prima che esplodessero in aria, di faticosi anni di attese e umiliazioni a elemosinare una visita in prigione, di un funerale senza il figlio che seppellisse la bara del padre, di interminabili silenzi senza risposte che lasciavano spazio ai pensieri più bui.
Con ‘Ez Ed-din dovrebbero essere liberate circa 600 persone. I parenti dei prigionieri sono confinati in una centro culturale alle porte di Ramallah, vietato ogni festeggiamento per le strade. Israele ha occupato anche il tempo della gioia, degli abbracci, del profumo della libertà.
“Oggi ne liberano duecento, tra due settimane ne avranno già riarrestati la metà” ci racconta Amira, che da anni vive a Ramallah. “Non è più nemmeno sicuro partecipare ai festeggiamenti. Tanti di quelli che lo hanno fatto sono stati arrestati dopo qualche giorno”.
“Moriamo come mosche, nelle prigioni, ai checkpoint, nelle nostre stesse case. Ma tanto, a chi interessa la vita di un palestinese?”
Rai News 24 ha appena finito di mandare in onda il video di Elon Musk su Trump nella nuova Gaza. I sette bambini morti di freddo nella Striscia in una notte, sono per l’Occidente una “situazione delicata”. Chi muore in prigione non fa nemmeno notizia.
“Anche ieri è morto un ragazzo in carcere” ci racconta Sahar, direttrice del centro per i prigionieri palestinesi Addameer. Due fratelli arrestati il 7 ottobre, uno morto subito, il secondo dopo un anno e mezzo. Impossibile sapere cos’ è accaduto, nonostante la vana estenuante battaglia di tante associazioni di avvocati e di difensori di diritti umani . “O muoiono di torture o di negligenza medica”. Uno, due, tre a settimana. Ogni settimana.
Il giorno dopo, ci sveglia un messaggio di Shireen. “Stavolta ci avevamo creduto davvero. Non so se i nostri cuori sono così forti per aspettare ancora”.

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